Io il Grande lo lascerei chiudere, per amore del Cinema
Se il cinema Grande chiuderà sarà per colpa di un progetto imprenditoriale miope e per una politica cittadina fallimentare. Non sono ancora disponibili i dati SIAE relativi al 2008 (quelli del 2007 facevano registrare un volume d'affari crescente per gli spettacoli cinematografici nella nostra provincia come nel resto del paese), ma credo che la crisi c'entri fino a un certo punto. Come c'entra fino a un certo punto anche il bonapartismo economico e culturale di Berlusconi. D'altro canto capisco che siamo in campagna elettorale e in campagna elettorale, si sa, tutto fa brodo: che i proprietari del Grande abbiano voluto approfittare del momento delicato per mettere spalle al muro il sindaco o che questa sia come la storia della tigre di Putin, la minaccia sventolata dalla Grande srl cade a pennello in una bagarre che si è aperta con Lamberti davanti alla gigantografia del rudere del cinema Odeon. Fossi Cosimi, se non ne sapessi niente, rigrazierei per l'assist. Detto questo, il cinema è un'industria e la sua distribuzione una forma di commercio. In quanto tale, per quanto protestino i suoi sacerdoti (rousseauiani convinti che allo stato di natura, senza la tv berlusconiana e le multisala Medusa, la gente affollerebbe le proiezioni di Wong Kar-Wai), il cinema obbedisce alle leggi del mercato. E oggi le leggi del mercato ci dicono che pesce grande mangia pesce piccolo, a meno che il pesce piccolo non sappia scavarsi una nicchia, specializzando l'offerta e abbracciando a un'idea moderna di marketing. Voler competere col Medusa distribuendo gli stessi film è perdente. Specie quando la struttura di cui si dispone fa acqua da tutte le parti (le sale piccole sono troppo piccole, scomode per chiunque superi in stazza un australopiteco e mal insonorizzate). Specie quando il centro città, desertificato da politiche di eccessiva accondiscendenza da parte delle varie Amministrazioni cittadine alle proteste di chiunque potesse esibire la lettera di residente, è associato nel senso e nell'esperienza comuni a problemi sicurezza che, reali o presunti che siano, tengono lontane le persone. Al di là di mille significati simbolici sicuramente importanti, col Grande la città non perde un granché sotto il profilo dell'offerta cinematografica, diciamocelo. Gli stessi film che ci fanno vedere sopra al MacDonald's, li vediamo al Medusa con facilità di parcheggio, nessun problema di sicurezza, comodità e offerte convenientissime (con le tessere prepagate, un film il mercoledì in certi periodi costa fino a 2 euro e 50). Altra cosa sarebbe se chiudesse il Kino Dessé, il baluardo di un cinema diverso a Livorno, la cui scomparsa segnerebbe davvero un impoverimento dell'offerta culturale cittadina. E state a vedere che sarà proprio quello che succederà se andrà in porto il progetto di Grande srl e Comune di Livorno. L'amore per il cinema indicherebbe altre strade, mi sembra. E invece si riafferma la logica, comprensibile ma non più condivisibile, degli aiuti alla Fiat per tenere in vita un mercato, quello dell'auto,che ad oggi (con la benzina che oscilla paurosamente, i centri sempre più intasati, i parcheggi sempre più rari e costosi e una maggiore coscienza ecologica diffusa) non ha futuro. Meglio sarebbe lasciar stare, lavorare per creare le condizioni per un riciclo delle attività. Così farei nell'affaire Grande: si lavori per la riqualificazione del centro città, si punti a creare le condizioni per cui un'attività imprenditoriale, se è buona, possa prosperare. Altrimenti si continui ad affrontare le emergenze una per una, senza una visione di insieme e un progetto che ci permettano di uscire dal circolo vizioso in cui siamo entrati. Tanto la colpa si può sempre dare a Berlusconi. Fino a quando qualcuno, anche da queste parti, non comincerà a trovarlo simpatico.