I megaliti della Bretagna
(tratto da un articolo di Giuliano Romano;
L'Astronomia, n° 66, maggio 1987).
Le immagini sono tratte dal sito:La
pagina dei misteri.
A cosa potevano servire questi spettacolari monumenti preistorici? Un'ipotesi, probabilmente troppo sofisticata, suggerisce che potessero rappresentare osservatori lunari per la previsione di eclissi.
La fama che è stata acquisita nel passato dalla Bretagna, la regione della
Francia protesa come una punta verso l'Atlantico, era quella di una terra coperta di
brughiere in una atmosfera piena di brume e di umidità; una povera terra di pescatori e
di contadini, dominio di antiche leggende e di ricordi di misteriosi riti celtici. A parte
alcune splendide città dalla storia millenaria: Rennes, Brest o St. Malò, per esempio,
il resto era descritto come una tetra campagna ove misteriose colossali pietre
verticalmente fisse nel terreno, i menhir, si ergono, quali
enormi giganti pietrificati, qua e là tra l'erica e gli arbusti assieme a numerosissimi dolmen, silenziosi testimoni di antiche sepolture. Oggi, per
contro, l'aspetto di questa regione è del tutto cambiato. Rimboschimenti iniziati nel
secolo scorso hanno generato estese pinete e vasti boschi
cedui i quali hanno reso il paesaggio stupendamente variato e affascinante, specialmente
nelle luminose giornate di Sole autunnali, quando con violente sciabolate la luce penetra
fin nei punti più reconditi del sottobosco, variegando con luci ed ombre tante misteriose
ed enormi pietre che ancora oggi testimoniano riti ormai perduti. Le vecchie
caratteristiche case bretoni, dal tetto di paglia, povere ed umide, oggi sono quasi
scomparse; ad esse si sono sostituite bianche villette coperte da tetti d'ardesia, tutte
dello stesso inconfondibile stile.
Il turismo, attratto specialmente dalle splendide spiagge della costa sud, ma
soprattutto dagli stupendi, immensi monumenti megalitici, ha portato ricchezza nella
regione, e di conseguenza un livello assai più alto di vita.
Carnac, la culla dei monumenti megalitici francesi, è una linda luminosa cittadina
piena di attività, sia nel campo turistico che in quello culturale. Uno splendido museo,
tra l'altro, raccoglie con ordine ed intelligenza i resti archeologici trovati all'inizio
di questo secolo in tutta la regione, specialmente per opera di Zacharie Le Rouzic, di cui
il museo porta il nome.
Ma cosa vi è di eccezionale nei dintorni di Carnac?
Il viaggiatore che giunge in macchina nella cittadina bretone si rende immediatamente
conto che v'è una caratteristica speciale nel paesaggio. Vicino alle prime case, a nord
del paese, per esempio, una enorme quantità di grandi massi appaiono, all'occhio stupito
del visitatore, stranamente allineati in file tra loro parallele; il tutto forma una serie
di lunghi viali che si perdono in lontananza fin dove può giungere lo sguardo.
Sono forse opere di giganti? O di genti straordinarie? Certamente si; gli antichi
armoricani che hanno costruito tutto questo, sicuramente erano dei veri giganti nelle
idee, per poter organizzare una simile impresa, ed erano anche straordinari sia per la
tenacia che per la temerarietà dell'opera; certamente erano spinti da una grande idea
religiosa che ha generato la forza necessaria al compimento di questi monumenti. Fu
certamente l'idea di una vita che si prolunga oltre la morte che permeò tutta la loro
attività, e fu soprattutto il culto dei loro defunti a vivificare la loro fede, quel
culto che anche in epoche più moderne ha lasciato tanti segni molto belli ed incisivi in
tutte quelle manifestazioni, artistiche e di costume, che ancora oggi si ritrovano tra le
popolazioni della Bretagna.
Le Menec è il primo grande allineamento che si incontra quando si esce dalla
città dopo aver visitato l'mmenso tumulo artificiale di Saint Michel, costruito circa
6000 anni fa.
Diretto da ovest-sud-ovest verso est-sud-est, l'allineamento di Le Menec è formato
da 11 o 12 file di grosse pietre alcune delle quali raggiungono i quattro metri di altezza
e il considerevole peso di 50 tonnellate. Le dimensioni di questi menhir vanno calando da
ovest verso est, raggiungono la minima altezza proprio nel mezzo dell'allineamento per poi
aumentare ancora di dimensioni verso la fine del complesso monumentale senza però mai
raggiungere la grandezza delle prime. La visione, specialmente guardando dall'estremità
ovest, è assolutamente affascinante; neanche le migliori fotografie riescono a rendere
l'atmosfera che aleggia tra queste pietre. Alcuni menhir mostrano qualche cenno
di lavorazione, qualche incisione, altri invece appaiono rozzi e quasi informi, sono
ancora così come quando furono raccolti da chissà dove. Man mano che si procede verso
est, l'erica incomincia con i suoi ciuffi a circondare gran parte delle pietre che
diventano sempre più piccole, finchè in taluni posti la macchia di arbusti quasi soffoca
i piccoli menhir, come se la natura tentasse di riprendere i suoi diritti.
Sempre più incuriosito, e dimentico della stanchezza, il visitatore procede
lentamente tra le lunghe file di menhir per ben 1165 metri e, se per caso avesse
la pazienza di contare, annovererebbe ben 1099 pietre di tutte le dimensioni: dai quattro
metri d'altezza fino ai cinquanta centimetri, così da divenire quasi indistinguibili dai
massi comuni.
Le varie file di menhir non sono equidistanti tra loro, e quasi a metà
dell'allineamento vi è anche una deviazione, la direzione dei viali di pietre cioè
cambia, piegando lievemente verso nord; in quel punto l'archeoastronomo inglese Alexander
Thom, che ha studiato per lunghi anni questi allineamenti, ha trovato che per tracciare
questa deviazione gli antichi costruttori hanno applicato le proprietà di un triangolo pitagorico. Lo stesso Thom ha trovato poi che
in tutte le costruzioni megalitiche della zona di Carnac è stata usata una unità di
misura comune, la cosidetta "yarda megalitica" (MY), la cui lunghezza, dai suoi
calcoli, risulta essere pressoché la stessa di quella che veniva usata, sempre secondo la
sua teoria, in tutta l'Inghilterra della stessa epoca.
Personalmente ho qualche dubbio che questa ipotesi sia vera; l'uso di una unità di
misura comune a paesi diversi è già di difficile attuazione al giorno d'oggi, immaginate
se ciò poteva sussistere in quelle lontane epoche. E poi, sembra assai problematico che
si possa trovare una unità comune dalle misure fatte sulle posizioni di massi aventi le
più diverse forme e dimensioni.
Alle due estremità di Le Menec esistono due specie di circoli di pietre (cromlech) ormai assai mal ridotti. Qualche loro traccia si
intravvede nell'estremità ovest dell'allineamento se si ha la pazienza di cercare tra i
cortili delle case quei grossi pietroni, disposti apparentemente in modo irregolare, che
formano il contorno di uno di questi cerchi. In realtà non si tratta di veri e propri
cerchi ma piuttosto di ovali, molto grandi, formati rispettivamente da 70 pietre, quello
occidentale, e da soli 25 menhir, quello orientale. Dell'ovale orientale è molto
difficile scorgere non solo la forma, ma anche le stesse poche pietre che lo compongono;
l'erica e le grandi piante infatti rendono confusa la visione completa.
A circa seicento metri dalla fine dell'allineamento di Le Menec ne inizia un altro
che ha, più o meno, le stesse caratteristiche. Si tratta di Kermario, un monumento il
quale, come il precedente, inizia ad ovest con pietre di maggiori dimensioni per procedere
poi, con una decina di file di menhir, su e giù tra le ondulazioni del terreno
per oltre un chilometro. Ad un certo punto un avvallamento ed un laghetto, poco più di
una pozzanghera, interrompono l'allineamento, che ricompare poi sull'ultima parte del
complesso, verso est, ternimando a 1120 metri dall'inizio. Ben 982 pietre sono state
contate da Le Rouzic, tutte aventi dimensioni diverse; alcune addirittura raggiungono i
sei metri d'altezza.
All'inizio, ad ovest, un magnifico dolmen a corridoio rende ancora più
interessante la visione del monumento.
Per godere interamente dell'atmosfera del luogo conviene iniziare la visita al
mattino presto, al sorgere del Sole. Se la giornata è perfetta allora le lunghe ombre dei
colossi di pietra e il bagliore accecante dell'astro del giorno che appare sulla cima dei menhir,
rendono così irreale l'ambiente da destare sensazioni veramente mai provate.
Dopo un centinaio di passi oltre Kermario si giunge ad un altro complesso litico,
più piccolo ma non meno maestoso ed interessante dei precedenti, in special modo per la
sua particolare forma a ventaglio che punta verso est; si tratta del monumento di
Kerlescan. Questo, assieme al piccolo allineamento, quello di Petit Menec, ora coperto da
fitta vegetazione, formava probabilmente, un tempo, un unico lunghissimo viale di menhir.
Di grande interesse è l'immenso cromlech, a forma di barile, che affianca
ad ovest l'allineamento di Kerlescan; è difficile riconoscerlo perché è troppo vasto,
ma, una volta intuitane la forma, il complesso appare nella sua maestosità e dà subito
l'idea che sia servito, nella preistoria, quale recinto per la celebrazione di grandi
cerimonie. Il suo lato rettilineo, posto dalla parte del grande ventaglio, ha una perfetta
orientazione meridiana. I 13 allineamenti che formano Kerlescan hanno tutti direzioni
lievemente diverse e il primo e l'ultimo sono diretti sul sorgere del Sole rispettivamente
nel solstizio estivo ed in quello invernale.
A cosa potevano servire questi enormi spettacolari monumenti? Per ora nulla possiamo
dire di sicuro; probabilmente venivano usati per scopi cultuali, ma questa è solamente
un'ipotesi. Le poche indicazioni a carattere astronomico che abbiamo visto emergere da
Kerlescan possono suggerire tuttavia l'idea che qualche criterio di questo tipo sia stato
applicato al monumento. Non vorremmo certo accettare la battuta di G. Flaubert che dei
complessi megalitici della zona soleva dire: "Le pietre di Carnac sono delle grosse
pietre!". Qualcosa di più certamente devono aver rappresentato nella preistoria se
non altro per l'enorme mole di lavoro che sono costate.
Non vorremmo tediare il lettore descrivendo gli innumerevoli monumenti che costellano
la campagna attorno a Carnac; non è questo il nostro scopo. Ciò che a noi interessa è
esaminare quei monumenti sui quali sono stati misurati riferimenti a carattere astronomico
e accennare rapidamente alle varie questioni che ad essi sono associate.
Nei pressi dell'allineamento di Kermario, entro il giardino di una splendida
villa, vi è il tumulo sepolcrale di Kerkado, uno tra i più antichi della zona. Sopra il
tumulo vi è un piccolo menhir il quale, assieme ad un altro che è posto ad una decina di
metri di fronte all'entrata della tomba, forma un'allineamento diretto sulla levata del
Sole al solstizio invernale. Curiosa coincidenza questa oppure un riferimento astrale a
scopo rituale?
Non è questo il solo monumento che è orientato in questa direzione; l'autore ha
avuto l'occasione di misurare altri complessi che hanno dato la stessa indicazione. Tra
questi accenniamo solamente ai seguenti tre: il tumulo di Gravinis, sulla costa del golfo
di Morbiham, il cui corridoio interno è fittamente decorato con innumerevoli stupende
incisioni; il corridoio d'entrata del tumulo di Le Bono, nella stessa regione, ed infine
l'asse del grande dolmen di Roche aux Fees (vicino a Rennes) che è diretto, come
gli altri, sulla levata del Sole al solstizio invernale.
A pochi chilometri a nord di Carnac vi è il paesino di Crucuno, molto interessante
sia per il grande dolmen al quale è stata affiancata una casa e la cui apertura è
rivolta essa pure sul punto dell'orizzonte ove sorge il Sole al solstizio invernale, sia
per il grande cromlech rettangolare di 25 per 33 metri, posto nella vicina
campagna. I lati di quest'ultimo monumento sono esattamente orientati rispettivamente sul
meridiano e sulla direzione equinoziale. Le diagonali del grande rettangolo puntano invece
sulla levata del Sole ai solstizi.
Il monumento non poteva certamente servire per osservazioni astronomiche date le sue
dimensioni relativamente modeste, a meno che non siano stati utilizzati dei particolari
riferimenti costituiti da sporgenze delle pietre ma che fino ad ora non sono stati
identificati; esso doveva essere orientato astronomicamente per chissà quale altro scopo,
forse per qualche ragione di tipo cultuale.
Più a nord di Crucuno vi sono i grandi allineamenti di Kerzerho, facilmente visibili
dalla strada che conduce da Carnac alla cittadina di Endeven, strada che ad un certo punto
attraversa il monumento stesso. La direzione media delle lunghe file di menhir,
dai dati dell'autore, è equinoziale. Un altro grandioso complesso megalitico che si trova
a qualche centinaio di metri da Kerzerho, ha nel suo centro una grande pietra orizzontale
la quale essendo solcata da numerose incisioni viene chiamata "pietra dei
sacrifici"; questa, assieme agli allineamenti sopra ricordati attesta chiaramente la
funzione cultuale alla quale era dedicato tutto il complesso monumentale. Certi
allineamenti a carattere astronomico erano dunque riferiti più a fatti di carattere
religioso che di tipo calendariale.
Ma veniamo ad altri monumenti della regione di Carnac e della baia di Quiberon sui
quali sono state avanzate alcune ardite teorie.
Sulla penisola di Locmariaquer, ad una decina di chilometri da Carnac, giace a
terra il più grande menhir che mai sia stato eretto; il suo nome bretone è Er
Grah, ma più semplicemente viene chiamato con l'appellativo di Grand Menhir Brisé. La
pietra era veramente enorme, un vero campanile, forse alto oltre 21 metri, e per giunta
assai grosso. Un terremoto forse lo ha abbattuto chissà in quale epoca ed ora si possono
scorgere solamente i quattro enormi frammenti che stanno ad attestare la maestosità del
monumento. Vicino vi è la "Table des Marchands", uno splendido dolmen
ricco di preziose incisioni e che è ricoperto ancora in parte dal suo tumulo di pietre.
Secondo i lavori di Alexander Thom e del figlio Archibald, che hanno studiato dal 1970 al
1976 i vari monumenti della zona, pare che il Grand Menhir sia servito come indice per
l'osservazione precisa delle posizioni assunte dalla Luna al suo sorgere e al tramontare.
Come si sa la Luna ha il piano dell'orbita che è inclinato di circa 5 gradi rispetto
a quello dell'orbita della Terra. La linea dei nodi, cioè l'intersezione tra i due piani,
ruota inoltre attorno alla Terra in 18,6 anni. Quest'ultimo fenomeno, come si sa, è
intimamente legato alle eclissi, cioè a quelle manifestazioni celesti che
nell'antichità, e specialmente nella preistoria, erano considerate di cattivo auspicio. A
questi moti se ne aggiunge poi un altro, molto importante proprio per la precisione delle
eclissi: il piano dell'orbita della Luna oscilla lievemente e periodicamente di 9'
raggiungendo il valore massimo proprio in concomitanza con questi fenomeni. In altri
termini, quando la Luna assume la sua massima o la sua minima declinazione v'è il
pericolo che scompaiano apparentemente dal cielo (per un'eclisse) l'astro del giorno o
quello delle notti.
I Thom hanno pensato che gli antichi popoli megalitici si fossero accorti di questa
coincidenza e che proprio per prevedere le eclissi avessero istituito delle accurate
osservazioni della posizione che assume la Luna alla sua levata o al suo tramonto. La
massima o la minima declinazione dell'astro fissa, per un dato luogo, i punti della sua
levata e del suo tramonto; osservando quindi ove sorge esattamente o tramonta il centro
della Luna è possibile anche, in qualche caso, prevedere l'avvicinarsi del momento
"pericoloso".
Per poter fare simili osservazioni, cioè per notare uno spostamento del centro della
Luna di pochi primi, è necessario disporre di allineamenti molto lunghi; quale più bella
mira allora del Grand Menhir che poteva essere visto da molto lontano? Ecco dunque l'idea
dei Thom: da certi particolari luoghi della baia di Quiberon era possibile osservare il
Grand Menhir stagliarsi sul centro esatto della Luna al sua sorgere e tramontare in quei
momenti particolari. L'osservazione perciò consentiva la previsione dei periodi infausti
nei quali poteva manifestarsi una eclisse.
Le ricerche dei Thom hanno consentito di individuare diversi luoghi, i quali spesso
sono lontani anche qualche decina di chilometri dalla mira centrale. In molti di questi,
purtroppo, vi sono scarse testimonianze archeologiche che potrebbero provare l'ipotesi,
mentre in altri si è trovato qualche monumento megalitico. Uno di questi luoghi
particolari d'osservazione era, secondo i Thom, il cumulo di Le Moustoir che si trova a
nord di Carnac; si tratta di una collinetta artificiale che copre una tomba. Dalla sua
cima si poteva osservare il lontano Grand Menhir proiettarsi, in quei momenti infausti,
sul centro della Luna al suo sorgere. Per curiosità vogliamo ricordare che di fronte al
tumulo di Le Moustoir vi è un menhir la cui posizione è tale che la linea
congiungente il centro del tumulo con la pietra fitta punta ove tramonta il Sole al
solstizio invernale.
Il grande osservatorio lunare che fa centro sul Grand Menhir Brisé era stato
preceduto, secondo Thom, da un altro osservatorio, più piccolo ma dello stesso tipo che
ha costituito un vero e proprio complesso pilota. La mira centrale era rappresentata in
questo caso del grande menhir di Le Manio. A poche centinaia di metri a nord di
Kerlescan si trova infatti un curioso grande rettangolo di pietre e più oltre un grosso
menhir che è alto quasi sei metri; è Le Manio, uno dei più interessanti rappresentanti
di queste particolari pietre. Ebbene questo menhir doveva servire, secondo la
teoria di Thom, come mira per l'osservazione dei fenomeni sopra accennati. Cinque dovevano
essere i luoghi dai quali si faceva l'osservazione; uno di essi doveva trovarsi proprio
sulla pietra fitta che è posta vicino alla estremità ovest dell'allineamento di Le
Menec; gli altri sono pure stati individuati dai ricercatori inglesi.
Ma non basta; la teoria dei Thom prevede anche il fatto che per stabilire con
esattezza i giorni infausti delle eclissi, era necessario interpolare i dati di
osservazione. É noto infatti che difficilmente la Luna raggiunge la sua massima o la sua
minima declinazione proprio al momento in cui sorge o tramonta in un dato luogo. Per poter
individuare allora il momento esatto è necessario eseguire una interpolazione. Per questa
operazione, in verità assai complessa, i Thom hanno trovato che i popoli megalitici
utilizzavano i ventagli di pietre. Quello di Kerlescan, per esempio, ed un altro che si
trova a Petit Menec potevano servire alla bisogna.
Questa dei Thom è una teoria assai sofisticata, difficile da credere che sia
stata applicata veramente dai megalitici. Per giungere a certe sofisticazioni nelle
osservazioni è necessario non solo possedere una mentalità di tipo scientifico, mai
riscontrata per altre vie nella preistoria, ma è necessario anche poter registrare le
varie osservazioni, molto accurate, in modo da poterle poi discutere.
Potevano far tutto questo i megalitici? In archeoastronomia, come in tutte le
scienze, è necessario procedere con estrema prudenza; troppi sono stati gli errori
commessi nel passato. Il metodo scientifico richiede sì fantasia per giudare e
interpretare i vari dati d'osservazione, ma questa deve essere sempre temperata dalle
condizioni al contorno, vale a dire, in questo caso, anche dall'apporto di altre
discipline che possono controllare le varie ipotesi di lavoro.
Mentre gli orientamenti di tipo solare possono avere una interpretazione confortata
in qualche modo anche da altri documenti archeologici, storici ed etnografici, quelli di
tipo lunare dovrebbero essere considerati invece con molta più prudenza non esistendo
finora documentazioni sicure sulla loro utilizzazione nella preistoria.
A parte queste considerazioni di tipo scientifico resta il fatto che i monumenti
megalitici della Bretagna rappresentano una delle maggiori opere della preistoria europea,
degni di stare alla pari con i grandi complessi architettonici creati dalle culture
cosidette superiori.
GLOSSARIO Cromlech. |
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