Sulle origini e il nome di Massafra



Archeologo Prof. Roberto Caprara

Molto si è detto e scritto, da due secoli almeno sino ai nostri giorni, arrampicandosi talvolta sugli specchi, per squarciare il velo che preclude la chiara visione delle origini del centro demico di Massafra e chiarire l'etimologia e, in fondo, comprendere il significato del suo nome.
Chi non abbia o non abbia avuto pregiudizi razzisti o scientifici, ha prospettato od accolto la più semplice e piana delle etimologie: Massa Afra. Ultimo, nel 1925, mons. G. Blandamura, nel suo denso volume Choerades Insulae.

Ma i nostri concittadini hanno sempre reagito all'idea di avere antenati di pelle nera (perché così vedevano, nella loro generalmente sommaria cultura, gli Afri, ignorando che, invece, questi erano gli abitanti di pelle bianca dell'Africa settentrionale; d'altra parte, non è mancato chi ha rappresentato Sant'Agostino, perché vescovo di Ippona, con la faccia nera!) ed hanno compiuto ogni sforzo per cancellare quello che l'evidenza imponeva, ed hanno prospettato ardite quanto improbabili etimologie.
Vi fu chi pensò al bivacco di truppe d'Annibale (dimenticando che quei soldati erano più che altro Punici, Poeni; e che, pertanto, avremmo dovuto avere una Massa Penica, con che sollazzo dei villici circonvicini vi lascio immaginare) e chi, e si trattava di persona di profonda dottrina, ricorse invece a un Man sapròs che, per bene che fosse andata, avrebbe dato Massaprò.
In ogni caso, si rifuggiva dal confronto e dalle analogie, che sono l'arma vincente in linguistica.

In Italia, com'è noto, ci sono circa trenta fra città o, comunque, luoghi abitati che si chiamano Massa. A parte i casi in cui il sostantivo appare solo, nella più diffusa delle forme si tratta sempre di sostantivo + complemento di specificazione (ad esempio Massa d'Albe) o sostantivo + aggettivo, come Massa Lubrense, Massa Fiscaglia, Massa Lombarda; esattamente come Massa Afra, che non è in Africa, come Massa Lombarda non è in Lombardia, ma è Afra perché fu abitata da Afri, esattamente come quella è Lombarda perché fu abitata da Longobardi.
Ma vediamo cos'era, nella Tarda Antichità e nel Medio Evo, una Massa.

Per la Storia del Diritto, Massa è un podere (o un insieme di poderi più o meno unitariamente organizzati, d'estensione, talora, assai considerevole: Massa Trabaria, ad esempio, era una vasta porzione dei domìni della Chiesa che si estendeva nel territorio umbro-marchigiano, dalle cui selve si traeva il legname - le trabes, "travi" appunto - occorrente per la costruzione e la manutenzione delle grandi basiliche romane) appartenente a un signore feudale, a un monastero, a una chiesa, ad altra istituzione ecclesiastica o, comunque, a un magnate.
Ciascuna unità poderale di tale complesso veniva coltivata da una famiglia contadina legata alla terra da rapporti agrari variamente configurati sul piano del diritto (massarìa, livello, affitto, colonìa, etc.).

Se la linguistica ci porta a pensare a Massa Afra come ad una delle tante Massae, rimane l'onere di dimostrare che esistono le ragioni per cui una Massa dovette (ben prima del 970 o 971, quando un documento cassinese parla di Massafra) diventare Afra.
Per questo ci viene in soccorso l'Archeologia.

Oltre venti anni or sono, pubblicai una chiesa rupestre che presentava absidi contrapposte ed ingresso laterale affacciando l'ipotesi che il modello fosse arrivato in Puglia (a Mottola, per l'esattezza, a pochi chilometri in linea d'aria da Massafra) fra V e VI secolo, in età vandalica, vale a dire quando la Provincia romana d'Africa era stata occupata dai Vandali, Ariani, che avevano costretto all'esilio gli Ortodossi.
Pochi anni dopo, nella Gravina Madonna della Scala, in una abitazione rupestre, fu rinvenuto un tesoretto di monetine di bronzo composto da minimi bizantini e vandalici di V-VI secolo. Qualche anno fa un numismatico dell'Università di Vienna dette notizia dell'esistenza di un altro tesoretto simile rinvenuto in territorio di Massafra, ma lungo la Litoranea, verso il mare, a circa 12 Km da Taranto, vale a dire nella zona dove una trentina d'anni or sono fu rinvenuta l'iscrizione funeraria dei due bambini, Spaectatus e Spaectata (nomi diffusissimi tra i Cristiani d'Africa) che io pubblicai datandola al V secolo e ritenendola sicuramente cristiana per la presenza di due colombe incise.

Nel corso di una ricerca ancora in atto sulle "vicinanze", le singolari abitazioni sotterranee che costituivano il tessuto di Massafra Vecchia, scoprii che i modelli erano confrontabili con quelli delle case sotterranee della Tunisia: con i vani mosaicati e dipinti dei palazzi signorili di Bulla Regia, certo, ma soiprattutto con le case della gente comune di Matmata e di Haddej. Quest'ultimo centro, soprattutto, è ancora formato da alcune centinaia di abitazioni scavate nella roccia intorno ad un area discoverta centrale, esattamente come si vede nelle residue "vicinanze" di Massafra. Si tenga presente che, mentre le abitazioni "rupestri" (scavate sulle pareti delle gravine) si trovano ovunque, da Matera a Grottaglie ed oltre, le "vicinanze" (salvo qualche episodio isolato nel Salento e a Casalrotto di Mottola) si trovano in agglomerato soltanto a Massafra.

Nella chiesa ipogea detta "Cripta Pozzo in Carucci", al confine tra Massafra e Crispiano (dagli anni venti di questo secolo, vale a dire da quando Crispiano divenne Comune autonomo; prima, come dimostrano le carte dell'Istituto Geografico Militare del 1874, ben addentro il territorio di Massafra) si trovava l'unico affresco rappresentante POSIDONIOS (come si legge ancora nell'iscrizione superstite), il santo vescovo di Calama, in Numidia, discepolo e biografo di Sant'Agostino, esule "in Apuliae partibus" a causa dell'invasione vandala, le cui spoglie, recuperate in Italia meridionale dall'Imperatore Ludovico II (come io ritengo) nell'880, quando ritolse Bari, ma non Taranto, agli Arabi, furono da questi donati al Vescovo di Reggio nell'Emilia ed oggi sono venerate nel comune di San Possidonio, in provincia di Modena. Una tomba vuota, contigua alla chiesa ipogeica massafrese, e segni indubbi di pellegrinaggio, lasciano supporre con buone probabilità di essere nel vero che quella fu la primitiva sepoltura di San Posidonio.

Ciascuno di questi dati, preso in sé, è soltanto un indizio, ma presi a vicenda si rafforzano a vicenda.
Possiamo, così, ricostruire pur in assenza di documenti scritti una vicenda di questo genere:


Le prove archeologiche, come abbiam visto, non solo non contraddicono, ma rafforzano i risultati della Linguistica.

Ovviamente, non intendiamo che tutte le "vicinanze" di Massa Afra siano state scavate, fra V e VI secolo, dai profughi Afri: il modello rimase lungamente produttivo, e "vicinanze" si scavarono (e ampliarono, modificarono, colmarono, distrussero) sino almeno al XVIII secolo, con qualche coda sino al XIX e, forse, al nostro secolo.
Ma quelle antiche sono riconoscibili ancora, regolarmente disposte dove - poi, dopo il XIV-XV secolo, come ha ribadito anche il Fonseca - sorgerà nel tempo la Massafra subaerea, coi suoi vicoli e le sue case irregolari, perché dovevano tener conto delle preesistenti "vicinanze"; di quelle più antiche e di quelle proliferate nel lungo Medioevo.
Quanto al culto del Vescovo afro Posidonio-Possidio, è irrilevante che l'affresco (ultimo!) che lo raffigurava nella "Cripta-pozzo Carucci" fosse di XIV secolo.
Il suo ricordo ed il suo culto dovevano essere ben persistenti a Massafra, anche quando, nel pieno Trecento, si era persa memoria degli antenati Afri, dai quali certo non discendevano gli abitatori ellenofoni che quel culto, però, avevano ereditato e vivificato. Insieme con quel nome strano, che per loro non aveva significato, così pieno di "a": Massafra.

E, di eredità in eredità, di secolo in secolo, ciascuno volle dire la sua: fino al cartografo veneziano del XVII secolo che, in mancanza di meglio, anticipò il Romanticismo ed incise sulla lastra di rame un poetico Massafratta.
Peccato che, almeno dal X secolo, come insegna la carta cassinese, Massa Afra (passando forse per Mass'Afra) fosse divenuta, fuor d'ogni poetica suggestione, Massafra.


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