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Karnaly: sogno, destino o sfiga?
© 1999 Roberto Chilosi - Kilo
Personaggi ed interpreti:
Roberto Chilosi: l'anti eroe
Ugo Papini: il novizio
I Nepalesi: charlie
Il capo scalo della Biman: il cattivo
Il caldo: il nemico
Tutti gli altri: loro stessi
Nepal
Prologo:
L'anti eroe ascolta estasiato i racconti della prima ripetizione della parte alta del Karnaly, effettuata nel 1993, narrati da Checco, Gian e Gio' (Salvato, Ricci, Codeluppi) e si innamora dell'idea di scenderlo in solitaria.
Tenta nel novembre del 1997, ma, per una serie di sfortunate circostanze, ivi compresa la propria inesperienza, non riesce nemmeno ad arrivare all'imbarco.
Ritenta, mai domo, nel 1999.
1^ atto: l'aeroporto
Tutto inizia in una grigia e ventosa giornata di aprile.
L'antieroe giunge a Roma col novizio alla sua prima esperienza canoistica internazionale.
Poco bagaglio: lo stretto indispensabile, naturalmente hanno con sé le canoe, una Reaction per l'anti eroe, una Vector per il novizio.
Il volo è prenotato con la Biman (Bangladesh Airlines) e i due oltre a portare sovente le mani nel basso ventre, recano seco amuleti e spergiuri.
Nonostante la superstizione sia una debolezza che non dovrebbe tangere questi uomini disposti a sacrificare anche i loro affetti pur di seguire il proprio ideale liquido, il rapporto tra aerei decollati e poi regolarmente atterrati di codesta compagnia, è tale che tutto risulta lecito.
Arrivati al check-in vengono accolti con stupore dagli addetti della compagnia, che però imbarcano le canoe.
Troppo bello per essere vero e, infatti, quando oramai le barche sono sul nastro trasportatore ecco entrare in scena il cattivo.
Questo signore distinto col suo inglese corretto, ma mal pronunciato, sentenzia: "Ok, le canoe possono volà, ma il supplemento dovete pagà!".
I due sono disposti a pagare fino a 5 kg in più a testa (150.000 Lit.), ma il cattivo, che è cattivo davvero, ruggisce: "No! Tutto".
Monetizzando, che il denaro non fa la felicità ma beato chi ne ha, fanno 1.035.000 lit.
Orrore e stupore, ma la decisione viste le misere finanze dei due, è obbligata: niente canoe.
Seguono, nei bagni dello scalo romano una serie di imprecazioni non trascrivibili per lo più dedicate ai Santi.
L' antieroe, nonostante la delusione è però fiducioso di trovare delle Rainbow anche a Katmandu.
Il volo vola bene e i due giungono nella capitale nepalese circa 20 ore dopo.
2^ atto: Katmandu
Katmandu l'antieroe se la ricorda bene e, memore della prima propria impressione è curioso di vedere che effetto farà sul novizio, il quale ha dormito tutto il viaggio ed il risveglio nepalese lo sconvolge un tantino.
I due vengono circondati da bambini, tassisti, fattorini e mendicanti.
Il fattorino della guest house, dove l'A. aveva alloggiato 2 anni prima lo riconosce e li salva dalla folla avvolgente.
Tutto intorno il nemico: il caldo umido.
L'impatto con Katmandu è sempre un bel pugno nello stomaco: caos, traffico, sporcizia, rumore, ma quanto sentimento; nonostante tutto l'A. è innamorato di questa città.
Il novizio è sconvoltino ma, positivo, reagisce e si adegua.
Katmandu del resto non è solo lontana geograficamente, ma soprattutto culturalmente e non si possono fare paragoni nemmeno con le realtà più arretratate dell'occidente.
Eccoli a Thamel, il quartiere del centro forse più particolare, vero condensato di negozi, alberghetti, ristoranti, turisti, spacciatori, mucche e cani.
Preso possesso dell'umile stanzetta i due decidono, dopo aver consumato un lauto pasto, di iniziare subito la ricerca della canoe.
L'A. si impegna e, SIA LODE ALL'EROE TRIONFATORE, le trova subito!!!!
Sono le Monsoon della spedizione, di cui si è già riferito, del 1993.
E' felice alle lacrime e gli piace l'idea di scendere il Karnaly con la canoa di uno dei tre amici.
Le canoe sono in pessime condizioni perché in questi sei anni sono sempre state tenute in un campo.
Solo quella di Checco sembra in condizioni di resistere ad una discesa.
Il novizio opta per una Rock-it.
Stanchi, ma soddisfatti trascorrono la prima notte afosa, rimandando alla mattina successiva l'acquisto del biglietto aereo per Simikot, imbarco del Karnaly alto.
3^atto: le elezioni
L'A. ha chiaramente messo in preventivo di fallire nel proprio intento, ma ritiene che gli unici problemi gli potrebbero eventualmente derivare dalla difficoltà e lunghezza del fiume, non più da problemi politici.
Del resto la guida White Water Nepal, insostituibile, recita più o meno: "in Nepal le cose non vanno come in occidente; se pensate che tutto debba andare bene non dovreste essere qui".
Fiduciosi i due la mattina dopo si dirigono verso gli uffici della Royal Nepal Airlines dove, con la massima indifferenza gli viene riferito che fino al termine del periodo elettorale, circa verso il 10 maggio, su Simikot non si vola.
Ma come? uno si allena, organizza, sopporta le ingiurie dei famigliari per dei mesi e qui per qualsiasi stronzo motivo ti fanno rinunciare?
Per il novizio non cambia molto, dato che la sua intenzione era quella di scendere alcuni fiumi classici nepalesi e poi di supportare, sotto forma di rifornimenti di cibo, l'A. nella parte bassa del K.
Di scendere, per ripiego, solo la parte bassa all'A. non gliene frega niente, perché ritiene l'etica del canoista una cosa importante.
Per brevità di esposizione mi asterrò dal riportare la serie di pensieri nefasti che affollano la mente dell'A. per le 6 ore successive.
Concertano comunque un piano alternativo di tutto rispetto:
Il Tamur, il fiume che scende dalla terza montagna più alta della terra: il Kanchenjunga.
L'A. si spingerà più in alto possibile, il novizio lo attenderà all'imbarco classico.
4^atto: in viaggio verso il fiume
Il nightbus impiegherà circa 26 ore per arrivare a Basantapur, dove i due dovranno trovare dei portatori per raggiungere l'imbarco.
Il viaggio è massacrante: all'interno del bus c'è così caldo e umido che, se si tenessero i finestrini chiusi, potrebbe piovere.
Passano le ultime tre ore sul tetto, sporchi, stanchi e puzzolenti, ma determinati e sereni.
A Basantapur che è proprio un bel paisiello a 2520 mt/slm, i due vengono circondati da stupendi bambini dai grandi occhi espressivi, alloggiano presso una famiglia di Sherpa e trovano subito i portatori.
Ma nonostante le loro menti siano serene i loro intestini no e, senza badarci troppo, entrambi vengono colti da una scarica di dissenteria.
Decidono quindi per un portatore a testa al quale far portare solo la canoa, ritenendosi assolutamente in grado di trasportarsi il resto del materiale.
BRAVIMERLI!
Durante la notte la diarrea impazza e la febbre sale ma, se la tenacia è una virtu' dei forti e probabilmente anche dei coglioni, i due ne sono forniti in abbondanza e persistono nel non volere altri portatori.
Il confronto con i dislivelli dei sentieri nepalesi è durissimo e i due ne escono malconci, con 4 kg. in meno e le spalle segate dagli spallacci delle sacche.
Finalmente Dobham, l'imbarco classico, un altro bel paesino sul fiume, dove il novizio decide di fermarsi ospite di un'altra calorosissima famiglia di Sherpa.
L'A. no.
Nonostante le pessime condizioni fisiche, decide comunque di andarsi a imbarcare almeno a Mithlung, una 15na di km più a monte.
L'umiltà e la capacità di rinuncia evidentemente non sono di questi luoghi e ricomincia il cammino.
Il paesaggio benchè spesso celato dalla nebbia è molto suggestivo, con enormi oleandri in fiore e grosse querce asiatiche a contornare i sentieri.
Le montagne, proprio a causa della nebbia le vediamo solo a sprazzi.
5^atto: il fiume
Il Tamur alto la guida dice che è stato sceso poche volte e con qualche problema, poi l'A. capirà perché.
L'A. è già sfinito prima di entrare in acqua, dovrebbe riposare, ma soprattutto mangiare che, a causa degli intestini in subbuglio, ha masticato solo poco riso negli ultimi tre giorni.
Ma c'è troppa gente a Mithlung e l'A. vuole subito togliersi dall'umanità invadente dei locali ed eccolo in acqua, il suo elemento.
Lui è acqua o, meglio, dissenteria, ma sempre di liquidi si tratta.
Per i primi km il fiume è divertente e relativamente difficile (WW4), manovriero e con una portata intorno ai 50/60 m3/sec.
Tutto va bene, c'è un solo dubbio, spera di non dover trasbordare con la canoa carica.
Salendo ha visto il fiume e ritiene, benchè per alcuni km. molto difficile ed insidioso, di poterlo scendere tutto.
C'è solo un tratto, una gola, che non è riuscito a scorgere dal sentiero, ma non ci pensa.
E fa male.
Quando si accorge dell'errore è troppo tardi ed è già nella gola.
Primo trasbordo: una roccia enorme che ostruisce completamente il corso del fiume, qui stretto solo pochi metri.
Rapida con salto finale di WW 5+.
Trasbordo mostruoso, considerate le sue condizioni fisiche.
Non ha pensieri, solo fatica.
Altre rapide molto difficili, poi ancora un trasbordo.
Questa volta sviene. Si riprende e grazie a Dio, aveva previsto emergenze e trangugia un beverone reintegrante, forse a base di anfetamina che lo rimette in piedi.
Gli sembra di essere in acqua da giorni, ma sono passate solo 3 ore da quando si è imbarcato.
Finalmente la fine della gola, adesso il fiume è molto difficile, ma tutto praticabile.
In condizioni normali riterrebbe questa parte del fiume come una delle più belle e impegnative mai discese, adesso pensa soltanto ad arrivare.
E arriva.
E' così stanco che non riesce nemmeno a parlare.
Gli sembra di non aver mai faticato tanto in vita sua, che di anni ne ha 33 e di cose ne ha fatte...
Il novizio nel frattempo si è perfettamente integrato nella realtà locale, adottato dalla ospitalissima famiglia.
Il mattino dopo partono per la discesa del tratto classico, 120 km., per percorrere il quale impiegheranno 3 giorni incontrando difficoltà fino a WW 4+.
Epilogo
Questa storia vera e assolutamente autoironica, è il resoconto parziale di un fallimento più che altro morale del viaggio.
Scendere un fiume significa goderne appieno ogni rapida, onda, rullo e non sperare di arrivare allo sbarco più in fretta possibile.
Soprattutto nei river-trip bisogna cercare di fondersi appieno con il fiume e con il mondo circostante, per sentirsi parte di qualcosa.
Questa volta ciò non si è verificato ed è questa la vera sconfitta.
kilo
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