Mi risveglio con un urlo di dolore e sento una qualcosa di pesante e caldo che si solleva dal mio viso.
Cerco di muovermi, anche se mi fa male tutto, ma non male quanto il naso. Cerco di capire, ma i dati arrivano al mio cervello in disordine ed ad intervalli:
Sono in cucina. Nel mio alloggio.
La finestra è aperta. C'è sole.
Sono seduto. Sono su una sedia. Sulla sdraio. Sdraiato.
Il naso. Mi sanguina! Mi sanguina il naso.
Qualcuno. Il bestione.
Mi guarda e sorride. Una voce dialettale e un po' impacciata: "Non ti ho rotto il naso! Sei fortunato!"
Sono fortunato?
Cercherei di alzarmi, ma appena penso di farlo mi gira la testa. L'uomo mi tocca ancora il volto e mi osserva. Scopro che le sue mani sanno anche lavorare con leggerezza.
"Sei fortunato. Ho frenato un po' il pugno e così non ti ho rovinato." Mi guarda pensieroso e scuote il capo.
"Vancilea ..." Provo a dire e lui mi guarda perplesso e capisco d'improvviso quanto quel nome sia falso e impossibile.
Mi correggo: "La ragazza! Dov'è?"
Nega con la testa: "Nessuna ragazza. Non c'è mai stata nessuna ragazza qui!"
Cerco di alzarmi e il bestione mi porge un asciugamano con cui tamponare il sangue.
Respiro con la bocca e poi insisto: "Dov'è la ragazza?".
"Sei un testardo." Osserva con simpatia.
Poi allunga una mano sul pacchetto delle paste dolci che si è aperto e commenta: "Si sono schiacciate." Ne prende una e la mangia: "Buone!"
"Dov'è la ragazza?"
Alza le spalle: "Dove deve essere? Va a casa sua."
"Da suo padre?"
Mi guarda con stupore, poi alza ancora le spalle.
"Da suo marito, piuttosto."
Ci resto di sale e rifiuto di credergli: "Come si chiama?"
"Chi?"
"La ragazza!"
Si lecca le dita e mangia un doppia pasta dolce nata dall'impastamento di un cannolo con un bignè alla la crema: "Buone davvero! Quale ragazza?".
Vado al frigorifero, afferro con rabbia la bottiglia del latte e me la poso sul naso per raffreddarlo: "Come si chiama?"
Mi guarda attento, forse preoccupato che la bottiglia del latte non gliela spacchi in testa: "Tu non lo sai?"
"No!"
Scuote la testa e ammicca benevolo: "Sei un ragazzo simpatico. Ed a posto. Trovati un'altra amica. E scusami per il pugno."
Mi viene voglia di piangere. L'unica traccia che mi rimane Vancilea è un bestione che non ha voglia di dirmi nulla.
Anzi, ora fa lui le domande: "Quanti giorni è stata con te?"
Gli racconto tutto, dalla panchina della stazione e dai colombi fino a questa mattina. Non m'importa più di niente e sto male. Cadendo deve avere anche battuto la testa e devo essermi fatto un grosso bernoccolo tra i capelli.
Il bestione ascolta semiserio, ma almeno non commenta e non ride.
Gli racconto tutto di me e Vancilea, ma non della nostra notte d'amore insieme e della voglia di continuare che ho ancora.
Quando ho finito di raccontare lo guardo: "Voglio rivederla."
"Perché?"
"Stavo bene con lei. Eravamo diventati amici."
Scuote la testa: "Non è una ragazza che puoi avere. E' un po' bizzarra ed ogni tanto scappa e fa qualche pazzia. Ma adesso la stanno riportando a casa e lei sa che il suo posto e lì."
"Col marito?"
Esita molto a rispondere, poi alza le spalle: "Certo: col marito. Lui le vuole bene ed anche lei gliene vuole. Solo che è un po' pazza. Ma una cosa giusta te l'ha detta: che devi dimenticarla."