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  Last updated 13/08/98


PREMESSA
Torna al Progetto "A scuola nasce un bosco"

 
Il Carmen Saeculare

(Hor. Carm. Saec.1-12)

Febo e signora delle selve Diana,

chiare gemme del cielo; venerandi

e venerati sempre: udite il canto

di scelte vergini.

E di fanciulli puri che prescrisse

la Sibilla di volgere agli Dei,

cui furon cari i sette colli, al compiersi

del tempo sacro.

Almo sole, che sul brillante carro

porti e ci togli il giorno e vario e uguale

nasci, di Roma nulla il tuo raggio

vegga più grande.

 


 
E' dolce primavera

Publio Virgilio Marone

Alle selve, alle foglie dei boschi è dolce primavera;

a primavera gonfia la terra avida di semi...

Gli arbusti remoti risuonano del canto degli uccelli.

Ed i campi si aprono; il tenero umore si sparge

dovunque, ora i germogli si affidano al nuovo sole.

Giorni uguali e così luminosi credo brillarono

al sorgere del mondo: fu primavera, allora:

primavera passava per la terra.

(da Georgiche)

 



 
Da La Divina Commedia

Dante Alighieri

"Nel mezzo del cammin di nostra vita

Mi ritrovai per una selva oscura

Che la diritta via era smarrita

Ah quanto a dir qual era è cosa dura

Esta selva selvaggia e aspra e forte

Che nel pensier rinnova la paura!"

(Inferno: canto 1)

 

 

Dal Canzoniere

Francesco Petrarca

( CANTO CXXIX)

I'l'ò più volte , or che fia che m'il creda?

ne l'acqua chiara e sopra l' erba verde

veduto viva, e nel troncon d'un faggio,

e'n bianca nube, si fatta che Leda

avria ben detto che sua figlia perde

come stella che 'l sol copre col raggio;

e quando in più selvaggio

loco mi trovo e 'n più deserto lido,

tanto più bella il mio pensiero l'adombra.

Poi quando il vero sgombra

quel dolce error, pur lì medesmo assido

me freddo, pietra morta in pietra viva,

in guida d'uom che pensi e pianga e scriva.

Ove d'altra montagna ombra non tocchi

verso 'l maggiore e 'l più espedito giogo,

tirar mi suol un desiderio intenso.

Indi o miei danni a misurar con gli occhi

comincio e 'ntanto lagremando sfogo

di dolorosa il cor condenso,

allor ch'i miro e penso

quanta aria dal bel viso mi diparte,

che sempre m'è si presso e si lontano;

poscia fra me pian piano :

<<Che sai tu lasso? Forte in quellla parte

or di tua lontananza si sospira>>.

Et in questo penser l'alma respira.

Canzone, oltre quell'alpe,

là dove il ciel è più sereno e lieto

mi rivedrai sovr'un ruscel corrente

ove l'aura si sente

dì'un fresco et odorifero laureto:

ivi è 'l mio cor, e quella che 'l m'invola;

qui veder poi l'imagine mia sola.

 

L'Orlando Furioso

Ludovico Ariosto

Canto XXIII

"LO strano corso che tenne il cavallo

dei Saracin pel bosco senza via,

fece ch'Orlando andò due giorni in fallo

nè lo trovò, nè potè averne spie,

Giunse ad un rivo che parea cristallo,

ne le cui sponde un bel pratel fiora,

di nativo color vago e dipinto,

e di molti e belli arbori distinto.

Il merigge facea grato l'orezzo

al duro armento et al pastore ignudo,

si che nè Orlando sentia alcun ribrezzo,

che la corazza avea, l'elmo e lo scudo.

Quivi egli entrò per riposarsi in mezzo,

e v'ebbe travaglioso albergo e crudo,

e più che dir si possa empio soggiorno,

quell'infelice e sfortunato giorno.

Volgendosi ivi intorno, vide scritti

molti arbuscelli in su l'ombrosa riva.

Tosto che fermi v'ebbe gli occhi e fitti

fu certo esser di man de la sua diva.

Questo era un di quie lochi già descritti,

ove sovente con Medor veniva

da casa del pastore indi vicina

la bella donna del Cantai regina.

 

  


 

Dalla Superba

Farfa

chioma dell'acacia

ravviata dal pettine del vento

graziosamente sfuggivano

riccioli di passeri cantori.

 

 

 
 
L'Infinito

Giacomo Leopardi

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell' ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s' annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.
(da Canti)
 
 


 
Da I PROMESSI SPOSI

Alessandro Manzoni

<<Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno,

tra due catene non interrotte di monti, tutti a seni

e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di

quelli, vien, quasi a un tratto a restringersi e a prender

corso e figura di fiume tra un promontorio a ponte; che

ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più

sensibile all'occhio questa trasformazione..>>

 


A una foglia

Nicolò Tommaseo

Foglia, che lieve a la brezza cadesti

sotto i miei piedi, con mite richiamo

forse ti lagni perch'io ti calpesti.

Mentr'eri viva sul verde tuo ramo,

passai sovente, e di te non pensai;

morta ti penso, e mi sento che t'amo.

Tu pur coll'aure, coll'ombre, co' rai

venivi amica nell'anima mia;

con lor d'amore indistinto t'amai.

Conversa in loto ed in polvere, o pia,

per vite nuove il perpetuo concento

seguiterai della prima armonia.

 

Ed io, che viva in me stesso ti sento,

cadrò tra breve, e darò del mio frale

al fiore, all'onda, all'elettrico, al vento.

Ma te, de' cieli nell'alto, sull'ale

recherà grato lo spirito mio;

e, pura idea, di sorriso immortale

sorriderai nel sorriso di Dio.

 

 

 
 
L'estate è finita

Emily Dickinson

Sono più miti le mattine

E più scure diventano le noci

E le bacche hanno un viso più rotondo

La rasa non è più nella città.

L'acero indossa una sciarpa più gaia

E la campagna una gonna scarlatta

Ed anch'io, per non essere antiquata

Mi metterò un gioiello.

 

Da Rime Nuove (il comune rustico)

Giosuè Carducci

<<O che tra faggi e abeti erma su i campi

Smeraldini la fredda ombra si stampi

Al sole del mattin puro e leggero,

O che foscheggi immobile immobile nel giorno

Morente sulle sparse ville intorno

A la chiesa che prega o al cimitero.....

...D'abeti e pini ove al confin nereggia

E vio trarrete la mucchiante greggia

E la belante a quelle cime là

E voi, se l'unno o se salvo invade,

Eccovi, o figli, l'estate, ecco le spade...>>

 

  


 

 
Nella nebbia

Giovanni Pascoli

E guardai nella valle; era sparito

tutto! sommerso! Era un gran mare piano,

grigio, senz'onde, senza lidi, unito.

E c'era appena, qua e la, lo strano

vocìo di gridi piccoli e selvaggi:

uccelli spersi per quel mondo vano.

 

 


 
Novembre

Giovanni Pascoli

Gèmmea l'aria, il sole così chiaro

che tu ricerchi gli albicòcchi in fiore,

e del prunalbo l'odorino amaro

senti nel cuore....

Ma secco è il pruno, e le stecchite piante

di nere trame segnano il sereno,

e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante

sembra il terreno.

Silenzio, intorno: solo, alle ventate,

odi lontano, da giardini ed orti,

di foglie un cader fràgil. E' l'estate,

fredda, dei morti.

 

La pioggia nel pineto

G. D'Annunzio

Taci sulle soglie

del bosco non odo

parole che dici

umane; ma odo

parole più nuove

che parlano gocciole e foglie

lontane.

Ascolta. Piove

dalle nuvole sparse.

Piove su le tamerici

salmastre ed arse,

piove sui pini

scagliosi ed irti,

piove sui mirti

divini,

su le ginestre fulgenti

di fiori accolti,

su i ginepri folti

due coccole aulenti,

piove sui nostri volti

silvani,

piove sulle nostre mani

ignude,

sui nostri vestimenti

leggieri,

su i freschi pensieri

che l'anima schiude

novella,

su la favola bella

che ieri

t'illuse, che oggi mi illude

o Ermione.

Odi? La pioggia cade

su la solitaria

verdura

con un crepitìo che dura

e varia nell'aria

secondo le fronde

più rade, men rade.

Ascolta. Risponde

al pianto il canto

delle cicale

che il pianto australe

non impaura,

né il ciel cinerino.

E il pino

ha un suono, e il mirto

altro suono, e il ginepro

altro ancòra, stromenti

diversi

sotto innumerevoli dita.

E immersi

noi siam nello spirito

silvestre,

d'arborea vita viventi;

e il tuo volto ebro

è molle di pioggia

come una foglia,

e le tue chiome

auliscono come

come le chiare ginestre,

o creatura terrestre

che hai nome

Ermione.

Ascolta, ascolta. L'accordo

delle aree cicale

a poco a poco

più sordo

si fa sotto il pianto

che cresce;

ma un canto vi si mesce

più roco

che di laggiù sale,

dall'umida ombra remota.

Più sordo e più fioco

s'allenta, si spegne.

Solo una nota

ancor trema, si spegne,

risorge, trema, si spegne.

Non s'ode voce del mare

Non s'ode voce del mare.

Or s'ode su tutta la fronda

crosciare

l'argentea pioggia

che monda,

il croscio che varia

secondo la fronda

più folta, men folta.

Ascolta.

La figlia dell'aria

è muta; ma la figlia

del limo lontana,

la rana,

canta nell'ombra più fonda,

chi sa dove, chi sa dove!

E piove su le tue ciglia,

Ermione.

Piove sulle tue ciglia nere

sì che par tu pianga

ma di piacere; non bianca

ma quasi fatta virente,

par da scorza tu esca.

E tutta la vita è in noi fresca

aulente,

il cuor nel petto è come pèsca

intatta,

tra le pàlpebre gli occhi

son come polle tra l'erba,

i denti negli alvéoli

son come mandorle acerbe.

E andiam di fratta in fratta,

or congiunti or disciolti

(e il verde vigor rude

ci allaccia i mallèoli

c'intrica i ginocchi)

chi sa dove, chi sa dove!

E piove sui nostri volti

silvani,

piove sulle nostre mani

ignude,

su i nostri vestimenti

leggeri,

su i freschi pensieri

che l'anima schiude

novella,

su la favola bella

che ier m'illuse, che oggi t'illude Ermione.

  


 
C'era una volta

Giuseppe Ungaretti

Bosco Cappuccio

ha un declivio

di velluto verde

come una dolce

poltrona

Appisolarmi là

solo

in un caffè remoto

con una luce fievole

come questa

di questa luna


Ramo

Hermann Hesse

Irto di schegge, un ramo scavezzato

da gran tempo già pende

(secco scricchiola al vento il suo canto)

senza foglie, scortecciato,

nudo, grigio e di troppo lunga vita

di troppo lunga morte stanco. Canta

tenace, duro

canta in segreto,

ostinato inquieto,

per un estate ancora

per un inverno ancora.

(da Poesia tedesca, trad. E. Pocar,

Milano Mondadori)

 

 

 
Il dottore di campagna

Diego Valeri

La cavallina grigia trotta trotta

e il cane rosso al fianco le galoppa

Egli, dalla carrozza cigolante,

guida la corsa per la strada grande;

dietro le lenti guarda i campi e i prati

al mite sol d'ottobre addormentati;

sospira un poco, e con la bianca mano

si carezza la barba piano piano.

 

 


Han Sradicato Un Albero

Raphael Alberti

Han sradicato un albero. Ancora stamani

il vento, il sole, gli uccelli

l'accarezzavano benignamente. Era

felice e giovane, candido e eretto,

con una chiara vocazione di cielo

e un alto futuro di stelle.

Stasera giace come un bimbo

esiliato dalla sua culla, spezzate

le tenere gambe, affondato

il capo, sparso per terra e triste

disfatto in foglie

e in pianto ancora verde, in pianto.

Questa notte uscirò - quando nessuno

potrà vedere, quando sarò solo -

a chiudergli gli occhi ed a cantargli

quella canzone che stamani il vento

passando sussurrava

(da Poesie, trad. di V. Bodino, Milano,Mondadori,1964)

 

  


Le quattro stagioni dei pini

Po Chu-i

Crescono i pini

sparsi senza una regola,

non in filari ordinari

ce n'è degli alti e dei bassi.

Sono come creature selvatiche,

non si sa chi li abbia piantati.

Toccano coi rami il muro

della casa,

le radici scendono profonde.

E di mattino e di sera

li visita il vento e la luna.

Sia pioggia o sereno, son liberi

sempre da fango e da polvere.

Nelle tempeste d'autunno

sussurrano un verso vago;

contro il sole d'estate

ci prestano un'ombra fresca.

nel colmo della primavera

una pioggia, sottile a sera,

riempie le loro foglie

d'un carico di perle pendule

e alla fine dell'anno

il tempo della gran neve

stampa sui loro rami

una trina di ghiaia lucente.

(da liriche cinesi, a cura di G. Valensin, Enaudi)

 
Il pioppo nell'azzurro

Il pioppo nell'azzurro

è un vivo tremulio di grigio e argento;

fa in mezzo ai rami il vento

lento sussurro.

Per la marea dorata

delle messi, olmi e noci hanno sembianza

grave; la lontananza

splende infiammata.

Rosseggia il cascinale

fra piante e piante; il muricciol di creta

piove una larva queta

dentro il canale.

Dentro il canale, a riva,

cinque bianche anitrelle in concistoro

si dicono fra loro

l'egloga estiva.

Verran le lucciole

stasera, or pieno è il prato di farfalle:

candide, glauche e gialle

grandi e piccine

Al gaio torneamento

la libellula mesce il suo ronzio;

e il pioppo è un tremolìo

di grigio e argento

(per il testo:G.Camerana, Poesie, a cura di F. Flora,

Milano, Garzanti, 1956)

  
Alberi

Federico Garcìa Lorca

Alberi,

foste frecce

dall'azzurro cadute?

Quali crudeli guerrieri vi scagliarono

Furono le stelle?

Le vostre musiche vengono dall'anima degli uccelli,

dagli acchi di Dio,

dalla passione perfetta.

Alberi!

Riconosceranno le vostre radici

il mio cuore in terra?

(da poesie, trad. di C. Bo,Parma, Guanda, 1966)
 



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