Mercoledì, 23 febbraio 2000, ore 17.25, aula P 310 SSIS
La presente lezione e la successiva vertono sul problema
delleducazione in Platone e hanno per obiettivo la riflessione sulla metodologia di
lettura dei testi nelle scienze delleducazione.
Lidea-guida su cui lanalisi verterà sarà la
discussione di due prospettive interpretative antitetiche.
- La prima, tradizionale, vede nella pedagogia socratico-platonica un modello educativo
assoluto, per nobiltà di ideali e validità di parametri.
Questa convinzione trova riscontro in una serie di elementi ben
riconoscibili:
- la concezione delleducare come scelta di vita, come missione (da cui consegue la
polemica nei confronti del modello "professionale" di educazione proposto dai
Sofisti);
- la consapevolezza di un ruolo civile e politico fondamentale delleducazione,
perché attraverso di essa si preparano i cittadini di domani;
- lopzione per uneducazione basata sulla presenza, cioè sulla relazionalità
forte e la comunanza di vita (bìos theoretikòs) tra il maestro e i discepoli;
- su questa base, lidea delleducazione come testimonianza esistenziale, cioè
come prassi che non trasmette contenuti ma forma nel senso profondo del termine (uno sfregamento
di anima contro anima, come lo definisce Platone);
- la metodologia, costruita sullironia come strumento e la maieutica come obiettivo,
orientata (almeno così sembra) a non fornire al discepolo soluzioni preconfezionate ma a
far sì che lui stesso le trovi da sé per così dire "partorendole" dal di
dentro.
Di questa elevatissima idea delleducare sono testimonianza:
letteraria il prigioniero che, liberatosi e uscito dalla caverna, vi torna per liberare i
suoi compagni; esistenziale, Socrate nella sua coerenza fino alla morte.
- La seconda ipotesi che vorremmo portare in gioco è simmetrica e rovesciata rispetto
alla precedente. Proviamo a introdurla attraverso una serie di interrogativi:
- lattaccamento platonico per la presenza, per il dialogo educativo fatto di una
comunicazione face to face, non si giustifica forse per il maggior controllo che
questo tipo di comunicazione gli garantisce nei confronti del discepolo?
- il bìos theoretikòs, con quanto ne consegue come modello di educazione, non
attesta forse di unidea di insegnamento molto, troppo giocata sul carisma e sulla
fascinazione che linsegnante gioca sul discepolo, fino a ridurre a nulla gli spazi
di autonomia critica del discepolo? Fine delleducazione è di rendere il discepolo
progressivamente sempre più autonomo dal maestro o di tenerlo legato ad esso?
- quanto il parto della verità da parte del discepolo è spontaneo o pilotato da
Platone-Socrate? Leggendo i dialoghi platonici non si ha limpressione di un dialogo
autentico, ma di un monologo in cui lo spazio del discepolo è ridotto a interazioni del
tipo: "Sì", "Certo", "Risulta chiaro che è così", ecc.
In sintesi: non è forse che leducazione platonica, proprio come
la sua concezione dello stato (cui peraltro è strettamente legata), è espressione di
quella tendenza "totalitaria" che fa di Platone un "nemico della società
aperta" secondo la celebre idea di Karl Popper?
Si cercherà di far emergere la risposta dallanalisi di un passo
celeberrimo dellopera platonica: il mito di Theuth,
contenuto nella parte centrale del Fedro. Come back-ground interpretativo si può prendere
in considerazione il mio saggio Ritornare a Platone
(P.C.Rivoltella, Come Peter Pan. Educazione, media e tecnologie oggi, GS, Santhià
1998, pp. 53-74).