Il libro
di Filippo Bianchi compie un
viaggio dentro Internet
alla ricerca dei
messaggi tra transessuali
Per scoprire identità
celate e modalità originali con cui inventare una rinnovata identità
Proporre se stessi attraverso le proprie fantasie,
e poi inevitabilmente rimodellarsi un'identità nel confronto con
le fantasie degli altri. E' questo il gioco, è questa la scommessa
dei tanti siti Internet in cui l'ego narcisista ma pauroso si sperimenta
al riparo dai rischi della disapprovazione sociale, dell'abiura al proprio
ruolo, della rottura del guscio protettivo familiare fatto di certezze
spesso illusorie ma sempre consolatorie. In questo momento così
drammatico e confuso per tutti noi umani, il vecchio ma crudelmente e tenacemente
insolubile «chi sono» si sposta, di frequente, sul terreno
relativamente circoscritto dell'identità sessuale: terreno sdrucciolevole,
ma nel quale comunque ci si ritrova in numerosa compagnia, e quindi non
si paga il prezzo pieno di una domanda lasciata senza risposta.
Vivere le proprie diverse identità
sessuali - reali, immaginate, segrete, desiderate - come Internet surfers,
navigatori della Rete, risponde perfettamente, quindi, sia all'esigenza
di uscire dalla solitudine che a quella di sperimentare le proprie devianze
dalla norma usufruendo di un non vergognoso anonimato che permette di entrare
e uscire dai ruoli senza preoccupazioni o censure. E' un percorso che non
ha tappe obbligate, né mète certe. Il protagonista del libro
di Filippo Bianchi, Ernesto («non ho mai capito se in omaggio a Che
Guevara o a Oscar Wilde, che come sintomo di schizofrenia non c'è
male», scrive l'autore), in questo percorso imboccato del tutto casualmente
ma poi affrontato con intraprendenza e curiosità, si trova e si
perde, si misura e non si riconosce, si arricchisce ma allo stesso tempo
si smarrisce.
«Chiamami Olga.net - Transnavigazioni
in Rete»: un titolo che è anche un efficace avvertimento,
chiamami così, però bada che questo non significa che io
sia così. Ma c'è di più, come abbiamo visto: l'identità
«altra" non è detto che sia immutabile, data una volta per
tutte, anzi è più probabile che rappresenti un passaggio,
un momento esperienziale, il coagularsi di stati emotivi, fantasie e reali
disagi intorno a un alter ego virtuale ma per nulla irreale. I navigatori
più esperti non badano a queste differenze. Sanno che ciò
che si prende per menzogna è forse una candida professione di sincerità
che si formula a nostra insaputa. La verità possiede mezzi segreti
per emergere quando e dove meno ce l'aspettiamo: dietro la finzione più
smaccata, appunto. Osserva Ernesto-Filippo: «Protetti da un'identità
'immaginaria', cadono le precauzioni legate alla difesa della propria 'immagine',
così ingombrante e importante nella vita quotidiana. Talmente ingombrante
da aver ormai sostituito o surrogato la vita stessa. Mi nascondo, quindi
sono».
Pionieri della presa di coscienza del contemporaneo
isolamento, del peso insopportabile della reciproca diffidenza, i T* people
(tutte le categorie in cui si esprimono le diverse tipologie trans) usano
una "discreta" mediazione della Rete per facilitare, sostituire o surrogare
la comunicazione reale tra esseri umani? Ernesto-Filippo propende per la
prima tesi, e parla dei T* come di una «coraggiosa avanguardia».
Perché sperimentare se stessi nello sterminato mondo cyber può
essere emotivamente addirittura più pericoloso del farlo nel mondo
a tre dimensioni. L'illimitata libertà di cui si gode nello spazio
virtuale è potenzialmente esplosiva, portatrice di sconquassi, dissoluzione,
sperdimenti.
Molto a proposito, tra le tantissime citazioni
utilizzate come epigrafi o per sintetizzare un concetto (si va da Wittgenstein
a Peppino de Filippo, da Michelstaedter a Bob Dylan), Filippo Bianchi ne
inserisce una di Leonard Cohen: «E se per caso mi sveglio la notte
chiedendovi chi sono/ Oh portatemi al macello, aspetterò lì
insieme agli agnelli».
|