(Hor. Carm. Saec.1-12)
Febo e signora delle selve Diana,
chiare gemme del cielo; venerandi
e venerati sempre: udite il canto
di scelte vergini.
E di fanciulli puri che prescrisse
la Sibilla di volgere agli Dei,
cui furon cari i sette colli, al compiersi
del tempo sacro.
Almo sole, che sul brillante carro
porti e ci togli il giorno e vario e uguale
nasci, di Roma nulla il tuo raggio
vegga più grande.
Publio Virgilio Marone
Alle selve, alle foglie dei boschi è dolce primavera;
a primavera gonfia la terra avida di semi...
Gli arbusti remoti risuonano del canto degli uccelli.
Ed i campi si aprono; il tenero umore si sparge
dovunque, ora i germogli si affidano al nuovo sole.
Giorni uguali e così luminosi credo brillarono
al sorgere del mondo: fu primavera, allora:
primavera passava per la terra.
Dante Alighieri
"Nel mezzo del cammin di nostra vita
Mi ritrovai per una selva oscura
Che la diritta via era smarrita
Ah quanto a dir qual era è cosa dura
Esta selva selvaggia e aspra e forte
Che nel pensier rinnova la paura!"
(Inferno: canto 1)
Francesco Petrarca
( CANTO CXXIX)
I'l'ò più volte , or che fia che m'il creda?
ne l'acqua chiara e sopra l' erba verde
veduto viva, e nel troncon d'un faggio,
e'n bianca nube, si fatta che Leda
avria ben detto che sua figlia perde
come stella che 'l sol copre col raggio;
e quando in più selvaggio
loco mi trovo e 'n più deserto lido,
tanto più bella il mio pensiero l'adombra.
Poi quando il vero sgombra
quel dolce error, pur lì medesmo assido
me freddo, pietra morta in pietra viva,
in guida d'uom che pensi e pianga e scriva.
Ove d'altra montagna ombra non tocchi
verso 'l maggiore e 'l più espedito giogo,
tirar mi suol un desiderio intenso.
Indi o miei danni a misurar con gli occhi
comincio e 'ntanto lagremando sfogo
di dolorosa il cor condenso,
allor ch'i miro e penso
quanta aria dal bel viso mi diparte,
che sempre m'è si presso e si lontano;
poscia fra me pian piano :
<<Che sai tu lasso? Forte in quellla parte
or di tua lontananza si sospira>>.
Et in questo penser l'alma respira.
Canzone, oltre quell'alpe,
là dove il ciel è più sereno e lieto
mi rivedrai sovr'un ruscel corrente
ove l'aura si sente
dì'un fresco et odorifero laureto:
ivi è 'l mio cor, e quella che 'l m'invola;
qui veder poi l'imagine mia sola.
Ludovico Ariosto
Canto XXIII
"LO strano corso che tenne il cavallo
dei Saracin pel bosco senza via,
fece ch'Orlando andò due giorni in fallo
nè lo trovò, nè potè averne spie,
Giunse ad un rivo che parea cristallo,
ne le cui sponde un bel pratel fiora,
di nativo color vago e dipinto,
e di molti e belli arbori distinto.
Il merigge facea grato l'orezzo
al duro armento et al pastore ignudo,
si che nè Orlando sentia alcun ribrezzo,
che la corazza avea, l'elmo e lo scudo.
Quivi egli entrò per riposarsi in mezzo,
e v'ebbe travaglioso albergo e crudo,
e più che dir si possa empio soggiorno,
quell'infelice e sfortunato giorno.
Volgendosi ivi intorno, vide scritti
molti arbuscelli in su l'ombrosa riva.
Tosto che fermi v'ebbe gli occhi e fitti
fu certo esser di man de la sua diva.
Questo era un di quie lochi già descritti,
ove sovente con Medor veniva
da casa del pastore indi vicina
la bella donna del Cantai regina.
Farfa
chioma dell'acacia
ravviata dal pettine del vento
graziosamente sfuggivano
riccioli di passeri cantori.
Giacomo Leopardi
Alessandro Manzoni
<<Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno,
tra due catene non interrotte di monti, tutti a seni
e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di
quelli, vien, quasi a un tratto a restringersi e a prender
corso e figura di fiume tra un promontorio a ponte; che
ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più
sensibile all'occhio questa trasformazione..>>
Nicolò Tommaseo
Foglia, che lieve a la brezza cadesti
sotto i miei piedi, con mite richiamo
forse ti lagni perch'io ti calpesti.
Mentr'eri viva sul verde tuo ramo,
passai sovente, e di te non pensai;
morta ti penso, e mi sento che t'amo.
Tu pur coll'aure, coll'ombre, co' rai
venivi amica nell'anima mia;
con lor d'amore indistinto t'amai.
Conversa in loto ed in polvere, o pia,
per vite nuove il perpetuo concento
seguiterai della prima armonia.
Ed io, che viva in me stesso ti sento,
cadrò tra breve, e darò del mio frale
al fiore, all'onda, all'elettrico, al vento.
Ma te, de' cieli nell'alto, sull'ale
recherà grato lo spirito mio;
e, pura idea, di sorriso immortale
sorriderai nel sorriso di Dio.
Emily Dickinson
Sono più miti le mattine
E più scure diventano le noci
E le bacche hanno un viso più rotondo
La rasa non è più nella città.
L'acero indossa una sciarpa più gaia
E la campagna una gonna scarlatta
Ed anch'io, per non essere antiquata
Mi metterò un gioiello.
Giosuè Carducci
<<O che tra faggi e abeti erma su i campi
Smeraldini la fredda ombra si stampi
Al sole del mattin puro e leggero,
O che foscheggi immobile immobile nel giorno
Morente sulle sparse ville intorno
A la chiesa che prega o al cimitero.....
...D'abeti e pini ove al confin nereggia
E vio trarrete la mucchiante greggia
E la belante a quelle cime là
E voi, se l'unno o se salvo invade,
Eccovi, o figli, l'estate, ecco le spade...>>
Giovanni Pascoli
E guardai nella valle; era sparito
tutto! sommerso! Era un gran mare piano,
grigio, senz'onde, senza lidi, unito.
E c'era appena, qua e la, lo strano
vocìo di gridi piccoli e selvaggi:
uccelli spersi per quel mondo vano.
Giovanni Pascoli
Gèmmea l'aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicòcchi in fiore,
e del prunalbo l'odorino amaro
senti nel cuore....
Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.
Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fràgil. E' l'estate,
fredda, dei morti.
G. D'Annunzio
Taci sulle soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove sui mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
due coccole aulenti,
piove sui nostri volti
silvani,
piove sulle nostre mani
ignude,
sui nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi mi illude
o Ermione.
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitìo che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
né il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancòra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirito
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
come le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Ascolta, ascolta. L'accordo
delle aree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Solo una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode voce del mare
Non s'ode voce del mare.
Or s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove sulle tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pèsca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l'erba,
i denti negli alvéoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove sui nostri volti
silvani,
piove sulle nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ier m'illuse, che oggi t'illude Ermione.
Giuseppe Ungaretti
Bosco Cappuccio
ha un declivio
di velluto verde
come una dolce
poltrona
Appisolarmi là
solo
in un caffè remoto
con una luce fievole
come questa
di questa luna
Hermann Hesse
Irto di schegge, un ramo scavezzato
da gran tempo già pende
(secco scricchiola al vento il suo canto)
senza foglie, scortecciato,
nudo, grigio e di troppo lunga vita
di troppo lunga morte stanco. Canta
tenace, duro
canta in segreto,
ostinato inquieto,
per un estate ancora
per un inverno ancora.
(da Poesia tedesca, trad. E. Pocar,
Milano Mondadori)
Diego Valeri
La cavallina grigia trotta trotta
e il cane rosso al fianco le galoppa
Egli, dalla carrozza cigolante,
guida la corsa per la strada grande;
dietro le lenti guarda i campi e i prati
al mite sol d'ottobre addormentati;
sospira un poco, e con la bianca mano
si carezza la barba piano piano.
Raphael Alberti
Han sradicato un albero. Ancora stamani
il vento, il sole, gli uccelli
l'accarezzavano benignamente. Era
felice e giovane, candido e eretto,
con una chiara vocazione di cielo
e un alto futuro di stelle.
Stasera giace come un bimbo
esiliato dalla sua culla, spezzate
le tenere gambe, affondato
il capo, sparso per terra e triste
disfatto in foglie
e in pianto ancora verde, in pianto.
Questa notte uscirò - quando nessuno
potrà vedere, quando sarò solo -
a chiudergli gli occhi ed a cantargli
quella canzone che stamani il vento
passando sussurrava
(da Poesie, trad. di V. Bodino, Milano,Mondadori,1964)
Po Chu-i
Crescono i pini
sparsi senza una regola,
non in filari ordinari
ce n'è degli alti e dei bassi.
Sono come creature selvatiche,
non si sa chi li abbia piantati.
Toccano coi rami il muro
della casa,
le radici scendono profonde.
E di mattino e di sera
li visita il vento e la luna.
Sia pioggia o sereno, son liberi
sempre da fango e da polvere.
Nelle tempeste d'autunno
sussurrano un verso vago;
contro il sole d'estate
ci prestano un'ombra fresca.
nel colmo della primavera
una pioggia, sottile a sera,
riempie le loro foglie
d'un carico di perle pendule
e alla fine dell'anno
il tempo della gran neve
stampa sui loro rami
una trina di ghiaia lucente.
(da liriche cinesi, a cura di G. Valensin, Enaudi)
Il pioppo nell'azzurro
è un vivo tremulio di grigio e argento;
fa in mezzo ai rami il vento
lento sussurro.
Per la marea dorata
delle messi, olmi e noci hanno sembianza
grave; la lontananza
splende infiammata.
Rosseggia il cascinale
fra piante e piante; il muricciol di creta
piove una larva queta
dentro il canale.
Dentro il canale, a riva,
cinque bianche anitrelle in concistoro
si dicono fra loro
l'egloga estiva.
Verran le lucciole
stasera, or pieno è il prato di farfalle:
candide, glauche e gialle
grandi e piccine
Al gaio torneamento
la libellula mesce il suo ronzio;
e il pioppo è un tremolìo
di grigio e argento
(per il testo:G.Camerana, Poesie, a cura di F. Flora,
Milano, Garzanti, 1956)
Federico Garcìa Lorca
Alberi,
foste frecce
dall'azzurro cadute?
Quali crudeli guerrieri vi scagliarono
Furono le stelle?
Le vostre musiche vengono dall'anima degli uccelli,
dagli acchi di Dio,
dalla passione perfetta.
Alberi!
Riconosceranno le vostre radici
il mio cuore in terra?
(da poesie, trad. di C. Bo,Parma, Guanda, 1966)