il manifesto                                                                                                                           Giovedì 14 ottobre 1999
                                                                                                                                           pag 23
 
 
Corpi di frontiera

UN CYBEROMANZO
DI TRANS-FORMAZIONE
di Alberto Abruzzese




Amori di genere fluttuante, in "Chiamami Olga.net", un saggio critico in forma di dialogo scritto da Filippo Bianchi per Feltrinelli

Ti diverti, incuriosisci, commuovi, sorprendi, istruisci e interroghi. Ti inquieta. Come il buon cinema, in cui più vite si intrattengono tra loro e infine svaniscono, lasciando sapere - solo in coda - la sorte toccata a ciascuno dei personaggi, per rendere così un poco più dolce il distacco da loro, più vera l'impressione che ne abbiamo avuto. I personaggi di questo libro - BarbaraAnn, Olga, Lola, Suzi, Tanya - ci fanno molto amare le loro passioni. Attratti nel loro destino, lo sentiamo nostro. Tanto più sorprendente questo effetto verità (e nostalgia) in quanto a farlo scattare qui sono personaggi femminili non comuni. Sono uomini. Vivono l'estrema frontiera in cui il nostro corpo si rivolta contro i limiti che l'ordine del discorso sociale ha imposto come norma intangibile per l'essere umano. Vanno oltre il sesso che gli è stato assegnato come naturale e doveroso. Liberati in vita, strappano la propria carne (mente e comportamento, anima abito) dalle differenze di genere. E ne soffrono e gioiscono oltre ogni forma fisiologica del senso comune. Corpi che nascono proprio nel punto di catastrofe in cui noi tutti abbiamo paura di mutare. Esseri umanissimi nella loro vocazione post-umana. Quasi che, uscendo dalla morsa Maschio/Femmina in cui siamo co-stretti, essi ritrovino ciò che, nella consuetudine di questo vincolo senza soluzione di continuità, si è adulterato e perduto: appunto il fluttuante sentimento del femminile e del maschile, e non la dura regola che divide il desiderio in due parti contrapposte e tra loro invalicabili.

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Difficile toccare con eleganza e profondità un tema di per sé così denso e da molti ritenuto pericoloso per l'interesse pubblico e privato. Difficile sottrarlo alla superficialità con cui il nostro giornalismo ne fa mercato. Difficile, dunque, trattarlo senza farne oggetto di ripulsa sociale oppure di attrazione spettacolare, rimuovendo così chi ne è il soggetto vivente, non un semplice simulacro. Filippo Bianchi c'è riuscito con intelligenza e anche con estrema grazia. Ma in particolare con coraggio, perché ha capito che, per riuscire a dire quello di cui voleva dire, avrebbe dovuto mettersi in scena, in commedia e anche in forse
  Chiamami Olga.net. Trans-navigazioni in Rete. Il gioco di parole allude ai due piani del discorso che qui si intrecciano in un'unica narrazione: la natura fluttuante della comunicazione personale su Internet e la natura trans-gender di una comunità in tutto particolare per bisogni e scelte di vita, ma che, proprio nella qualità virtuale del proprio navigare, sembra essersi ambientata. Non un ambiente ideale (chi riconosce davvero in sé il desiderio non cade nella
volgarità di designare ideale alcunché), ma più prossimo. Più 



naturale, dunque; ma non che l'artificialità di Internet di per se stessa si offra al carattere più o meno estremo dei «trans», bensì che proprio la loro natura si rivela al centro e non ai margini della multimedialità e interattività dei linguaggi digitali. Sembrano donarci il perché dei nuovi territori della cibernetica ed anzi indicarne un uso sostanzialmente trasgressivo: negoziarne il significato, sentendoli diversi dai territori in cui la modernità ancora ci in-trattiene.
  Ma questo libro è tante altre cose insieme, l'una connessa all'altra. Pur così articolato e molteplice dà al contempo non l'apparenza ma la certezza di essere spontaneo, persino semplice. Raramente in un solo testo si concentrano - senza disperdersi o intralciarsi tra loro - tante diverse memorie e suggestioni del tempo nostro: letteratura alta, media, bassa, triviale; musica di ogni tipo; metropoli di ogni dove; sogni amori desideri di ogni fiction. Tante diverse tradizioni: libro di viaggi, manuale di istruzioni, romanzo epistolare, racconto sentimentale, inchiesta, autobiografia, novella, reportage, affresco generazionale, saggio socioantropologico, libro di aforismi. Di una simile moltiplicazione di funzioni potremmo dare una sola definizione: romanzo di formazione
  A legare il tutto c'è la veridicità del protagonista, la terza persona Ernesto, e l'ironia dell'autore, la prima persona Filippo, che situa il se stesso-protagonista nell'esperienza dell'incontro con l'altro da sé che è il trans-gender e ne fa il soggetto di una avventura tra due mondi: tra i rumori di massa della generazione del Sessantotto e i silenzi interiori delle sorprendenti mutazioni genetiche che quel rumore ha sommerso.
  Nel cyber-space la lingua e la sintassi stanno vivendo una profonda trasformazione: l'oralità sta divorando la scrittura e tuttavia questa cannibalica pulsione si manifesta attraverso ciò che sente di dovere distruggere, appunto la scrittura che nega. Ancora la scrittura, per quanto ora gettata nella fluidità di Internet invece che sulla pagina, il cui testo, fissato sulla carta, viene ostentato al pubblico, ad un lettore inscritto (come si dice in semiotica) eppure sconosciuto (come in ultimo anche il più previdente degli scrittori finisce per ammettere, ritrovandosi a dialogare solo con se stesso). 
  Le reti al momento favoriscono una oralità visiva più vicina alla dimensione individuale dell'ascolto interpersonale che quella collettiva imposta dal rapporto socialmente strutturato tra scrittori e lettori. Nel cyber-space il bisogno di comunicare si è spinto molto al di là delle gerarchie tra chi scrive e che legge. Dunque, lavora sulla destrutturazione delle mappe letterarie: è una scrittura che ritorna alla diversità delle proprie radici. Ritorna ai corpi-desideri che la scrittura ha 
inibito per comandare (regalandoci



in compenso il magnifico surrogato della letteratura). Si muove a ritroso lungo il percorso storico dei suoi poteri: percorso occidentale, dato che ha la sua origine politica nell'alfabeto greco-romano, nelle scritture dell'ebraismo e del cattolicesimo, nella riforma protestante (Gutenberg) e nella rivoluzione industriale (romanzo inglese e stampa di massa americana). Il resto è televisione: una scrittura mascherata.
  La scrittura non è stata indifferente ai generi (ha assorbito quelli della sessualità e ha creato quelli della comunicazione): la sua appartenenza al genere maschile e adulto ha violentato e inibito tutti i corpi che non avessero sufficienti requisiti di produttività sociale, di ceto e di classe, di dominio estetico e cognitivo su ogni margine e disordine. Ogni diversità è stata prescritta come natura debole, deviante; abbandonata nello spazio analfabeta del corpo: vecchi, bambini, donne, gay, pazzi, inabili. E le culture non-occidentali. L'autore sa di musica, di jazz in particolare (capacità orchestrali che mostra nel tramare tanto bene il proprio testo). A queste culture fa continuo riferimento in quanto modi d'essere che l'Occidente ha sterminato, magari compensandone la perdita nel consumo di struggenti versi e suoni. 
  L'interfaccia tra transgender e computer mostra ora la rivalsa del corpo sulla scrittura e - facendola propria in forme in tutto speciali e personali - sulla società, sulle sue mappature e sui loro domini. Bianchi si colloca sul bordo di questa svolta: ed è per questo che riesce a scrivere. Non solo lui ma anche il suo Ernesto stanno ancora dalla parte del maschio: per questo ha scritto un libro non solo bello, ma anche significativo, un saggio critico in forma di dialogo tra diversi racconti. 

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Due epoche in una: quella tardo-moderna, che, prematuramente senile, muore in lui, a cinquant'anni dalla nascita, e quella post-moderna, che nasce in lui come intuizione e attrazione verso una realtà coeva, eppure negata, ora emersa dall'insolita comunicazione del personal computer. 
  La sua prima dote consista dunque nella scrittura: si pensi alla scioltezza con cui alterna prima e terza persona. La seconda è nell'invadenza di sé, generosa e narcisistica, persino un poco ossessiva, con cui l'autore ci dà viva testimonianza del trapasso epocale in cui siamo, avendo ancora da offrire - quanto prima e forse, nella disperazione del nostro presente, molto più di prima - la propria buona disposizione all'innamoramento: unica possibile chiave di lettura del passato e del futuro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 


 
 
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