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Riflessioni per il Programma Pastorale

Come costruire la nostra comunità cristiana con uno stile evangelico,

sulla linea del Concilio Vaticano II°

Vorremmo raccogliere dalla storia pastorale della comunità parrocchiale di questi anni postconciliari - alcuni aspetti che si sono andati formando e solidificando e sembrano costituire i riferimenti pratici per la costruzione del «nuovo» volto conciliare della nostra comunità.

L'intento non è di ricostruire la complessiva vicenda pastorale (difficoltà e limiti compresi) né di analizzarne dettagliatamente le componenti: ma solo di indicare, in positivo, alcuni elementi acquisiti e condivisibili con altre comunità parrocchiali e con lo sforzo complessivo di riforma che la chiesa bergamasca sta attuando sotto lo stimolo del nostro vescovo.

Premesse
* L'esperienza di questi anni ha confermato in noi la convinzione che la base tradizionale del nostro cattolicesimo è una grande ricchezza, capace di dare forza alla riforma che il Concilio Vaticano II ha inteso proporre al cristianesimo moderno. Tra la religione che abbiamo ereditato - e che si esprime in una consistente domanda religiosa - e la riforma conciliare esiste una possibile pratica armonia.

* Tale armonia non è automatica. Essa è possibile solo a condizione di un fedele e coraggioso discernimento pastorale: di un'interpretazione, cioè, sia della tradizione, sia delle esigenze che si propongono alla Chiesa per l'evangelizzazione dell'uomo e della società moderna.

* Strumento importante per un'equilibrata costruzione della comunità parrocchiale è la programmazione pastorale che propone obiettivi e cammini, favorisce processi e itinerari, verifica i risultati.

Il riferimento concreto per la parrocchia è il programma pastorale annuale che organizza e articola diversi elementi della vita comunitaria. Esso ha al centro il programma «strutturale» della Chiesa che è l'anno liturgico; su esso articola i vari itinerari sacramentali (sacramenti dell'iniziazione, matrimonio e unzione degli infermi); in esso colloca forme e pratiche devozionali (triduo dei morti, triduo eucaristico, pellegrinaggi); ad esso affianca gesti pastorali suggeriti dalle nuove esigenze della comunità (festa patronale, iniziative pastorali di inizio e fine anno).

* Il metodo pastorale che abbiamo sperimentato come efficace è quello della «correlazione»: dello sforzo cioè di far incontrare, in tutte le azioni pastorali, la Parola di Dio e le parole degli uomini, la Grazia di Dio e le attese degli uomini d'oggi. Questo è possibile se nella comunità si tiene vivo un continuo lavoro di ascolto del «Vangelo» (centralità della Scrittura e della celebrazione liturgica; riferimento costante alle prospettive pastorali aperte dal Concilio...) e una costante attenzione alla vita e alla mentalità dell'uomo d'oggi.


Le Attività pastorali

Come le nostre comunità cristiane possono rendere visibile e favorire l'alleanza del Dio di Gesù Cristo con gli uomini d'oggi? Esse hanno a disposizione delle parole per dire l'alleanza; dei riti, delle feste per celebrare l'alleanza; dei modi di essere e di comportarsi che testimoniano l'alleanza. Gli atti pastorali fondamentali con i quali si costruisce una comunità cristiana sono:
la Parola che dà il senso cristiano alla vita;
il Sacramento che celebra cristianamente l'esistenza;
la Testimonianza che introduce nella vita di ogni giorno una pratica cristiana.

Sono, questi, anche gli atti fondamentali del cristiano:
una fede che si manifesta in parole,
una fede che si esprime in riti,
una fede che si traduce in azioni.

Il modo di dire, di celebrare, di testimoniare la fede, la fede di sempre, varia nelle diverse epoche: variano linguaggi, riti, morale in rapporto alle esigenze, alle mentalità, ai «mondi» diversi in cui si trovano a vivere e a costruire la Chiesa i cristiani. In ogni cambiamento d'epoca i cristiani ripensano e riorganizzano il loro dire, il loro celebrare, il loro fare la fede. Alcuni anni fa, nei primi anni '60, i cattolici, in un grandioso Concilio ecumenico, hanno ripensato a fondo la natura della loro Chiesa, rifacendola sulla Parola di Dio, rinnovandone profondamente il modo di celebrare, riprogettando il suo modo di presenza e di azione nel mondo.

Come parlare di Gesù Cristo

Uno dei cambiamenti più importanti, forse il più radicale, che sta vivendo la nostra pastorale è il modo di concepire la «parola di Dio», avviato ufficialmente da un documento del Concilio Vaticano II° («Dei Verbum») ma che sta un po' alla volta manifestando le sue applicazioni infinite nel vissuto della nostra parrocchia. Il cristianesimo non è anzitutto la proposta di un blocco di verità, un insieme di dottrine da credere, ma il venire all'uomo di una verità viva, di un Dio che si è rivelato e che si rivela in eventi e parole, della persona stessa di Gesù Cristo vivo. Dio ha lasciato e lascia nascere la sua Parola nel corso di avvenimenti, calandola nel parlare degli uomini, immerso nella loro storia, pur trascendendola; non confuso ma fuso in essa. Parola di Dio che percorre tutte le cose e che s'è concentrata particolarmente nell'ascolto fedele di un popolo, quello della Bibbia, che non ha mai cessato di scoprirsi continuamente incontrato nel cuore degli avvenimenti, in mezzo alle sue vicende, dall'amore di Dio. Parola che si è incarnata nella persona di Gesù Cristo uomo singolare, verità o Verbo eterno di Dio venuto a noi secondo le Scritture e pienezza delle Scritture. In compagnia di lui è possibile accogliere la nostra storia come grazia, leggere il mondo come alleanza e gli avvenimenti come Parola di Dio: in una penetrazione cristiana della realtà con la continua compagnia della Bibbia e con l'incessante ascolto dell'uomo nostro fratello e della storia che stiamo vivendo. Vengono cosi suggeriti i riferimenti fondamentali di ogni parola cristiana: la conoscenza esistenziale e sperimentale di Gesù Cristo, un'incessante rilettura della Bibbia, una partecipazione profonda alla storia degli uomini.

D'altra parte, la pastorale deve mettere in atto tutte le forme delle parole, tutte le modalità in cui la fede si può dire e che si possono ridurre schematicamente a tre:
un racconto che fa memoria;
un poema di lode;
una professione di fede.

  1. La fede si dice anzitutto non nelle forme di un discorso e nemmeno di un credo, ma nella forma di un racconto che fa memoria dell'intervento di Dio nel cuore della storia umana, di un ricordo vivo di Dio che si manifesta là dove si gioca l'esistenza dell'uomo; a queste modalità si legano alcune forme decisive dell 'attività pastorale: la lettura della Bibbia che deve in una parrocchia trovare spazio al di là della Messa nella meditazione personale e dei gruppi; la «revisione di vita» o lettura cristiana degli avvenimenti con la quale ci si educa a leggere l'esistenza quotidiana come «parola di Dio»; e soprattutto la predicazione che è l'atto solenne ed ecclesiale con cui una comunità fa incontrare la Parola di Dio con l'oggi e con l'adesso dell'uomo.
  1. La seconda forma del dire la fede è il poema di lode, il canto poetico con il quale il credente o il popolo fedele dice il suo giubilo e innalza il suo grazie a Dio che gli parla e gli viene benevolmente incontro; a questa modalità si ricollega la grande preghiera eucaristica dell'assemblea domenicale, ma anche tutto il personale lavoro di educazione alla preghiera e alla contemplazione cui tante volte le nostre parrocchie non sono attente.
  1. Infine il dire la fede implica una volontà di comprensione, di spiegazione, di messa in ordine della verità; la fede diventa professione della fede attraverso i «simboli», i «credo»: che esplicitano l'identità di Dio, di Gesù Cristo, della Chiesa, del credente; che rispondono alle domande concernenti l'origine e la fine del mondo, della storia, della vita. A queste modalità del dire la fede si ricollega nella nostra parrocchia il poderoso lavoro catechistico.

Possiamo dire che nella nostra comunità parrocchiale questa «nuova» pastorale sta dando frutti significativi:
La predicazione nell'assemblea domenicale e diventata davvero il punto di riferimento vivo per il cammino di fede di tutta la comunità praticante.
La catechesi molto frequentata dai ragazzi e poco dagli adulti (Nella forma della Lectio Divina) è luogo significativo dell'approfondimento della Parola e del suo impatto con la storia degli uomini, anche se raduna prevalentemente i fedeli impegnati in un cammino di consapevolezza e non raggiunge la massa dei credenti
Un po' più lenta e assolutamente da incentivare, sembra l'educazione alla preghiera; difficoltà notevoli soprattutto trova la preghiera e contemplazione personali che pure sono esigenze sentite da molti ed episodicamente espressa.

Celebrazione dei sacramenti e liturgia

Come celebrare

Il rinnovamento liturgico è forse quello più appariscente nel grande mutamento che sta vivendo il cattolicesimo: ma i segni più evidenti come il celebrare in lingua corrente, la nuova disposizione dei luoghi liturgici, il maggior coinvolgimento dell'assemblea, sono i sintomi di una ricomprensione più profonda. La liturgia è sottratta alla sua oggettività sacrale e all'efficacia quasi magica e restituita all'azione viva del Cristo risorto che incontra l'uomo che cammina fedelmente in questa storia. Il gesto attraverso cui il Risorto e l'uomo si incontrano agisce in quanto «significa», in quanto, cioè, attraverso il segno posto nella Chiesa, è effettivamente presente la Parola di Dio e l'esistenza dell'uomo.
E davvero quando una comunità vive abitualmente il rispetto contemplativo della Parola e sta cercando davvero una fedeltà nella difficile quotidianità, riesce nella celebrazione a ritrovare lo stupore della Parola e la vicinanza della vita; e il rito, il gesto diviene quasi un'estasi nella quale il corpo - del credente e dell'assemblea - si fa cristiano.
E nasce anche il gesto del celebrare, l'amore della bellezza del celebrare, la gioia per la profondità del celebrare.
E l'assemblea della domenica può diventare veramente il riferimento cristiano più vitale dove si esprime insieme la gioia di incontrare il Signore e di essere uomini.
E il ritmo liturgico ridiventa davvero una storia in rilievo in cui il cristiano rivive la vicenda di Gesù e la propria concreta esistenza.
E allora i sacramenti, soprattutto quando si articolano su itinerari, non si riducono a gesti puntuali, irrilevanti se non magici, ma diventano il culmine di un cammino, la pausa con Dio sui nostri passi tortuosi.

Nella messa in opera della liturgia ci sono nelle nostra, come nelle altre comunità parrocchiali, alcune notevoli difficoltà.
Una prima difficoltà viene dal contesto civile, dalla cultura dominante che è profondamente allergica al simbolismo e alla ritualità in genere e religiosa in particolare.
Una seconda viene dal contesto ecclesiale nel quale convivono due atteggiamenti estremi: quello che riduce magicamente la vita cristiana al rito e quello che riassorbe, ritenendolo inutile, il rito nella vita.
Un problema grave, infine, è la valutazione e la valorizzazione di quello che viene chiamato «cattolicesimo popolare»: di quell'atteggiamento che si riferisce ai sacramenti come a riti di appartenenza, come a dei passaggi di identificazione e di significato genericamente sacrale; la pastorale come deve rispondere a questa domanda? Il cattolicesimo accetta di essere, per moltissimi, un contenitore generico del bisogno del sacro o della gestione sociale della religione?

1- L'assemblea eucaristica della domenica

* Si conferma - anche nelle mutate condizioni di vita dell'uomo moderno e nelle nuove forme assunte dalla celebrazione liturgica - la centralità dell'assemblea eucaristica della domenica: la sua effettiva capacità di formare il cristiano e la comunità.

Nella parrocchia è la Messa della domenica, ancora e forse ancor di più oggi, il luogo dove in maniera più efficace si comunica il mistero della salvezza, viene "offerta" a Dio la concreta condizione umana degli uomini d'oggi, si realizza la comunità, cresce la vita spirituale dei fedeli.

* L'efficacia che la Messa ha in virtù della presenza del Risorto, viene pastoralmente favorita dal fatto che l'effettiva costruzione di un tessuto comunitario oltre la celebrazione, e la proposta di significativi itinerari di fede, rendono la celebrazione piena di senso e di risonanza. Ed è inoltre favorita da una attenta pastorale liturgica che valorizza gli elementi rituali e celebrativi: dalla qualità della proclamazione della Parola e della predicazione, alla sobria intensità dei gesti, al coinvolgimento del canto e del silenzio, alla cura per le immagini, le luci, gli spazi, le suppellettili.

* L'attenzione alla pratica liturgica ci ha portato a scopri re in maniera più chiara e a valorizzare la struttura della Messa. Le sue parti traducono nel rito i momenti dell'esperienza cristiana:
l'accoglienza traduce l'ascolto e la condivisione della vita degli uomini.
La liturgia della Parola traduce la rilettura della nostra esistenza alla luce delle Scritture.
La Liturgia eucaristica rivela che nella vita offerta di Cristo sta il senso della nostra vita, chiamata a dar lode a Dio in un'esistenza grata.
La liturgia della comunione esprime il mistero dell'unione profonda di Dio con gli uomini e degli uomini tra loro.
La liturgia della missione («Andate, la Messa è finita») indica il mistero della Chiesa posta come sacramento nel mondo e mandata a tutti gli uomini.

La celebrazione ha un ritmo che valorizza le singole parti, distinguendole una dall'altra e unendole nella continuità di un cammino.

* Un altro aspetto messo in luce dalla pastorale liturgica è stato il carattere di itinerario che assume la celebrazione della Messa domenicale. Quando essa è effettivamente comunitaria ed è veramente capace di «organizzare» la vita cristiana dei fedeli non è più soltanto la pratica del precetto e nemmeno solo un momento spirituale significativo; ma diventa la tappa di un vero cammino, di un itinerario: per cui la Messa del periodo di Avvento ha caratteristiche - anche celebrative - diverse dalle Messe quaresimali o pasquali o postpasquali.

OSSERVAZIONI

Per il buon funzionamento della Messa della domenica e, più complessivamente, dell'anno liturgico, è utile far sorgere in parrocchia la coscienza esplicita di una pastorale liturgica. La coscienza, cioè, che il rito è elemento decisivo della costruzione della comunità e la sua messa in opera è atto di evangelizzazione, che esige discernimento e cure pastorali. A creare questa coscienza concorre un certo modo - costante e serio -di celebrare; un sempre più largo coinvolgimento dei laici nel gesto e nel senso del celebrare; una continua riflessione pastorale sul senso del celebrare, sulla riforma liturgica del Concilio, sugli itinerari sacramentali, sulle sorti della ritualità in questa società... ) Non era questo il desiderio della riforma liturgica autorizzata dal Concilio?

2- L'anno liturgico

* La sua capacità di offrire efficacemente il mistero di Cristo e di raccogliere il cammino della comunità è legata anche alla sua valorizzazione celebrativa.

Abbiamo anche qui sperimentato la forza dei diversi tempi liturgici, in particolare il tempo dell'Avvento e del Natale, il tempo della Quaresima e della Pasqua, il tempo del dopo Pasqua e della Pentecoste.

* Alcune attenzioni liturgiche e pastorali si sono mostrate efficaci: l'organizzazione di una predicazione organica e coerente in un dato periodo (per l'Avvento i temi della predicazione si riferiscono in genere alla Scrittura, alla preghiera, alle forme e alle figure dell'attesa umana; in Quaresima i temi sono per lo più di ordine morale e sacramentale); il ritorno di gesti e riti caratteristici e costanti per ogni periodo liturgico; il collegamento della celebrazione con l'impegno quotidiano domestico mediante ciclostilati e piste di lavoro; l'uso del bollettino parrocchiale che prepara e fa memoria degli itinerari liturgici e dei temi della predicazione.

* Il triduo pasquale è diventato per molti di noi il riferimento liturgico

e celebrativo più forte, tale da incidere in profondità nella propria esperienza cristiana.
Il ciclo liturgico ha trovato una sorprendente vitalità anche nel suo collegarsi organicamente con antiche pratiche devozionali e con nuove iniziative pastorali.

Proposte
Dal lavoro di analisi svolto sono emerse alcune sottolineature e proposte che ci sembrano opportune e meritevoli di essere concretizzate nella pratica pastorale

Triduo dei Morti
La collocazione ai primi di novembre dell'antico «triduo dei morti» (una volta celebrato all'inizio della quaresima) potrà diventare luogo significativo della meditazione comunitaria sulla malattia, sulla morte, sull'aldilà e ridare forza liturgica e antropologica a una devozione talvolta un po' strumentalizzata.
Sarà necessario fornire una maggiore disponibilità per la celebrazione del sacramento della penitenza per una partecipazione più piena alle celebrazioni eucaristiche in suffragio dei defunti.

Avvento e Natale
Ci sembra necessario favorire un cammino più legato alla Parola di Dio per non ridurre questo tempo solo ai preparativi esteriori e di contorno alle festività natalizie. Così sarà opportuno :
Stimolare i ragazzi alla celebrazione eucaristica, o a un momento di riflessione e preghiera prima della scuola ;
Proporre un cammino alle associazioni, ai gruppi e all'intera comunità, in orari più adatti alla vita di oggi (per esempio alla sera), cercando anche di coinvolgere le comunità delle frazioni valorizzando le rispettive chiese ;
Sarebbe pure auspicabile riuscire a trattare un tema unitario nelle omelie delle domeniche di avvento ; Nel periodo natalizio andrebbe meglio valorizzata la celebrazione della festa della famiglia e la celebrazione di ringraziamento di fine anno .

Quaresima e Pasqua

La Quaresima e la Pasqua sono diventate il momento del naturale confluire di diversi itinerari sacramentali. Così le domeniche dopo Pasqua (durante il mese di maggio) hanno ospitato in successione la celebrazione comunitaria dei sacramenti dell'iniziazione dando rilievo pastorale a un periodo che trovava difficoltà a valorizzarsi... Così : la prima domenica di maggio si celebra il sacramento della prima confessione ; la seconda quello della prima comunione ; la terza quello della cresima e la quarta, la Professione di Fede.
Nel periodo quaresimale deve essere maggiormente incentivata la partecipazione alla messa mattutina, soprattutto per i ragazzi delle elementari.
Necessità di concretizzare il cammino quaresimale con impegni concreti di conversione e di condivisione, sostenedoli con una predicazione più attenta ai momenti di disponibilità della gente e con modalità più capaci di raggiungere i "lontani".
La "Via Crucis" per i quartieri, che riesce a raggiungere molte persone, dovrebbe essere ristudiata per dire con maggiore efficacia la passione e l'amore di Gesù per l'uomo.
Da valorizzare nella predicazione e nella celebrazione la Festa della Pentecoste con la predicazione e magari con una "veglia" a livello parrocchiale o vicariale.

Tempo Ordinario
Durante questo tempo andrebbero maggiormente sottolineate nella nostra comunità alcune feste e momenti che hanno un particolare rilievo nella vita. Così : La giornata mondiale dell'ammalato ; la celebrazione di una veglia di preghiera nella casa del defunto il giorno prima del funerale ; la celebrazione della giornata della vita ; la festa della donna ... 
Così pure dovrebbero essere maggiormente sottolineati con celebrazioni appropriate, sia a livello parrocchiale che vicariale, l'inizio e il termine dell'anno pastorale

La Festa di S. Leone e le altre feste (Piazze, Misma, Valpredina, S. Ambrogio)

Pur molto sentite e partecipate riteniamo che queste solennità dovrebbero essere riscoperte nelle loro motivazioni religiose profonde per essere più capaci di dire il loro specifico messaggio alla comunità di oggi, sia agli adulti che, soprattutto, ai giovani e ai ragazzi. Ci sembra che possano essere utili a tale scopo :
Una rilettura della vita del Santo che si celebra, sia con tridui di preparazione che con momenti di catechesi per i ragazzi, soprattutto quando è in corso la catechesi ;
Una maggiore conoscenza storica dell'evolversi della vita di quelle comunità in cui si celebra la festa ; (utile sarebbe anche una rilettura di fede delle opere artistiche custodite nelle varie chiese) ;
Un Maggior coinvolgimento dei laici, oltre che alla preparazione dell'apparato esteriore e ludico, nelle celebrazioni liturgiche ;
Per la Festa di Maria Assunta in Misma da valorizzare maggiormente la partecipazione dei gruppi parrocchiali e delle comunità dei paesi vicini.

3- Gli itinerari sacramentali

* Una delle «figure» pastorali più significative e più diffuse della pastorale conciliare è senz'altro costituita dagli itinerari sacramentali. Il fatto cioè che la celebrazione dei sacramenti si inserisce in cammini di fede comunitari. Il sacramento non si esaurisce nel momento della celebrazione, ma ha un prima e un dopo; non riguarda solo il fedele che chiede il sacramento, ma è anche un processo comunitario.

* È soprattutto nella pratica degli itinerari che appaiono alcune caratteristiche della situazione del cristianesimo nel nostro tempo. L'invenzione la riscoperta degli itinerari nasce, infatti, dalla distanza che si è venuta creare tra vita e mentalità della gente e pratica sacramentale (non essendo più ovvio il senso del sacramento occorre parlarne e prepararvisi). Ed è d'altra parte uno dei luoghi più significativi dei nuovi apparati pastorali dei nuovi stili di evangelizzazione.

* Hanno assunto con particolare forza questa forma di itinerario i sacramenti dell'iniziazione (Battesimo, Prima Comunione, Cresima) e, almeno in parte, i sacramenti del matrimonio e dell'unzione degli infermi.

* L'itinerario viene praticamente a costituirsi nell'incontro tra un'esperienza umana significativa e la proposta della comunità cristiana. Tale proposta è composta di parole (lettura della Scrittura, catechesi, preghiera), gesti liturgici e sacramentali e di esperienze comunitarie di fraternità, carità e di discernimento morale.

Un itinerario sacramentale si configura pressapoco così:
La domanda del sacramento e l'accoglienza di tale domanda da parte della comunità,
Un cammino con obiettivi, tappe e strumenti.
La celebrazione sacramentale nella comunità dopo la partecipazione alla Quaresima e alla Pasqua.
Il momento dopo la celebrazione che propone una costante partecipazione alla vita comunitaria come frutto del sacramento.

* Il buon funzionamento di un itinerario è dato dalla buona qualità di ogni suo momento; ma soprattutto dalla forza di segno e di sacramento che ha la comunità stessa e la sua capacità di «iniziare».

* Riguardo ai sacramenti dell'iniziazione - che mettono in condizioni di itinerario la totalità dei nostri ragazzi dalla nascita fino ai 12-13 anni - sono da segnalare due aspetti:
L'organizzazione del periodo di preparazione in veri itinerari di fede.
Il coinvolgimento dei genitori dei ragazzi. E' un momento significativo di catechesi, di aggregazione ecclesiale e, in definitiva, di iniziazione degli adulti.

* Riguardo al sacramento del matrimonio, va rilevata la crescita ecclesiale e pastorale dei cosiddetti corsi per fidanzati. Essi devono diventare sempre più, veri e propri itinerari di fede. Occorre cioè che il loro processo sia innanzitutto quello tipicamente «catecumenale»: domanda, accoglienza, cammino catechistico liturgico morale, celebrazione del sacramento, vita nella comunità. E poi ciò che succede effettivamente in questi «corsi» deve essere per molti proprio a una nuova iniziazione cristiana.

A dare questa caratteristica ai «corsi» possono contribuire alcune scelte quali : quella di svolgere gli incontri non con esperti, ma con membri della comunità; quella di cercare sempre una correlazione tra l'esperienza umana morale del fidanzamento e la proposta cristiana; quella di unire la discussione con momenti di amicizia e con momenti di preghiera e di celebrazione; quella di offrire, dopo il corso, incontri di spiritualità e di catechesi.

Sarebbe importante verificare la possibilità di offrire dei cammini di fede in preparazione al matrimonio all'interno stesso della nostra comunità indirizzandovi i giovani anche se non sono immediatamente vicini al matrimonio.

* Riguardo al sacramento dell'unzione degli infermi. Posta la distanza che si è introdotta nel nostro costume tra l'esperienza del soffrire e del morire e la sua celebrazione ecclesiale, la possibilità di celebrazioni significative dell'unzione degli infermi è legata a rapporti e incontri che vengono a crearsi tra l'ammalato, la famiglia e la comunità. L'azione caritativa, discreta e attenta, di cristiani familiari e non che aiutano e affiancano gli ammalati e i moribondi diventa il tramite necessario di un possibile itinerario di fede e della celebrazione significativa del sacramento.

Permanendo ancora in molti una visione negativa e sbagliata di questo sacramento, per cui si propende per darlo il più tardi possibile, magari in stato di incoscienza, oppure di non darlo affatto, utile appare la celebrazione comunitaria del sacramento in occasione della festa degli ammalati e degli anziani, che andrebbe però meglio preparato di come avviene oggi, attraverso un'appropriata catechesi.

Parola di Dio: Sacra Scrittura, predicazione, catechesi

Le diverse forme della Parola di Dio

* Si è rivelato pastoralmente efficace il valorizzare le diverse forme nelle quali si offre la Parola di Dio.
Essa è, radicalmente, racconto della storia di Gesù;
è anche ascolto che attualizza quel racconto nella fede e nella predicazione;
è rilettura sistematica del mistero cristiano calato in linguaggi e nella cultura dell'uomo d'oggi attraverso la catechesi;
è revisione di vita compiuta sotto il giudizio della «Parola»;
è risposta intima e pubblica nella preghiera...

* Lo sforzo è stato e dovrà essere quello di valorizzare ciascuno di questi aspetti della Parola di Dio e di cercarne un equilibrio complessivo nella proposta pastorale.

1- La Sacra Scrittura

* Una maggiore diffusione e una maggiore familiarità dei fedeli con la Bibbia si sono verificate anche da noi. La lettura che si produce, in varie forme, in comunità e nel vicariato, cerca di arricchirsi dei contributi di una lettura storico-critica che tratta seriamente il testo; mette al centro della lettura stessa la «comprensione» della Parola che è Gesù Cristo e il suo mistero; interroga e confronta sistematicamente la Parola delle Scritture con le parole e la vita degli uomini d'oggi.

* Significativa è l'importanza che la Scrittura ha assunto nelle celebrazioni sacramentali e liturgiche. La cura e la «devozione» della proclamazione della Parola nella Messa e nelle celebrazioni e la serietà della predicazione hanno contribuito a riconoscere la vitale importanza della Sacra Scrittura.

* Anche se modesta nelle proporzioni, è molto preziosa da raccogliere la «lectio» continua della Scrittura che viene a prodursi nella Messa feriale (nei periodi forti dell'avvento e della quaresima), nella quale da anni la piccola assemblea che vi si costituisce reagisce alla Parola letta.

* Da diffondere maggiormente in parrocchia la partecipazione alla "Lectio Divina" che si svolge in vicariato con una scansione quindicinale.

* Utile potrebbe essere l'iniziativa di aprire luoghi «domestici» di lettura della Bibbia. Gruppi di fedeli, con l'animazione di uno di loro, si accostano ai testi sacri. In questi incontri potrebbero essere ripresi i temi affrontati nella "Lectio Divina" a livello vicariale.

2- La predicazione

* L'insostituibile, difficile ministero della predicazione ha manifestato a tratti il suo potere di formare il cristiano e la comunità, quando è riuscito a esprimere in maniera congiunta le sue tre funzioni:
Quella di lasciar trasparire in ogni momento la semplice, radicale notizia del Vangelo.
Quella di parlare il linguaggio vivo della gente e di interpretarne la vita e i problemi di ogni giorno.
Quella di «dettare» autorevolmente i cammini e gli appuntamenti della comunità.

* La programmazione della predicazione ha cercato e deve farlo sempre più e meglio, di equilibrare la freschezza della predica sgorgata direttamente dalla Scrittura e una certa sistematicità di problematiche e di itinerari. E' il problema di riuscire a seguire un tema unitario senza perdere di vista il vangelo proposto nella liturgia.

* Di fatto la predicazione si mostra capace di scuotere e di interpellare i fedeli che di fronte alla Parola sentono rinascere la speranza e incoraggiare la responsabilità. Nello stesso tempo una predicazione paziente e organica si assume anche il compito, per la maggioranza dei fedeli, di ricostruire e riformulare il loro catechismo tradizionale.

OSSERVAZIONI
Le varie occasioni di leggere la Scrittura producono una crescita reale della comunità in quanto sono tutte sostenute da un certo modo di leggere le Scritture. Solo una lettura ecclesiale costruisce la Chiesa. Lettura ecclesiale è quella suggerita dal Concilio: piena di rispetto per la natura storica del testo, tutta tesa a cogliere la Parola centrale che è Cristo, capace di far apparire la vitalità di quella Parola per l'uomo d'oggi. Se l'omelia della Messa, se la catechesi quando tratta la Bibbia, se la celebrazione dei sacramenti quando introduce le Scritture, se i gruppi del Vangelo... se sempre e dappertutto si fa passare un modo coerente di leggere la Bibbia, allora essa costruisce profondamente la Comunità.

(Il livello più profondo di tutta la riforma cattolica promossa dal Concilio è il "nuovo" concetto di rivelazione o il nuovo modo di concepire la parola di Dio. (Cfr. la Costituzione sulla rivelazione).
3- La catechesi

* La catechesi, come dappertutto, è passata da un'esposizione dottrinale di definizioni a un'educazione della fede. La comunicazione catechistica si è, da una parte, arricchita maggiormente alle fonti della fede (la Sacra Scrittura, la liturgia, la vita cristiana), dall'altra ha cercato sistematicamente agganci con la vita concreta e con la cultura del nostro tempo.

* Questo ha comportato anche un notevole sforzo per formare nella comunità un gruppo di catechisti preparati a tale compito. Il servizio, o ministero catechistico è stato ed è una delle realtà più preziose della riforma conciliare. Esso richiede però un'incessante «chiamata» di chi si mostra adatto a tale servizio, una formazione specifica e costante, la ricerca di strumenti opportuni (catechismi, schede).

* Di fatto, «l'apparato» catechistico è andato strutturandosi in maniera da offrire a tutte le età e a tutte le condizioni degli itinerari di catechesi. Così che alla tradizionale catechesi dei ragazzi si sono affiancate - quasi in maniera istituzionale - la catechesi agli adolescenti, ai giovani e dovrebbe incrementarsi anche quella agli adulti agli adulti.

* La catechesi ai ragazzi si è ormai ben strutturata attorno ai sacramenti dell'iniziazione.
Un biennio (corrispondente alla seconda e terza elementare) prepara alla Prima Comunione.
Un anno (corrispondente alla quarta elementare) fa da transizione all'itinerario per la Cresima.
Un biennio (corrispondente a quinta elementare e prima media) prepara alla Cresima.
Un biennio (corrispondente a seconda e terza media) prepara alla Professione di Fede.

Questa catechesi sacramentale ha progressivamente assunto la tradizionale forma «catecumenale», e articola con naturalezza la «lezione» di catechismo con esperienze liturgiche e comunitarie. Come s'è già detto, deve diventare più rilevante in questa forma di catechesi il coinvolgimento dei genitori.

* La catechesi agli adolescenti e ai giovani deve invece mediare con la libertà e la fragilità dell'adesione tipiche di quest'età. E con l'esigenza diffusa di aggregazione, anzitutto. L'istanza catechistica si articola e si adatta perciò alle esigenze tipiche del gruppo e alle problematiche dell'età. D'altra parte l'adolescente e il giovane esprimono forti richieste soggettive, di valorizzazione di sé: e perciò il metodo dell'ascolto personale e della chiamata si rivela quello più efficace.

* La catechesi agli adulti, oggi quasi inesistente, si dovrà esprimere da noi in due direzioni. Una che raccolga maggiormente le esigenze di una rimotivazione delle devozioni e di una progressiva, piena introduzione alla nuova catechesi. L'altra dovrà assumere maggiormente la domanda di formazione di impegnati e di responsabili nella comunità e di persone in ricerca: e dovrà perciò sviluppare tematiche teologiche e pastorali da una parte e problematiche antropologiche, morali, civili dall'altra. Si deve cioè creare la possibilità di aprire - accanto al momento di una catechesi che sostiene con continuità la fede serena dei devoti e dei praticanti - uno spazio che renda ragione della fede di fronte alle complesse ragioni dell'uomo d'oggi.

Sembra assolutamente necessaria una catechesi agli adulti soprattutto ai genitori dei ragazzi che percorrono i cammini di preparazione ai sacramenti. Gli incontri che attualmente si svolgono, sono troppo pochi e incapaci di incidere in profondità. E' pure necessaria una maggiore disponibilità, da parte dei genitori a lasciarsi coinvolgere.

OSSERVAZIONI

Riguardo alla catechesi, la sfida più urgente nella nostra comunità è la catechesi agli adulti. Non solo perché essa risponde a una obiettiva situazione di "incultura religiosa" degli adulti, ma perché senza di essa è difficile per molti adulti continuare a dar serietà alla fede; e anche perché solo una comunità di effettivi fedeli adulti è segno credibile di una Chiesa viva.

La comunità

La vita della comunità

Morale e pastorale

La morale è un elemento decisivo dell'azione pastorale: perché è la dimensione umana dell'alleanza; dal modo in cui una Chiesa presenta la morale ci si fa l'idea di come Dio valorizza l'uomo e di come l'uomo viene rispettato dalla proposta cristiana. Oggi poi, quello della morale è campo importante perché la nostra civiltà mette alla prova le religioni e le fedi sull'umano, sul modo in cui valorizzano l'uomo Se pensiamo, infine, ai cambiamenti avvenuti e alla inadeguatezza della morale che abbiamo ricevuto, comprendiamo il lavoro da fare per proporre e trasmettere una morale decente.

Del resto, tutti i luoghi importanti dell'azione pastorale mettono in gioco in profondità la morale e il suo rapporto con la fede; e questo lo si può dire per esperienza di ciò che succede effettivamente nelle nostre comunità parrocchiali.
La predica, per esempio, che è uno dei luoghi più intensi dell'identità della comunità e della direzione che essa prende, è un momento importante per annunciare la lieta notizia nella sua specificità e nella sua «diversità» dalla morale, rispetto a una diffusa riduzione del cristianesimo a una morale: per mostrare come la morale è totalmente assente dal Vangelo, rispetto a una riduzione della morale cristiana a qualche pratica; per rendere visibile l'influsso concreto del Vangelo sulla morale corrente, rispetto a una convinzione pratica di irrilevanza della fede sulla morale.
Così la catechesi, come luogo di un approfondimento dei rapporti tra fede e morale, permette di convincere i fedeli alla rilevanza della fede e della serietà dell'umano e, perciò, favorisce il piacere di essere cristiani restando uomini adulti; inoltre, nella catechesi, si possono elaborare sondaggi approfonditi nel campo della morale, mostrando per esempio come si costruiscono e si giustificano le norme praticando un dialogo serio con le scienze umane e i linguaggi dell'uomo d'oggi.
Un altro luogo efficace della trasmissione morale è rappresentato dagli itinerari sacramentali: gli itinerari comunitari di Avvento e di Quaresima, il fidanzamento e la preparazione al matrimonio, la malattia e la morte; sono momenti nei quali una comunità è messa alla prova sulla sua capacità di favorire un incontro tra la speranza cristiana e i valori umani che in quel momento le persone stanno faticosamente vivendo; sono le possibilità per vedere se i cammini di fede di una comunità sono anche cammini dell'uomo e per l'uomo.
Un altro momento per l'edificazione della morale nella fede è rappresentato dagli incontri personali tra sacerdote e fedeli, in confessione e in direzione spirituale: è li che la storia concretissima delle persone nei suoi chiaroscuri si apre e che la luce del Vangelo cade, toccando sul vivo l'esperienza umana.
Infine si può accennare a un altro momento importante della riflessione e dell'elaborazione della morale in una comunità: quello in cui la comunità cristiana si incontra con alcuni aspetti importanti della società civile: come la politica, i soldi, gli strumenti di comunicazione, la scuola, il lavoro, la famiglia, lo sport, la politica, l'ambiente... Li i cristiani sono spinti ad esercitare il loro discernimento, la loro critica, la loro collaborazione rispetto ai valori dominanti nel paese. Lì sono invitati ad accostarsi umilmente a tutti gli altri uomini in un paziente dialogo, in una collaborazione fiduciosa, alla ricerca di ciò che può essere messo in comune. E lì si deve un po' alla volta anche elaborare un metodo che senza ignorare le proprie convinzioni non le impone ad altri, che senza perdere la propria identità intera guarda con amore e rispetto alle verità umane che Dio effonde generosamente in ogni uomo.

1- Parrocchia e comunità

* La nostra comunità cristiana ha, da secoli, la forma di una parrocchia:

di un gruppo di cristiani, cioè, che leggono la Parola, celebrano l'Eucarestia e formano una «fraternità» con la guida di un parroco, su un territorio, presso e di fronte a delle case (per noi quì nel paese di Cenate Sopra). Cambiando il modo di «abitare» e di vivere della gente e cambiando il modo dell'evangelizzazione, la parrocchia assume volti e forme diversi.

* Il tessuto comunitario della nostra comunità è ancora, in gran parte, quello tradizionale, sostenuto da una diffusa domanda religiosa e dall'immaginario di una religione sociale. La stragrande maggioranza delle persone da noi si sente in qualche modo cattolica e domanda i segni sacri dell'appartenenza (i sacramenti) in occasione di momenti importanti della vita.

Tale domanda religiosa in realtà è sempre più generica e indeterminata. E rischia, una tale religiosità generica, di relegare la fede ai margini dei giochi reali dell'esistenza e di generare un pericoloso dualismo tra religione e vita.

* In realtà si danno modi di appartenenza molto diversi. Qui il tradizionalismo vuoto e il relativismo moderno si mettono d'accordo a favorire un'appartenenza con riserva, un'appartenenza a distanza e quasi irrilevante. Si affermano diversi tipi di cattolicesimo: dei convinti e impegnati, dei praticanti, dei cattolici non praticanti, dei lontani...

* È da segnalare, in questi anni, il fenomeno degli "impegnati. Di parrocchiani cioè che sentono la necessità di una fede rinnovata e di un maggior impegno per costruire la "nuova" comunità. I tratti che caratterizzano questa figura di cristiano sono: lo sforzo di una maggior consapevolezza della propria fede (accostamento alla Bibbia, ripensamento delle categorie catechistiche, confronto tra la fede e i problemi dell'uomo d'oggi); e il desiderio di rafforzare il tessuto comunitario (valorizzazione della "comunità", della convivenza e della solidarietà anche emotiva e affettiva).

Gli «impegnati» prendono coscienza della loro responsabilità nella costruzione della comunità (animatori o operatori della catechesi, della liturgia, della carità, dell'educazione, gestori delle strutture e delle attività della parrocchia).

I limiti di un modello comunitario che tende a identificarsi con gli «impegnati» sono evidenti. C'è il pericolo di un elitarismo che impone a tutti un modello di cristiano che va meglio determinato. Esiste la tentazione di non valorizzare il modello tradizionale di cattolicesimo. E si favorisce la fragilità del tessuto comunitario troppo esposto all'emotività e a valori soggettivi

Bisognerà, nei prossimi anni a cercare di articolare la proposta e il sostegno pastorale alla nuova idea di comunità. Si cercherà da una parte di accogliere con larghezza la domanda religiosa e di sostenerla e nutrirla con itinerari e nuovi contenuti. Si cercherà, d'altra parte, di favorire generosamente le nuove richieste di formazione e contemporaneamente di aprire la figura degli impegnati alle esigenze della parrocchia intera.

Ovviamente le proposte e i modelli che proporremo con più insistenza saranno per tutti quelli conciliari.

Per quanto riguarda la dimensione dell'appartenenza ci sembra debba essere portata avanti la proposta di un'appartenenza «dialettica»: la parrocchia, cioè, non s'è proposta e non si dovrà proporre, come ambito di appartenenza globale e inglobante, ma come luogo simbolico di momenti forti di fraternità e di formazione che rimanda poi alla diversificata e complessa appartenenza cui l'uomo d'oggi è chiamato: riunione e unità in momenti forti ecclesiali e dispersione e immersione nel mondo o nei mondi dell'esistenza quotidiana.

OSSERVAZIONI

La fortuna della nostra situazione è data dalla notevole forza che ancora ha la religione tradizionale e la domanda religiosa e dalla cordiale accoglienza che in genere viene data alla riforma conciliare. Si direbbe che la difficoltà sta più dalla parte del discernimento pastorale: dalla capacità cioè - da parte dei responsabili della pastorale - di proporre concreti cammini e concrete "figure" di appartenenza e di vita ecclesiale. La povertà di tale discernimento sembra dipendere anche dalla scarsa coscienza - nei preti e nei laici - del "momento" di profondo passaggio che stiamo vivendo. Chi vive immerso nella domanda religiosa tradizionale non capisce perché bisogna porre problemi. Chi sente la necessità di un nuovo modo di essere Chiesa soffre in genere di due malattie: quella del "soggettivismo" che fa interessare alla Chiesa solo per il vantaggio emotivo e gratificante che essa promette; quella del "dubbio" che interessarsi della Chiesa sia davvero cosa seria e vitale, tale da chiedere sacrifici.

Strutture comunitarie

Per strutture comunitarie intendiamo quei luoghi e quei gruppi che sono i modi attraverso i quali la comunità agisce e fa pastorale

1- Il Consiglio Pastorale Parrocchiale

* Il Consiglio Pastorale - che raccoglie laici, suora e parroco è il momento della consultazione e del discernimento pastorale più significativo. In questi anni ci sembra di aver raccolto alcuni meccanismi che l'hanno tenuto in piedi. Il fatto, per esempio, che i membri sono in parte rappresentativi di gruppi parrocchiali e in parte eletti dalla comunità. Il fatto che i lavori - oltre alle urgenze - seguono la pista del programma pastorale della comunità. Il fatto che le riunioni uniscono momenti di valutazioni e impressioni immediate a percorsi di riflessione e di studio. Il fatto che i lavori si concludono sempre con la proposta di un «progetto» per la comunità e con l'incarico affidato a qualcuno o a qualche struttura già esistente di interpretare ed eseguire il progetto.

2- L'Oratorio

* L'Oratorio, grazie ai nuovi ambienti e a quelli da completare, è (e dovrà diventarlo sempre più) una struttura importante a servizio della pastorale dei giovani e dei ragazzi. Anch'esso dovrà cercare di darsi un'organizzazione più collegiale: ad affiancare il prete sarebbe necessario un gruppo di animatori che si dia forma di «Consiglio di Oratorio». Inoltre, dovrà aggiornare le sue proposte e i suoi stili distinguendo meglio i livelli della sua proposta: l'accoglienza di tutti e soprattutto dei ragazzi con maggior difficoltà; l'organizzazione del gioco e di spazi ricreativi e culturali; la proposta spirituale di costruzione delle coscienze, di preghiera e di catechesi.

Ci sembra importante richiamare il ruolo e le finalità di questa struttura cosi centrale e necessaria per la nostra comunità, così come sono state espresse nel "Progetto Educativo"

La posizione strategica dell'oratorio

Quando si parla di oratorio con persone che vivono in realtà dove questo è presente da diversi anni capita di sentire fare riferimento a due rischi che l'oratorio stesso può correre e che lo portano a non svolgere la funzione educativa che gli è propria.

Un primo rischio dell'oratorio è quello che diventi un semplice contenitore di presenze, tanto da non diversificarsi in nulla dai luoghi "profani" e che venga a mancare la sua tensione religiosa ed educativa.

Il rischio opposto ma altrettanto presente è invece quello che porta l'oratorio a chiudersi su sé stesso, a diventare un rifugio per persone che, coscientemente o meno, non vogliono sporcarsi le mani, non vogliono compromettersi con "il mondo" ma in definitiva cercano solo un posto dove stare tranquilli senza doversi mai mettere in discussione; in altre parole l'oratorio diverrebbe un luogo di totale diversità rispetto all'esterno smettendo di essere punto di incontro, confronto, crescita.

Se consideriamo la nostra realtà, se pensiamo a come già i gruppi stanno lavorando cercando fra le altre cose di coinvolgere il maggior numero di persone, sembra che questi rischi non ci possano toccare; in realtà è meglio non considerarsi e tener sempre presente quella che è e deve essere la posizione strategica dell'oratorio. E quando si parla di "posizione strategica" non ci si riferisce certo ad un luogo geografico ma ad un luogo "umano", cioè una posizione ben precisa all'interno della rete di relazioni umane della nostra comunità.

Ma quale dovrebbe essere questa posizione?

Quella di essere luogo di cerniera tra "strada" e "chiesa"...e l'oratorio deve sempre fare i conti con questa sua natura intermedia. Non può certo illudersi di farlo solo attraverso momenti di riferimento al sacro (preghiera in alcune situazioni, Messa dei ragazzi) perché ciò porterebbe a vedere la religione come un elemento posticcio, ma non può nemmeno ridursi a contenitore di presenze incontrollate e, per così dire, autogestite, e rinunciare così alla sua funzione educativa.

E' quindi doveroso da parte del nostro oratorio proporre un progetto educativo che lasci comunque la possibilità ai giovani che vi si accostano di porsi a vari livelli a secondo del proprio grado di maturazione umana, civile e religiosa, perché possano eventualmente far proprie scelte di ulteriore maturazione e responsabilità

PRIMO LIVELLO. E' quello che dà a tutti i ragazzi, adolescenti e giovani la possibilità di usufruire delle strutture dell'oratorio, di socializzare intorno ad interessi comuni, di vivere il tempo libero e lo sport.

A questo livello l'intervento educativo si limita a richiedere il rispetto delle regole, dei tempi e delle attività che l'oratorio stesso propone, la disciplina e la lealtà nei confronti delle persone.

SECONDO LIVELLO. Per chi desidera ed ha capito e vuole gustare la gioia della partecipazione è proposto un secondo livello che dà la possibilità di partecipare alla gestione ed all'animazione delle attività stesse dell'oratorio (sportive, ricreative, ludiche, culturali e caritative), nonchè di inventarne di nuove.

TERZO LIVELLO. E' quello che arriva al cuore dell'esperienza oratoriana e che vede la formazione di gruppi impegnati a vivere una seria e profonda esperienza cristiana, dove è possibile lo spazio della riflessione, del confronto, della condivisione del proprio cammino di fede attraverso la catechesi, l'esercizio della carità, del servizio gratuito, della scoperta della propria vocazione nella chiesa e nel mondo.

Il Progetto Educativo

Il Progetto educativo si basa su alcuni principi fondamentali che devono caratterizzare tutto il nostro intervento educativo:

Parte considerando i ragazzi, le attese e le esigenze dettate dalla loro età e dalla comunità religiosa e civile nella quale sono inseriti, con le problematiche connesse.
Si vuole adottare quello che viene comunemente definito metodo preventivo, cioè fare in modo di prevenire, attraverso un adeguato intervento educativo le eventuali devianze, difficili poi da gestire e da risolvere qualora si manifestino nell'età dell'adolescenza.
Si vogliono trasmettere dei valori più che le cose da dare e ne è uscita l'idea di un oratorio che propone il senso della vita e delle cose attraverso l'annuncio del Vangelo e una gioiosa vita comunitaria, realizzata con:
un'attenta ed adeguata catechesi unita ad una celebrazione della fede che faccia capire l'unità fede - vita;
una gestione intelligente del tempo libero;
una proposta ludico - sportiva da gestire insieme all'Unione Sportiva.
Si cerca di collaborare strettamente con la famiglia, perché l'intento non è tanto quello di avere i ragazzi all'oratorio, ma di poter essere loro di aiuto nella crescita umana e cristiana e fornire un ambiente che sia il più costruttivo possibile. Per questo motivo è auspicabile anche la collaborazione con la scuola e le altre agenzie educative che operano sul territorio.
L'intento è quello di creare un oratorio, in una società che tende a frammentare e ad usare l'individuo, dove, attraverso molteplici attività (catechesi, celebrazioni, sacramenti, gioco, tempo libero, sport) i ragazzi possano ricevere un unico messaggio, il più unitario possibile, e possano scorgere e vivere la gioiosa esperienza cristiana.
Naturalmente la proposta non si rivolge solo ai ragazzi delle elementari e delle medie, ma vuole raggiungere anche gli adolescenti e i giovani. E' una possibilità che si vuole offrire loro perché non siano soli o in balia delle mode del momento nell'affrontare una fase tanto delicata della vita.
Agli adolescenti che diventano giovani è offerta non solo la possibilità di continuare il confronto ed il dialogo sui grandi temi della vita e della fede, bensì è data l'occasione di vivere, attraverso scelte concrete di vita e di servizio, la partecipazione e la gestione reale di situazioni e problematiche che varcano il confine di Cenate Sopra e si estendono ovunque possa esserci un bisogno.
In questo progetto educativo è fondamentale il ruolo e la presenza di giovani impegnati, di adulti appassionati al mondo dei ragazzi, che a vari livelli (animatori, catechisti, volontari, allenatori, dirigenti sportivi, aiutanti nelle varie situazioni importanti che l'oratorio vive...) si pongano come modelli, non tanto e non solo con la parola, ma con l'esempio di una vita che è piena, gioiosa e realizzata anche perché c'è uno spazio per l'altro, da amare e da aiutare in modo disinteressato, proprio come ci ha insegnato Gesù.

Il programma, le attività educative, formative e ricreative, così come gli obiettivi seguiranno le direttive del "Progetto Educativo dell'Oratorio.

3- Il Centro Ricreativo Estivo (CRE)

* Tra i fenomeni nuovi verificatisi nell'Oratorio sono da segnalare: l'importanza assunta dall'animazione che si è istituita nel significativo mese del «CRE» ; della necessità della formazione di un gruppo di animatori; e l'esigenza sempre più personale e soggettiva della fede, per cui la proposta ai giovani non dovrà funzionare tanto come invito generico a partecipare, ma come invito, vocazione e accompagnamento personali.

4- La Caritas Parrocchiale

* La Caritas parrocchiale è un'altra struttura pastorale che sta diventando sempre più. Essa è nata dalla ricchezza di persone che, a livello individuale, da tanto praticano interventi di assistenza, d'aiuto e di accompagnamento. L'aver creato un organismo che soprattutto riflette e prende coscienza della dimensione caritativa della fede e dei bisogni del territorio sta dando buoni risultati. Sta stimolando la comunità a darsi motivazioni e stili più consapevoli. Sta cercando di aprire nuovi campi di attenzione alla carità (per es. gli ammalati psichici... le varie povertà del territorio) e stimola nuovi interventi di volontariato. Sta diffondendo maggiormente nella comunità una coscienza caritativa.

Ci sembra che la Caritas parrocchiale potrà svolgere ancor meglio il suo compito lavorando in sintonia con le direttive diocesane, cercando di proporre alla comunità di camminare lungo quattro itinerari :
Il "costume dell'attenzione", cioè l'abitudine ad interrogarsi sull'identità dei poveri d'oggi e sulle ragioni della loro sofferenza.
La "coscienza della responsabilità", che è il dovere di rispondere in prima persona ai problemi degli ultimi, schierandosi contro il costume della delega.
L' "impegno di condivisione", che esige il superamento della occasionalità nel dare e si estende alla globalità della persona.
La "volontà di creare giustizia", incidendo sulle cause, estendendo l'impegno di carità alla dimensione civica, professionale, socio - politica

5- I Gruppi Parrocchiali

* Alcuni importanti servizi alla comunità sono diventati delle significative «strutture» pastorali.
Il gruppo dei catechisti,
il gruppo dei lettori,
il gruppo dell'Azione Cattolica,

dovranno costituirsi sempre più come luoghi stabili non solo di servizi, ma di coscienza e di elaborazione pastorale e di scambio e di condivisione.

6- I gruppi di Lavoro e per la gestione

* Anche i gruppi di lavoro, di pulizie, di gestione del bar dell'oratorio, del Palio, delle attività ricreative, culturali, la Compagnia teatrale, il Coro..., dovranno costituire sempre più un luogo pastorale importante che esprime, forse più di altri, un atteggiamento di servizio e di cura della comunità.

7- La Commissione Scuola

* Anche se difficili, non dovranno mancare azioni per istituire commissioni pastorali di attenzione al sociale, oltre che per scuola (dove dei passi sono già stati fatti), anche nei campi del lavoro e della politica.

8- Il Bollettino Parrocchiale

* Un compito importante ci sembra abbia svolto il bollettino parrocchiale. Non solo tessendo rapporti e comunicazioni attraverso le informazioni sulle attività parrocchiali, ma proponendosi come luogo di riflessione e di programmazione pastorale. Riportando itinerari, catechesi, predicazioni e tentando un confronto con problemi attuali affrontati nella loro complessità e in un atteggiamento di mediazione, il bollettino è diventato un vero diario pastorale della comunità e un vero piccolo manuale della formazione del parrocchiano.

La missione

1- Chiesa e mondo

* Tutto lo sforzo di costruzione della comunità sta avvenendo in una costante attenzione al "mondo". Sia perché la Parola, il Sacramento, la Fraternità sono pieni di valori umani, e il cristiano è profondamente uomo del suo mondo. Sia perché lo schema conciliare per il quale c'è un unico piano di Dio sul mondo chiamato a diventare Regno attraverso le "due" vie della Chiesa e del mondo, è diventato effettivamente schema spirituale e pastorale portante. Amare la Chiesa e il mondo è diventato per noi un unico amore; così come la passione per la nostra singolarità cristiana non ci distoglie, ma anzi ci spinge alla passione per ciò che è comune con tutti gli uomini.

* Ci siamo impegnati, per quanto ne eravamo capaci, a comprendere il nostro mondo, questo mondo moderno, di cui abbiamo cercato di cogliere alcune caratteristiche fondamentali e di farle diventare pastoralmente operanti. Abbiamo cercato di evitare l'ingenuità del pessimismo e dell'ottimismo, riconducendo sempre la comprensione di questo mondo al giudizio morale dell'uomo, al discernimento che coglie l'ambiguità di ogni realtà umana. Questo continuo confronto con la modernità ci aiuterà a comprendere le esigenze della nuova evangelizzazione promossa dalla riforma conciliare.

* L'apertura al mondo ha introdotto nella nostra coscienza di cristiani lo "choc" delle culture. Facendoci sempre più scoprire il carattere storico e culturale della nostra stessa fede.  (si pensi al disorientamento dovuto al complesso problema della difficile valutazione della secolarizzazione e della "scristianizzazione"). Ma anche mettendoci in contatto con culture diverse dalle nostre e introducendo sempre più nella vita e nella fede di tutti i giorni i problemi delle sorti del mondo, dell'incontro con altre culture e civiltà, e del ruolo della nostra civiltà occidentale...

2- Esigenze di formazione

* Questa apertura della fede al mondo si dovrà tradurre nell'esigenza di una formazione costante di una "nuova spiritualità". Una spiritualità che introduca nella coscienza cristiana la consapevolezza del valore evangelico dell'impegno umano nel mondo, e la responsabilità di una testimonianza che rendendo ragione della propria fede rispetti le ragioni dell'uomo e del mondo.

* Perciò i luoghi comunitari di formazione del cristiano (soprattutto la celebrazione e la catechesi) dovranno cercare di fornire con una certa costanza gli elementi di un discernimento e di una valutazione del nostro mondo moderno. Possedere alcuni criteri comuni di comprensione della "vita d'oggi" è e dovrà essere una preoccupazione costante della proposta pastorale.

3- La missione cattolica

* La tradizionale cura missionaria espressasi nel sostegno - spirituale e materiale - ai missionari e alle missioni cattoliche ha visto un notevole rinnovamento in questi anni, in due direzioni: quella di un riconoscimento di un necessario scambio tra Chiese, al posto di un unilaterale portare la nostra Chiesa a terre pagane; quello di una valorizzazione dell'incontro tra culture e religioni diverse al posto di una "colonizzazione" cristiana occidentale.

* Questo rinnovamento si dovrà tradurre in un nuovo stile di tenere i contatti con i missionari e le missioni e nell'apertura di due nuove esperienze che dovranno essere studiate e proposte dal "Gruppo Missionario"

* E' scarsa nei cristiani la coscienza che anche le parrocchie sono terra di missione e si fatica a coglierne il bisogno di evangelizzazione.

E' utile valorizzare le opportunità evangeliche del mondo moderno ed essere capaci di mediazione, evitando il ricorso ai "metodi forti".

* Occorre andare ai poveri e dare loro Cristo, curare la disaffezione delle nuove generazioni e affidare loro il messaggio evangelico.

Perché ogni persona assuma sensibilità missionaria urge un cambiamento dello stile di vita; sono vari i modi con cui le comunità possono dimostrarsi aperte e missionarie, ad esempio dando maggior sostegno al commercio equo e solidale e alle banche etiche, all'accoglienza di nuclei di famiglie o singoli stranieri, aprendosi all'affido, dando possibilità lavorative ai disabili...

* Una missione che spetta alla comunità è quella di dissodare e fertilizzare il tessuto sociale permeandolo della mentalità cristiana.

Alcuni ambiti prioritari di impegno

Dopo il recente convegno di Palermo e i Miniconvegni Vicariali ci sembra necessario approfondire la riflessione sugli ambiti di impegno pastorale, su quanto è in essi emerso e dare concreta attuazione ad alcune proposte lì indicate e che ci paiono capaci di dire il vangelo oggi anche nella nostra comunità

1- Cultura e Comunicazione

L'uso dei mezzi di comunicazione chiede un'educazione approfondita

* La cultura è un modo di pensare, una mentalità, uno stile di vita supportati da idee di fondo; da valori provenienti dalla tradizione o di recente nascita. Nel nostro tempo esistono diverse culture che interagiscono tra di. loro venendo spesso in contrasto, anche in presenza di elementi positivi. La comunicazione sociale è la trasmissione della cultura nell'ambito della società. Perché ci possa essere comunicazione sociale sono necessari degli strumenti: il linguaggio audiovisivo. Non c'è possibilità di pastorale senza cultura. C'è contrasto tra cultura del mondo e quella evangelica. Talora sembra che la cultura mondana faccia breccia anche tra i cristiani, con conseguente allontanamento e fuga dalla Chiesa portatrice di cultura cristiana.

Il mondo moderno è attraversato dalla comunicazione di massa, che pone dei problemi anche alla comunità ecclesiale. Certamente il cristianesimo possiede una cultura specifica; il vero problema è quello di riuscire a diffondere tale cultura.

* Da quest'anno la nostra parrocchia è dotata di un nuovo strumento importante - la sala del cinema - teatro - per promuovere e diffondere una cultura che sappia dire il vangelo parlando il linguaggio audiovisivo dell'uomo moderno.

Dovremo imparare ad utilizzarla al meglio offrendo proposte valide e coinvolgenti. Il gruppo per le attività culturali avrà cura di studiarne le varie possibilità.

Proposte

Alcuni atteggiamenti, così come alcune proposte ci paiono particolarmente interessanti e attualizzabili, magari a livello vicariale
Ritrovare il tempo per la riflessione, rivalutando lo stile di vita cristiano;
Predisporre una commissione a livello vicariale ed intervicariale per promuovere proposte innovative per i giovani e gli adolescenti improntate a coordinare le iniziative e favorire l'avvicinamento dei vari gruppi parrocchiali e altre culture;
Corsi di formazione per operatori, educatori, animatori per migliorare l'utilizzo dei linguaggi concettuali, liturgico e audiovisivo;
Educare il popolo di Dio all'uso di tali strumenti al fine di promuovere il senso critico con maggiore coraggio e continuità
Raccomandare il metodo induttivo nella comunicazione (partire dall'uomo per arrivare a Cristo);
Potenziamento della stampa cattolica, in particolare del bollettino parrocchiale, del settimanale e del quotidiano;
Recupero urgente dei carismi laicali nell'ambito delle comunicazioni ecclesiali, sulla concretezza delle esperienze.

2- L'impegno socio - politico

Fedeltà al Vangelo e all'uomo nell'impegno socio - politico

* L'analisi della situazione attuale risulta piuttosto amara in quanto si è pienamente consapevoli del "vuoto politico" in cui ora ci si deve muovere.

La caduta dei partiti ed il loro frantumarsi, ha comportato il venir meno di quei luoghi di aggregazione e di incontro che, seppur con i loro limiti - a volte anche notevoli - rappresentavano tuttavia una palestra per la formazione di gente attenta alle istanze sociali e politiche. Ora non c'è più niente di tutto questo. Ci sembra allora che debba essere la comunità ecclesiale a farsi carico di colmare questo vuoto, con l'esigenza appunto di un "recupero ecclesiale" del tema politico. E' la comunità che deve assumersi la responsabilità di formare gli "uomini nuovi" del sociale e del politico futuri. Come? Attraverso la fedeltà al Vangelo e all'uomo nella storia.

Proposte

* Il cristiano che si impegna nel sociale e nel politico deve prestare attenzione ad una duplice fedeltà : la fedeltà al vangelo e la fedeltà all'uomo.

La fedeltà al Vangelo, in quanto una spiritualità rinnovata deve essere il fondamento per una scelta politica; la preghiera e la vita comunitaria, il nutrimento dell'uomo che intende vivere per la collettività.

Poi la fedeltà all'uomo, la quale comporta la capacità, non facile. Di saper leggere nella storia per dare risposte - e possibilmente certezze - alle ansie dell'uomo di oggi sotto molti aspetti frastornato e confuso.

Tutto questo richiede una attenzione particolare :
alla famiglia,
alla scuola come luogo di formazione e non solo di informazione,
al lavoro,
all'uso di un linguaggio che deve essere strumento non di lotta e di scontro, ma di un franco confronto e di una comunicazione onesta e sincera.

Per raggiungere tali obiettivi sarebbe auspicabile:
Un recupero della spiritualità, nella pastorale ordinaria attraverso la liturgia e la predicazione,
La creazione di "luoghi e occasioni di incontro" dove poter discutere e confrontarsi,
Nell'incrementare a livello vicariale e intervicariale le Scuole di formazione all'impegno socio - politico.

3- I Poveri

Per antiche e nuove povertà è urgente una cultura solidale

Ormai pare chiaro a tutti che la figura del "povero" non esclusivamente legata alla tossicodipendenza, alla malattia, alla miseria, all'immigrazione.
E' povero anche chi è sfiduciato e trova tra i propri simili disattenzione e indifferenza.
E' povero chi non riconosce di aver bisogno di formazione.
E' povero chi è incapace di educare i propri figli.

Sono molte le persone che operano nel volontariato come adesione al Vangelo della carità, ma per coprire le necessità la comunità ha bisogno di molte mani e di molti cuori. Che cosa manca a tante persone, specialmente giovani, per decidere di dedicare la propria vita al prossimo, per amore? Forse una proposta personale e concreta.

Proposte

Anche qui, alcuni attenzioni, ci sembrano essenziali per dire con maggior forza il vangelo della carità :
Sarà necessario promuovere la cultura della solidarietà attraverso la catechesi, la predicazione perché i diversi volti della povertà umana siano messi al centro della vita della comunità.
E' pure necessario dare più voce ai poveri all'interno degli organismi pastorali perché chi vive la povertà sulla propria pelle può rappresentare una risorsa enorme per la comunità.
A livello vicariale è opportuno un coordinamento tra i vari gruppi operanti nell'ambito della povertà e dell'emarginazione nella parrocchia e nel territorio del vicariato..
Un altro segno dell'attenzione ai poveri potrebbe consistere nel predisporre o potenziare Centri di prima accoglienza, valorizzando magari edifici di proprietà delle parrocchie del vicariato o della diocesi

Il Gruppo Caritas della nostra comunità pensiamo possa lavorare per promuovere sempre più questa sensibilità con iniziative peraltro già indicate.

4- La Famiglia

La famiglia, un valore fondamentale nella società in grande cambiamento

* Nella nostra realtà territoriale la famiglia e vissuta come un valore, ma ha bisogno di essere sostenuta e valorizzata perché le separazioni e le convivenze, pur presenti in percentuali ridotte, la vedono proiettata in un futuro incerto. L'odierna vita familiare si presenta gravata da tutte le problematiche legate sia alla diversità dei suoi componenti che alle necessità pratiche da gestire: alloggio, lavoro e conduzione domestica, oltre ad essere pressata dalle esigenze provenienti dal consumismo e dalle comunicazioni di massa.

Le necessità materiali quando prendono il sopravvento sulla spiritualità incentivano l'egoismo nei singoli e disinteresse nella comunità. Per questo avvertiamo il bisogno di spiritualità individuale che alimenti poi quella coniugale e familiare. La dimensione spirituale va vissuta nella quotidianità, pur nelle numerose difficoltà va, per questo, sostenuta ed accresciuta con la preghiera e la catechesi affinché ognuno divenga testimone per gli altri.

* E' necessario che le giovani coppie si accostino al matrimonio con la consapevolezza degli impegni che si assumono e del ruolo che occupano. E' necessario che i corsi di preparazione al matrimonio abbiano una continuazione anche dopo la celebrazione del Sacramento, così da favorire la costituzione di gruppi famiglia per scambi relazionali e per confronti educativi.

I genitori, durante il percorso formativo spirituale dei figli, specialmente in preparazione ai Sacramenti della iniziazione cristiana, sono chiamati a riscoprire le conoscenze catechistiche, spesso abbandonate. Si avverte la necessità di una catechesi chiara, idonea ai destinatari ed incisiva oltre ad essere prolungata nell'età e rivolta, in particolar modo, ad adolescenti e giovani.

* Si sta cercando di raggiungere anche le nuove famiglie che provengono da altri paesi e che non sono ancora bene integrate nella nostra realtà e quindi vivono ai margini della vita della comunità parrocchiale attraverso il bollettino parrocchiale ; i risultati però non sono sempre incoraggianti. L'oratorio potrà avere un ruolo importante nell'accoglienza e nell'apertura alle famiglie, soprattutto quelle giovani creando occasioni di festa che diventano momenti di gioioso ritrovo, conoscenza reciproca ed accoglienza.

Proposte

Pensiamo sia possibile aiutare la famiglia di oggi, più povera di componenti rispetto a una volta, vincere il proprio individualismo e la paura del futuro dando concretezza ad alcune indicazioni, come :
Cercare di recuperare la spiritualità individuale del cristiano;
Utilizzare le risorse umane ed intellettive presenti nel nostro ambiente;
Promuovere incontri di formazione per rendere i genitori degli educatori attenti e preparati;
Divulgare le informazioni sui centri di aiuto alla vita ed alla famiglia già presenti nella diocesi ;
Predisporre momenti di ritrovo per giovani coppie;
Valorizzare l'associazionismo perché si sviluppino delle forze politiche idonee a tutelare la famiglia.

5- I Giovani

Esempi e testimonianze concrete per accostare il mondo giovanili

Il desiderio della comunità ecclesiale di incontrare i giovani, si scontra con alcune difficoltà riconducibili anche al binario linguaggio - comunicazione.

Si tratta di difficoltà di comprensione dovute in buona parte alla trasformazione (soprattutto di questi ultimi anni) della società e dei valori in essa insiti.

Poiché i giovani riflettono l'immagine della comunità, una particolare sottolineatura va data alla mancanza di esempi e di testimonianze da parte di figure adulte sia nell'ambito familiare che sociale, causato in parte dalla mancanza di scambio e di apertura al dialogo.

Va anche considerata la difficoltà dei giovani a distinguere cos'è bene e cos'è male ed il rifiuto ad assumersi l'impegno relativo al cammino di fede, atteggiamento giustificato dalla generale apatia e dalla mancanza di ricerca interiore.

Ed è all'interno di tale contesto che la comunità ecclesiale si trova a dover operare, senza la pretesa di fornire certezze assolute, ma senza rinunciare a stimolare i giovani perché si pongano delle domande "esistenziali", riscoprendo nella fede la risposta al dubbio e creando in tal modo uno stretto rapporto tra la fede e la vita.

Indispensabile ci sembra il proporre cammini di fede differenziati a seconda della "qualità" dei destinatari (vicini - lontani).

Proposte

Alcune proposte crediamo possano incontrare il favore dei giovani e riuscire nell'intento di presentare una fede strettamente legata alla vita . Così si potrebbe :
Proporre una "Lectio Divina" con particolari itinerari di fede per i giovani;
Coinvolgere i giovani in opere di servizio e volontariato inerenti a diversi ambiti sociali;
Individuare forme alternative di catechesi attraverso un linguaggio più vicino alla realtà.
Incontri di programmazione e scambino di idee tra gli operatori pastorali del vicariato per cogliere gli aspetti positivi della cultura giovanile;
Favorire gli incontri tra i gruppi di giovani delle diverse parrocchie in attività ludiche e formative;

Programma Pastorale 1996 - 97

La Chiesa di Bergamo da alcuni anni ha fatto la scelta pastorale di proporre un programma pastorale unitario, benché non uniforme, per valorizzare e sostenere gli sforzi pastorali che in ogni comunità cristiana si stanno svolgendo.

Le linee del programma unitario sono quelle tracciate dal programma pastorale diocesano 1994-1996, che propone una profonda revisione degli stili pastorali, richiesta dall'esigenza della nuova evangelizzazione, valorizzando le pratiche religiose ancora vive e sentite nel popolo dl Dio e nello stesso tempo, nella ricerca di una coscienza cristiana più consapevole.

1.1 Premesse

Questo lavoro pastorale si è dimostrato in questi anni di non facile comprensione e attuazione, evidenziando che la sua realizzazione esige tempi lunghi, pazienza e metodo, nonché iniziative e strutture di accompagnamento momenti di costante verifica comune e dialogica. Da questo nasce la proposta di inserire il programma pastorale per l'anno 1996-97 in un cammino programmatico più disteso, che cerchi di porre alcune scadenze e di prevedere alcune attività che permettano di realizzare l'intento del programma pastorale in corso.

Il lavoro svolto dalla nostra comunità nell'esecuzione del programma pastorale diocesano (1994-96) si è concretizzato per lo più nell'attivazione di iniziative di coinvolgimento e di organizzazione delle pratiche pastorali attorno a un calendario meglio strutturato che in passato. Nella nostra, come in molte parrocchie si è lavorato infatti in ordine all'analisi della situazione e all'individuazione di risorse ecclesiali e comunitarie finora poco conosciute e poco valorizzate.

Il lavoro da svolgere riguarda soprattutto la comprensione di uno stile nuovo di fare pastorale, fatto di

- ripresa e valorizzazione del lavoro pastorale svolto finora

- ascolto umile e critico della realtà,

- coinvolgimento attivo e responsabile dl tutte le componenti della comunità cristiana

- rilettura liturgica teologicamente informata della testimonianza cristiana,

- apertura nuova al territorio e alla cultura del tempo.

I primi passi di questo nuovo impegno pastorale hanno fatto emergere la consapevolezza della sua obiettiva difficoltà, dovuta soprattutto all'incertezza sul da farsi e alla sfiducia che induce alla tentazione di rifugiarsi nella conservazione di quanto finora fatto.

Lo sforzo di aprire nuovi orizzonti, ampi, ma inesplorati e perciò destabilizzanti, ha messo in evidenza l'inadeguatezza delle risorse personali e comunitarie a disposizione della nostra parrocchia.

Queste considerazioni confermano che la nostra situazione è appunto quella che fa da sfondo alla richiesta della nuova evangelizzazione. Senza cadere nello scoraggiamento, è allora opportuno e doveroso che a livello parrocchiale si affronti con coraggio questa situazione, in spirito di conversione e di ascolto della Parola di Dio e secondo le linee emerse dal programma pastorale diocesano, confermate dal Papa al recente Convegno di Palermo, affermando che oggi non è più l'epoca della conservazione, ma è quella della missione. Ciò significa riconoscere l'attuale come un'epoca di forte mutamento storico e culturale, cui deve corrispondere un profondo rinnovamento della Chiesa.

Per fare questo occorre un costante cammino di conversione attivare un processo di programmazione che ha come scopo quello di creare le condizioni per ascoltare il Signore che parla oggi, per amarlo e per testimoniano agli altri.

1.2 Criteri di fondo

Il lavoro di programmazione che la nostra parrocchia, in comunione con la diocesi, è chiamata a svolgere nei prossimi anni deve assumere i seguenti criteri di fondo, evidenziati dai quattro obiettivi del Convegno di Palermo, presenti anche nel programma pastorale diocesano in corso e ripresi efficacemente dai miniconvegni diocesani.

1. Valorizzazione del laicato (favorendone la formazione, valorizzandone la competenza e individuandone una nuova e più ampia ministerialità) e rinnovamento delle forme di presenza ministeriali del presbiterio;

2. presa in carico della crisi del rapporto tra Chiesa e mondo, nella ricerca di una nuova identità cristiana e di una nuova pastorale della laicità, in linea con una rinnovata missionarietà In un ambiente sempre più frammentato e complesso, che pone Inediti problemi dl rapporti tra culture e religioni (problema del rapporto tra confessionalità e laicità, rapporti interculturali, rapporto con la modernità;

3. ridefinizione della vita comunitaria e dello stile pastorale a partire dalla dimensione comunionale secondo le linee proposte dell'Anno Liturgico;

4. orientamento della prassi pastorale alla vita secondo lo Spirito; nella formazione, nella comunione, nella missione e nella testimonianza.

Il programma pastorale si coniugherà con alcune scadenze e concomitanze che Interessano la Chiesa diocesana e universale e che possono così essere riassunte:

1. la visita pastorale del Vescov~ alla Diocesi,

2. l'avvio del cammino verso il terzo millennio e il Giubileo dell'anno Duemila,

3. la valorizzazione della figura di 5. Gregorio Barbarigo (III centenario della morte).

1.3 Atteggiamenti operativi

Il lavoro di programmazione, che qui si propone, concentra la sua attenzione particolare sulle pratiche pastorali che permettono di raggiungere il fine della vita cristiana. Per questo motivo, nella fedeltà alla Parola di Dio, alla Tradizione e al Magistero della Chiesa, si prospetta la necessità di andare alla ricerca di pratiche nuove, o di rinnovare quelle tradizionali, in modo più evangelicamente attento alla cultura e alla condizione storica, nella consapevolezza che esse, pur indispensabili, restano comunque parziali.

Gli ambiti di intervento per la realizzazione del programma pastorale sono perciò:

- la revisione delle prassi pastorali a partire dalle tematiche fondamentali della pastorale e della vita della Chiesa (analisi) (cfr allegato per il sessennio)

- l'acquisizione di una nuova coscienza pastorale (interpretazione),

- il rinnovamento delle pratiche pastorali (progetto),

- la costante verifica comunitaria. (verifica)

2. Il programma per il 1996-97

In seguito alla celebrazione del miniconvegni è emersa la richiesta di non lasciar cadere l'esperienza di dialogo e di condivisione responsabile e matura della sollecitudine per la Chiesa realizzata nel lavoro preparatorio del convegni stessi. Questa si accorda molto bene con le prospettive del programma pastorale in corso, ma chiede di essere articolata con metodo, affinché vengano irrobustite le competenze, le strutture e le metodologie di cooperazione e di dialogo tra le varie componenti della Chiesa di Bergamo.

L'obiettivo del programma pastorale 1996-97 è di rispondere alla domanda:

«Come si costruisce la comunità cristiana con uno stile evangelico, sulla linea dell'ecclesiologia del Vaticano II° ?

L'ecclesiologia del Vaticano Il si caratterizza come un'ecclesiologia di comunione con Dio e con gli uomini, che trova nella corresponsabile partecipazione e nella valorizzazione del carismi un momento significativo e forte. Per fare ciò sembra necessario porsi alla ricerca di una nuova ministerialità e di una ridefinizione dei ruoli ecclesiali.

Il lavoro del programma pastorale di quest'anno concentrerà la sua attenzione alle strutture dì comunicazione, di cooperazione e di corresponsabilità della comunità ecclesiale, per vedere fino a che punto esse sono veramente evangeliche e veramente sono capaci di creare comunione in modo testimoniale ed efficace.

Per trovare i criteri di evangelicità della vita delle nostre comunità ci lasceremo guidare da alcuni Atteggiamenti spirituali che si riferiscono alla figura di Gesù Cristo, tema proposto dalla Tertio Millennio Adveniente. La comunità cristiana non è autentica se non è profondamente unita a Gesù Cristo e se non testimonia lo Spirito che anima.

Per questo motivo non è possibile un lavoro pastorale sul dialogo nella Chiesa se non si fonda sulla fede come atto e come contenuto; all'appello di Cristo risponde la fede come abbandono fiduciale alla Rivelazione.

Le condizioni di questa risposta di fede sono quelle della penitenza e della conversione con cui l'uomo e la comunità rileggono la loro vita per dischiuderla al Signore.

2.1 Il clima evangelico in cui lavorare

Il lavoro di revisione della vita pastorale, di analisi della situazione, di denuncia delle lentezze, di assunzione di speranza e di condivisione dell'impegno: in una parola il rinnovamento della Chiesa, che il programma pastorale vuol favorire, dovrà porre specifica attenzione a come ogni gruppo, ogni associazione, ogni struttura di comunione e di confronto, ogni struttura di governo e di formazione... delle nostre comunità cristiane si pone

- in ascolto della Parola di Dio

- in ascolto della voce dello Spirito Santo che agisce nella storia di oggi

- e si sforza di costruire e curare le strutture comunitarie che rendono possibile e viva la fede oggi nella concreta comunità cristiana, verificandone il carattere evangelico.

In questo cammino la figura di S. Gregorio Barbarigo è significativa della situazione della riforma tridentina a Bergamo e costituisce uno stimolo per l'analogo sforzo di applicazione del Vaticano li oggi.

2.2 Il lavoro pastorale

Si dovrà puntare a creare e consolidare le strutture di dialogo e di comunione della parrocchia, ma contemporaneamente si dovrà consolidare e organizzare le disponibilità e le competenze degli operatori pastorali che il lavoro di programmazione dello scorso biennio e dei miniconvegni hanno indicato.

Per fare ciò occorrerà

- creare o riorganizzare le strutture pastorali e organizzative della comunione, del confronto e della corresponsabilità, quali il consiglio pastorale parrocchiale, Il Cpae, il consiglio dell'oratorio, la Caritas parrocchiale, eventuali consulte di associazioni o di gruppi...

- curare la comunione tra le diverse componenti della comunità,

- impegnarsi nella linea della formazione degli operatori pastorali, del loro coordinamento e della riqualificazione delle figure ministeriali attualmente in atto.

2.3 Più in concreto:

alla luce del lavoro svolto negli scorsi anni, la parrocchia si impegnerà a :

- verificare la consistenza, la competenza e la disponibilità delle persone che lavorano in parrocchia,

- verificare la presenza, la vitalità e la collaborazione delle associazioni e del movimenti che operano sul territorio della parrocchia,

- verificare le strutture di confronto e di dialogo che permettono a questi operatori pastorali di ascoltare la Parola di Pio, di rileggere la realtà presente e di dialogare con gli altri a partire da un comune progetto pastorale;

- riprendere le schede operative della prima fase del lavoro pastorale del programma diocesano,

- riprendere il lavoro degli ambiti dei miniconvegni.

Questo lavoro non si propone di programmare nuove attività, ma di

- consolidare le strutture di dialogo e di lavoro,

- riproporre un calendario comune a partire dall'Anno Liturgico,

- capire i meccanismi che impediscono il dialogo e la comprensione,

- ridefinire il ruolo del clero, dei religiosi e dei laici,

- porre gesti di perdono e dl riconciliazione.

Come figura simbolica di riferimento del programma pastorale per il 1996-97 si pone la categoria di Incontro: l'incontro con Cristo e con la comunità degli uomini che produce la fraternità ecclesiale e che apre alla missione.

2.4 Come lavorare?

Il lavoro del programma pastorale andrà affrontato coinvolgendo tutta la comunità in alcuni momenti di comunicazione e di dibattito, ma dovrà essere elaborato da alcune persone significative e rappresentative, in collegamento con il Consiglio Pastorale parrocchiale.

Le Istituzioni parrocchiali da verificare e da coordinare possono essere il Consiglio Pastorale, il Consiglio per gli affari economici, la Caritas parrocchiale, l'Azione Cattolica e tutti i gruppi parrocchiali.

Qualcosa di analogo potrebbe essere svolto a livello interparrocchiale e vicariale, aggiungendo In questo caso j Consigli presbiterale e pastorale vicariali e cercando la possibilità di inventare nuove forme di collaborazione e di formazione vicariale.

Opportuno sarà sottoporre a verifica i luoghi, i tempi e lo stile di comunicazione che avviene in parrocchia tra le varie componenti; il metodo di dialogo e di reciproco sostegno e aiuto, Il metodo di concertazione e di corresponsabilità, i tempi e i modi della formazione delle persone e dei gruppi.

Sarà poi bene verificare queste prassi e queste istituzioni alla luce dei cammini di formazione, di spiritualità, di comunione e di missione che essi sanno esprimere.

Infine bisognerebbe considerare quali spazi per un'azione sovrapparrocchiale si aprono in una rilettura dei ministeri ecclesiali.

 

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