Capitolo 29 - Marito?
"No!" Protesto, e la mia voce vibra così aggressiva e arrabbiata che l'uomo più piccolo fa un passo indietro ed anche Vancilea si ferma mi guarda con uno stupore quasi ammirato.
Ma è solo un attimo e mi sorride triste come a confermarmi che è proprio tutto finito.
Il bestione mi appoggia la mano sulla spalla e mi fa capire che, se vuole, può staccarmi il braccio con un solo movimento e nello stesso istante il suo compare prende Vancilea per il braccio e comincia a portarla, senza che lei gli resista, verso le scale.
E' troppo! Cerco di muovermi, ma la mano del bestione mi tiene la spalla come se fosse una maniglia. Allora mi abbasso e sguscio via dopo di che raggiungo Vancilea con tre balzi e la ragazza mi guarda con lo stesso stupore di prima, ma ora anche spaventata, e fa appena in tempo a dire: che il bestione, che non è solo grosso, ma è anche abbastanza agile, si mette tra noi due.
Grosso o no, io voglio passare e, con le due mani unite, lo colpisco poco sopra lo stomaco. Ci metto tutta la mia rabbia e credo che se avessi davanti un muro lo sfonderei. Invece niente, e guardo incredulo il bestione ancora in piedi e solo con una smorfia di dolore e ferocia che gli deforma il viso. Vedo come in un film il suo pugno enorme che si alza, arretra e scatta in avanti.
"Oh! Oh! Che guaio!"
Il diretto delle 13 e 15 arriva una frazione di secondo dopo, in perfetto orario, sul mio naso.
Come certi momenti della vita fuggono via velocissimi, così altri istanti si prolungano a dismisura, simili ad un elastico che si tira, si tira e continua ad allungarsi. Così ricordo tutto di quella mano enorme che s'ingrandisce avvicinandosi a me, ricordo la sensazione di strabismo dei miei occhi sempre più convergenti sul punto d'impatto, i peli neri sulle nocche di quel pugno, il gridolino supplichevole di Vancilea e la deformazione progressiva del mio naso e di tutto il viso all'arrivo del diretto.
Perdo conoscenza, ma solo dopo la bizzarra sensazione del mio corpo che, da verticale, è passato ad essere orizzontale in una posizione di quasi-levitazione.
Penso che sto per precipitare sul pavimento e mi chiedo che fine hanno fatto il pacchetto delle paste dolci e quello del pollo. Delle bottiglie di spumante invece non mi ricordo. Penso ancora che, probabilmente, sto per sentire un dolore atroce.
Invece non ricordo nulla di quando arriva l'impatto sul pavimento e di un po' del tempo che deve essere seguito.

Mi risveglio con un urlo di dolore e sento una qualcosa di pesante e caldo che si solleva dal mio viso.
Cerco di muovermi, anche se mi fa male tutto, ma non male quanto il naso. Cerco di capire, ma i dati arrivano al mio cervello in disordine ed ad intervalli:
Sono in cucina. Nel mio alloggio.
La finestra è aperta. C'è sole.
Sono seduto. Sono su una sedia. Sulla sdraio. Sdraiato.
Il naso. Mi sanguina! Mi sanguina il naso.
Qualcuno. Il bestione.
Mi guarda e sorride. Una voce dialettale e un po' impacciata: "Non ti ho rotto il naso! Sei fortunato!"
Sono fortunato?
Cercherei di alzarmi, ma appena penso di farlo mi gira la testa. L'uomo mi tocca ancora il volto e mi osserva. Scopro che le sue mani sanno anche lavorare con leggerezza.
"Sei fortunato. Ho frenato un po' il pugno e così non ti ho rovinato." Mi guarda pensieroso e scuote il capo.
"Vancilea ..." Provo a dire e lui mi guarda perplesso e capisco d'improvviso quanto quel nome sia falso e impossibile.
Mi correggo: "La ragazza! Dov'è?"
Nega con la testa: "Nessuna ragazza. Non c'è mai stata nessuna ragazza qui!"
Cerco di alzarmi e il bestione mi porge un asciugamano con cui tamponare il sangue.
Respiro con la bocca e poi insisto: "Dov'è la ragazza?".
"Sei un testardo." Osserva con simpatia.
Poi allunga una mano sul pacchetto delle paste dolci che si è aperto e commenta: "Si sono schiacciate." Ne prende una e la mangia: "Buone!"
"Dov'è la ragazza?"
Alza le spalle: "Dove deve essere? Va a casa sua."
"Da suo padre?"
Mi guarda con stupore, poi alza ancora le spalle.
"Da suo marito, piuttosto."
Ci resto di sale e rifiuto di credergli: "Come si chiama?"
"Chi?"
"La ragazza!"
Si lecca le dita e mangia un doppia pasta dolce nata dall'impastamento di un cannolo con un bignè alla la crema: "Buone davvero! Quale ragazza?".
Vado al frigorifero, afferro con rabbia la bottiglia del latte e me la poso sul naso per raffreddarlo: "Come si chiama?"
Mi guarda attento, forse preoccupato che la bottiglia del latte non gliela spacchi in testa: "Tu non lo sai?"
"No!"
Scuote la testa e ammicca benevolo: "Sei un ragazzo simpatico. Ed a posto. Trovati un'altra amica. E scusami per il pugno."

Mi viene voglia di piangere. L'unica traccia che mi rimane Vancilea è un bestione che non ha voglia di dirmi nulla.
Anzi, ora fa lui le domande: "Quanti giorni è stata con te?"
Gli racconto tutto, dalla panchina della stazione e dai colombi fino a questa mattina. Non m'importa più di niente e sto male. Cadendo deve avere anche battuto la testa e devo essermi fatto un grosso bernoccolo tra i capelli.
Il bestione ascolta semiserio, ma almeno non commenta e non ride.
Gli racconto tutto di me e Vancilea, ma non della nostra notte d'amore insieme e della voglia di continuare che ho ancora.
Quando ho finito di raccontare lo guardo: "Voglio rivederla."
"Perché?"
"Stavo bene con lei. Eravamo diventati amici."
Scuote la testa: "Non è una ragazza che puoi avere. E' un po' bizzarra ed ogni tanto scappa e fa qualche pazzia. Ma adesso la stanno riportando a casa e lei sa che il suo posto e lì."
"Col marito?"
Esita molto a rispondere, poi alza le spalle: "Certo: col marito. Lui le vuole bene ed anche lei gliene vuole. Solo che è un po' pazza. Ma una cosa giusta te l'ha detta: che devi dimenticarla."


Salvario
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