Molto si è detto e scritto, da due secoli almeno sino ai
nostri giorni, arrampicandosi talvolta sugli specchi, per squarciare
il velo che preclude la chiara visione delle origini del centro
demico di Massafra e chiarire l'etimologia e, in fondo, comprendere
il significato del suo nome.
Chi non abbia o non abbia avuto pregiudizi razzisti o scientifici,
ha prospettato od accolto la più semplice e piana delle
etimologie: Massa Afra. Ultimo, nel 1925, mons. G. Blandamura,
nel suo denso volume Choerades Insulae.
Ma i nostri concittadini hanno sempre reagito all'idea di avere
antenati di pelle nera (perché così vedevano, nella
loro generalmente sommaria cultura, gli Afri, ignorando che, invece,
questi erano gli abitanti di pelle bianca dell'Africa settentrionale;
d'altra parte, non è mancato chi ha rappresentato Sant'Agostino,
perché vescovo di Ippona, con la faccia nera!) ed hanno
compiuto ogni sforzo per cancellare quello che l'evidenza imponeva,
ed hanno prospettato ardite quanto improbabili etimologie.
Vi fu chi pensò al bivacco di truppe d'Annibale (dimenticando
che quei soldati erano più che altro Punici, Poeni;
e che, pertanto, avremmo dovuto avere una Massa Penica,
con che sollazzo dei villici circonvicini vi lascio immaginare)
e chi, e si trattava di persona di profonda dottrina, ricorse
invece a un Man sapròs che, per bene che fosse andata,
avrebbe dato Massaprò.
In ogni caso, si rifuggiva dal confronto e dalle analogie, che
sono l'arma vincente in linguistica.
In Italia, com'è noto, ci sono circa trenta fra città
o, comunque, luoghi abitati che si chiamano Massa. A parte
i casi in cui il sostantivo appare solo, nella più diffusa
delle forme si tratta sempre di sostantivo + complemento di specificazione (ad esempio Massa d'Albe) o sostantivo + aggettivo, come Massa Lubrense, Massa Fiscaglia, Massa Lombarda; esattamente come Massa
Afra, che non è in Africa, come Massa Lombarda non è
in Lombardia, ma è Afra perché fu abitata da Afri,
esattamente come quella è Lombarda perché fu abitata
da Longobardi.
Ma vediamo cos'era, nella Tarda Antichità e nel Medio Evo,
una Massa.
Per la Storia del Diritto, Massa è un podere (o un insieme
di poderi più o meno unitariamente organizzati, d'estensione,
talora, assai considerevole: Massa Trabaria, ad esempio, era una
vasta porzione dei domìni della Chiesa che si estendeva
nel territorio umbro-marchigiano, dalle cui selve si traeva il
legname - le trabes, "travi" appunto - occorrente per
la costruzione e la manutenzione delle grandi basiliche romane)
appartenente a un signore feudale, a un monastero, a una chiesa,
ad altra istituzione ecclesiastica o, comunque, a un magnate.
Ciascuna unità poderale di tale complesso veniva coltivata
da una famiglia contadina legata alla terra da rapporti agrari
variamente configurati sul piano del diritto (massarìa,
livello, affitto, colonìa, etc.).
Se la linguistica ci porta a pensare a Massa Afra come ad una
delle tante Massae, rimane l'onere di dimostrare che esistono
le ragioni per cui una Massa dovette (ben prima del 970 o 971,
quando un documento cassinese parla di Massafra) diventare Afra.
Per questo ci viene in soccorso l'Archeologia.
Oltre venti anni or sono, pubblicai una chiesa rupestre che presentava
absidi contrapposte ed ingresso laterale affacciando l'ipotesi
che il modello fosse arrivato in Puglia (a Mottola, per l'esattezza,
a pochi chilometri in linea d'aria da Massafra) fra V e VI secolo,
in età vandalica, vale a dire quando la Provincia romana
d'Africa era stata occupata dai Vandali, Ariani, che avevano costretto
all'esilio gli Ortodossi.
Pochi anni dopo, nella Gravina Madonna della Scala, in una abitazione
rupestre, fu rinvenuto un
tesoretto
di monetine di bronzo composto
da minimi bizantini e vandalici di V-VI secolo. Qualche
anno fa un numismatico dell'Università di Vienna dette
notizia dell'esistenza di un altro tesoretto simile rinvenuto
in territorio di Massafra, ma lungo la Litoranea, verso il mare,
a circa 12 Km da Taranto, vale a dire nella zona dove una trentina
d'anni or sono fu rinvenuta l'iscrizione funeraria dei due bambini,
Spaectatus e Spaectata (nomi diffusissimi
tra i Cristiani d'Africa) che io pubblicai datandola al V secolo
e ritenendola sicuramente cristiana per la presenza di due colombe
incise.
Nel corso di una ricerca ancora in atto sulle "vicinanze", le singolari abitazioni sotterranee che costituivano il tessuto di Massafra Vecchia, scoprii che i modelli erano confrontabili con quelli delle case sotterranee della Tunisia: con i vani mosaicati e dipinti dei palazzi signorili di Bulla Regia, certo, ma soiprattutto con le case della gente comune di Matmata e di Haddej. Quest'ultimo centro, soprattutto, è ancora formato da alcune centinaia di abitazioni scavate nella roccia intorno ad un area discoverta centrale, esattamente come si vede nelle residue "vicinanze" di Massafra. Si tenga presente che, mentre le abitazioni "rupestri" (scavate sulle pareti delle gravine) si trovano ovunque, da Matera a Grottaglie ed oltre, le "vicinanze" (salvo qualche episodio isolato nel Salento e a Casalrotto di Mottola) si trovano in agglomerato soltanto a Massafra.
Nella chiesa ipogea detta "Cripta Pozzo in Carucci", al confine tra Massafra e Crispiano (dagli anni venti di questo secolo, vale a dire da quando Crispiano divenne Comune autonomo; prima, come dimostrano le carte dell'Istituto Geografico Militare del 1874, ben addentro il territorio di Massafra) si trovava l'unico affresco rappresentante POSIDONIOS (come si legge ancora nell'iscrizione superstite), il santo vescovo di Calama, in Numidia, discepolo e biografo di Sant'Agostino, esule "in Apuliae partibus" a causa dell'invasione vandala, le cui spoglie, recuperate in Italia meridionale dall'Imperatore Ludovico II (come io ritengo) nell'880, quando ritolse Bari, ma non Taranto, agli Arabi, furono da questi donati al Vescovo di Reggio nell'Emilia ed oggi sono venerate nel comune di San Possidonio, in provincia di Modena. Una tomba vuota, contigua alla chiesa ipogeica massafrese, e segni indubbi di pellegrinaggio, lasciano supporre con buone probabilità di essere nel vero che quella fu la primitiva sepoltura di San Posidonio.
Ciascuno di questi dati, preso in sé, è soltanto
un indizio, ma presi a vicenda si rafforzano a vicenda.
Possiamo, così, ricostruire pur in assenza di documenti
scritti una vicenda di questo genere:
Ovviamente, non intendiamo che tutte le "vicinanze"
di Massa Afra siano state scavate, fra V e VI secolo, dai profughi
Afri: il modello rimase lungamente produttivo, e "vicinanze"
si scavarono (e ampliarono, modificarono, colmarono, distrussero)
sino almeno al XVIII secolo, con qualche coda sino al XIX e, forse,
al nostro secolo.
Ma quelle antiche sono riconoscibili ancora, regolarmente disposte
dove - poi, dopo il XIV-XV secolo, come ha ribadito anche il Fonseca
- sorgerà nel tempo la Massafra subaerea, coi suoi vicoli
e le sue case irregolari, perché dovevano tener conto delle
preesistenti "vicinanze"; di quelle più antiche
e di quelle proliferate nel lungo Medioevo.
Quanto al culto del Vescovo afro Posidonio-Possidio, è
irrilevante che l'affresco (ultimo!) che lo raffigurava nella
"Cripta-pozzo Carucci" fosse di XIV secolo.
Il suo ricordo ed il suo culto dovevano essere ben persistenti
a Massafra, anche quando, nel pieno Trecento, si era persa memoria
degli antenati Afri, dai quali certo non discendevano gli abitatori
ellenofoni che quel culto, però, avevano ereditato e vivificato.
Insieme con quel nome strano, che per loro non aveva significato,
così pieno di "a": Massafra.
E, di eredità in eredità, di secolo in secolo, ciascuno
volle dire la sua: fino al cartografo veneziano del XVII secolo
che, in mancanza di meglio, anticipò il Romanticismo ed
incise sulla lastra di rame un poetico Massafratta.
Peccato che, almeno dal X secolo, come insegna la carta cassinese,
Massa Afra (passando forse per Mass'Afra) fosse divenuta, fuor
d'ogni poetica suggestione, Massafra.
Home Page Archeogruppo "E. Jacovelli" |