FERMIAMO LA GUERRRA DELLA NATO CONTRO LA JUGOSLAVIA
Mentre scriviamo queste righe, otto mila soldati della Nato si stanno schierando in Albania e le "teste di cuoio" della fanteria britannica sono già in Kosovo dietro le linee serbe. E' evidente che tutto ciò è il preludio di un intervento di terra.
L'ipocrisia "umanitaria" per coprire l'aggressione imperialista
Le drammatiche immagini che possiamo vedere ogni giorno in Tv - il treno civile sfondato dai missili della Nato, una colonna di profughi annientata "per errore" dai bombardieri americani, la sistematica devastazione di ogni infrastruttura civile e industriale in Serbia, in Kosovo e in Montenegro, i profughi kosovari (ma non solo) che fuggono dalla repressione delle forze serbe e dalle bombe degli "amici" della Nato - sono la sconvolgente conferma che le vere ragioni della guerra non hanno nulla a che vedere con la difesa di presunte "ragioni umanitarie" e tanto meno del legittimo diritto all'autodeterminazione del popolo kosovaro.
Il governo statunitense e quelli europei sono impegnati - in un rapporto di reciproca collaborazione e competizione - in un'azione militare su vasta scala (senza precedenti in Europa dopo la seconda guerra mondiale) per costringere Milosevic a adeguarsi alle condizioni della "pax imperialista" nei Balcani, nonché, ovviamente, per la spartizione del bottino che ne conseguirà. In altre parole, l'obiettivo delle bombe è quello di consolidare il controllo delle potenze occidentali sulle diverse aree economiche e politiche prodotte dalla disintegrazione della Jugoslavia, completare la reintroduzione del "libero mercato" capitalistico dopo il crollo del regime titoista, stabilire definitivamente la presenza militare della Nato in una regione europea di importanza strategica per la proiezione verso l'Est e verso il Medio Oriente.
In questo nuovo massacro i governi europei (quasi tutti a guida socialdemocratica), lungi dallo svolgere un ruolo meramente subalterno rispetto a Washington, sgomitano per occupare il proscenio in questa barbara rappresentazione. Le vite di migliaia di persone in Jugoslavia, nonché il rischio di un'estensione della guerra all'insieme dei Balcani (se non al resto del mondo), vengono tranquillamente messi nel conto, in nome dei superiori interessi imperialistici, in nome del profitto.
Fermiamo la guerra, fuori la Nato dai Balcani
Tutto questo non può essere accettato. Tutto questo va respinto e combattuto.
E' necessario innanzitutto costruire la più larga mobilitazione internazionalista nel nostro Paese e negli altri Paesi aggressori, per pretendere la cessazione immediata e senza condizioni dei bombardamenti e di ogni altra azione bellica da parte della Nato.
La richiesta dell'immediata cessazione delle brutali operazioni repressive delle forze serbe contro la popolazione albanese del Kosovo non può giustificare la prosecuzione dell'aggressione imperialista: oltretutto quest'ultima ha già dimostrato nei fatti di ritorcersi anche contro la popolazione kosovara.
E' inoltre necessario opporsi al dispiegamento militare della Nato in Albania, Macedonia, ecc. che sta avvenendo con l'alibi degli aiuti umanitari ai profughi, così come all'Operazione Arcobaleno promossa a scopi propagandistici dal governo D'Alema per rafforzare la presenza italiana in Albania.
Sosteniamo gli aiuti ai profughi, ovviamente: ma solo tramite le associazioni non governative che si sono schierate contro la guerra.
Non possono esserci dubbi sul senso della nostra battaglia: non tanto la "riattivazione della diplomazia" (che in sé non significa nulla: azione militare e azione diplomatica non sono certo contrapposte per l'imperialismo) bensì la sconfitta degli aggressori Nato e dei suoi piani.
Sosteniamo l'azione indipendente dei lavoratori
A questo fine i comunisti devono battersi per l'attivazione indipendente dei lavoratori, su tutti i fronti, perché solo quest'ultima può costruire le premesse di una soluzione effettiva dei conflitti in corso. Per questo vanno appoggiate le azioni di resistenza intraprese autonomamente dai lavoratori, come quella degli operai della fabbrica automobilistica Zastava di Kragujevac (diventata non a caso un bersaglio delle bombe).
E' necessario che i lavoratori serbi prendano nelle loro mani la difesa del Paese dall'aggressione imperialista, che costituiscano comitati di difesa e di controllo delle fabbriche, per porre oggi - nella difesa dalle truppe Nato - le basi del rovesciamento domani di Milosevic e del regime procapitalista e restaurazionista.
Per l'autodeterminazione del Kosovo, per una federazione socialista dei Balcani
La sconfitta dell'intervento della Nato nei Balcani permetterebbe anche al popolo albanese-kosovaro, così come agli altri popolo dei Balcani doppiamente oppressi - dall'imperialismo e dai suoi vassalli - di guadagnare una effettiva autodeterminazione che può avvenire solo nella piena indipendenza da ogni ingerenza imperialista. Solo questa vittoria sugli aggressori può consentire di mettere fine alla tragica catena di odi etnici e di conflitti sciovinistici e di aprire la strada al ritorno di tutti i profughi (degli albanesi espulsi dal Kossovo così come dei serbi espulsi dalla Kraina) e all'unica prospettiva di pace stabile in questa area: la prospettiva di una federazione socialista dei Balcani, in cui si attui la pacifica convivenza di tutti i popoli nel rispetto dell'identità e del diritto di autodeterminazione di ciascuno di essi.
Questa prospettiva, che fu del movimento comunista jugoslavo fin dal suo nascere negli anni Venti, resta l'unica possibile per i lavoratori.
Fuori la Nato dall'Italia, fuori l'Italia dalla Nato
Peraltro, la sconfitta dei governi aggressori di Usa, Italia, Francia, Gran Bretagna, Germania, ecc., rafforzerebbe anche la lotta dei lavoratori di questi Paesi contro le proprie borghesie. In particolare in Italia renderebbe credibile la rivendicazione dell'uscita dalla Nato e del suo scioglimento e darebbe un nuovo impulso alla costruzione di un autonomo polo di classe, contrapposto ai due poli dell'alternanza borghese - centrodestra e centrosinistra - oggi uniti nel sostegno agli interessi imperialistici della borghesia.
Come già accadde venticinque anni fa in Vietnam, la sconfitta dell'imperialismo rafforzerebbe i lavoratori di tutto il mondo riproponendo l'attualità di quel progetto comunista di rovesciamento del capitalismo che resta l'unica possibilità di mettere fine una volta per tutte alle guerre.
Costruiamo lo sciopero generale contro la guerra e contro il governo che la conduce
Oggi, intanto, è essenziale allargare la mobilitazione, organizzarla, renderla permanente. Diamo vita in ogni luogo di lavoro e di studio comitati unitari di tutti coloro che sono disponibili a battersi contro la guerra, promuoviamo in tutto il Paese e davanti alle basi e alle installazioni militari presidi e manifestazioni, costruiamo al più presto lo sciopero generale contro la guerra e contro il governo che la conduce.
Perché, come scriveva nel 1914 Karl Liebnecht in un celebre volantino alle truppe in guerra: "Il nemico principale dei lavoratori è nel proprio Paese!"
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