L'Internazionale comunista nel 1924: la questione delle minoranze nazionali nei Balcani
La guerra imperialistica, a cui i lavoratori erano stati trascinati dalla borghesia con la prospettiva ingannevole della difesa delle minoranze nazionali e del loro diritto di autodeterminazione, in realtà, in conseguenza della vittoria di un gruppo di Stati capitalistici, ha portato all'inasprimento dei contrasti nazionali e dell'oppressione delle minoranze nazionali nell'Europa centrale e nei Balcani.
I trattati di pace di Versailles, di Saint-Germain ecc., imposti con la forza dall'Intesa vittoriosa, hanno creato, allo scopo di combattere la rivoluzione proletaria, nuovi piccoli Stati imperialistici (Polonia, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Romania, Grecia), costituiti mediante l'annessione di rilevanti territori con popolazioni allogene e focolai quindi di oppressione nazionale e di reazione sociale. La questione del l'oppressione nazionale è diventata attuale soprattutto per quei grandi Stati nazionali, che prima della guerra non erano oggetto ma soggetto della politica oppressiva. Un esempio evidente ne è la Germania. Nei riguardi di questa l'Intesa imperialistica non si è accontentata dell'annessione completa di territori di popolazione tedesca in base ai trattati di pace, ma si è sforzata di smembrarla avvalendosi di forme raffinate di annessione mascherata, tramite "autodeterminazioni nazionali" da commedia (occupazione della Renania) o scoperte rapine non previste nel quadro dei trattati di pace, rapine di cui la Ruhr può fornire l'esempio.
La questione nazionale in Europa ha quindi assunto dopo la guerra mondiale un nuovo significato ed è diventata attualmente uno dei problemi politici più importanti per l'Europa centrale e per i Balcani. La lotta dei popoli oppressi contro l'oppressione nazionale diventa allo stesso tempo una lotta contro il potere della borghesia imperialistica vittoriosa, esattamente come il consolidarsi dei nuovi Stati imperialistici significa il rafforzarsi dell'imperialismo mondiale.
L'importanza della lotta contro l'oppressione nazionale è accresciuta inoltre dal fatto che le minoranze nazionali oppresse dalla Polonia, dalla Cecoslovacchia, dalla Jugoslavia, dalla Romania e dalla Grecia, per la loro composizione sociale sono in prevalenza popolazioni contadine e la loro lotta per la libertà nazionale è al tempo stesso una lotta di masse rurali contro i grandi proprietari terrieri e i capitalisti stranieri. Conseguentemente i partiti comunisti dell'Europa centrale e dei Balcani si trovano dinnanzi al compito di appoggiare con ogni mezzo i movimenti rivoluzionari nazionali delle popolazioni oppresse. La parola d'ordine "autodeterminazione per tutti i popoli, incluso il diritto alla separazione" nell'attuale periodo prerivoluzionario nei nuovi Stati imperialisti deve intendersi come "separazione delle popolazioni oppresse dal corpo statale della Polonia, della Romania, della Cecoslovacchia, della Jugoslavia e della Grecia".
Il congresso riscontra all'interno dei singoli partiti una deviazione nel fatto che singoli compagni e gruppi definiscono la loro posizione verso i movimenti rivoluzionari nazionali dei loro paesi sulla base delle conseguenze delle formazioni statali create dai trattati di Saint-Germain ecc. Le parole d'ordine di questi compagni e di questi gruppi relativamente al movimento rivoluzionario nazionale non sono dirette contro questi Stati fondati sull'oppressione nazionale e creati per combattere la rivoluzione proletaria, ma sono per una riforma parziale di tali Stati, in cui le direttive riguardanti l'autonomia delle popolazioni oppresse vengano dettate nel quadro dello Stato imperialista.
Il congresso condanna recisamente tale deviazione socialdemocratica grande-statuale, così come rifiuta la deviazione del nazionalbolscevismo che trasforma l'appoggio del partito comunista al movimento nazionale rivoluzionario in un incoraggiamento alle classi abbienti ad assumere la guida del movimento stesso, la qual cosa porterebbe le masse dei lavoratori a sottostare all'influenza e all'egemonia della borghesia sciovinista.
Il congresso assegna a tutti i partiti comunisti il compito di creare cellule comuniste nelle organizzazioni rivoluzionarie nazionali, appoggiando incondizionatamente il movimento rivoluzionario nazionale dei popoli oppressi contro il potere della borghesia dominante, e di cercare di mettersi alla testa della lotta rivoluzionaria nazionale delle popolazioni oppresse e di guidarle sulla via chiara e sicura della lotta rivoluzionaria contro il potere della borghesia sulla base di una stretta solidarietà fra tutti i lavoratori e della lotta comune in ogni Stato per il conseguimento del potere da parte degli operai e dei contadini. Soltanto un'unione siffatta degli elementi comunisti all'interno delle organizzazioni rivoluzionarie nazionali può assicurare alle masse dei lavoratori una posizione di primo piano in antitesi con gli elementi borghesi, con i grandi proprietari terrieri e con gli avventurieri che spesso si servono di tali organizzazioni per gli scopi della loro classe, o nei paesi capitalistici, spesso ne fanno uno strumento per i loro fini imperialistici.
Il congresso considera dovere di tutti i partiti comunisti condurre una lotta energica contro i partiti borghesi e socialtraditori, che scatenano gli odi fra le nazioni e lo sciovinismo, e spiegare chiaramente alle masse dei lavoratori - sia alle popolazioni oppresse che ai popoli oppressori - il carattere sociale dell'oppressione nazionale e della lotta rivoluzionaria nazionale e la dipendenza di tale lotta dalla lotta del proletariato mondiale per un completo affrancamento sociale e nazionale dei lavoratori.
Il congresso condanna parimenti la deviazione particolaristica nella soluzione della questione nazionale ed è del parere che la realizzazione del diritto di autodeterminazione dei popoli, inclusa la separazione, non ha nulla in comune con il particolarismo e non è in contrasto con l'evoluzione delle forze di produzione.
Il congresso sottolinea il significato controrivoluzionario della spinta colonizzatrice che informa le classi dominanti dei piccoli Stati imperialistici, la quale inasprisce al massimo i contrasti nazionali. Il congresso ritiene che sia un dovere dei partiti comunisti polacco, rumeno, jugoslavo, cecoslovacco e greco condurre una lotta energica contro il colonialismo.
Il congresso approva la direttiva emanata dai partiti comunisti dei paesi balcanici per una federazione balcanica di repubbliche di operai e contadini indipendenti ed equiparate nei diritti.
Constatato lo straordinario sviluppo dell'antisemitismo anche negli Stati imperialistici di recente costituzione e in particolare in Polonia, in Romania ed in Ungheria ed avendo rilevato gli sforzi delle classi dominanti per distogliere mediante l'antisemitismo l'attenzione delle classi lavoratrici dai veri responsabili delle loro condizioni miserabili e impedire loro di gettarsi nella lotta rivoluzionaria, il congresso ritiene dovere di tutti i partiti comunisti condurre una lotta decisa ed energica contro l'antisemitismo e stabilire nelle loro direttive l'accantonamento incondizionato di qualsiasi limitazione giuridica delle popolazioni ebraiche e la garanzia del loro libero sviluppo culturale.
[Il congresso ritiene giuste le parole d'ordine lanciate dalla Federazione balcanica per l'unità e l'indipendenza della Macedonia e della Tracia, considera invece sbagliata e opportunista la rivendicazione dell'autonomia delle singole parti della Macedonia e della Tracia entro i confini degli Stati borghesi artificialmente creati dal trattato di Sèvres.
La questione ucraina, che è una delle questioni nazionali più importanti in Europa centrale, può essere risolta solo attraverso la riunione in una repubblica sovietica di operai e contadini di tutti i territori ucraini ora divisi fra Polonia, Cecoslovacchia e Romania. I partiti comunisti di questi ultimi paesi dovranno appoggiare il consolidamento dei partiti e delle organizzazioni comuniste delle regioni ucraine.
La questione nazionale in Jugoslavia non potrà essere risolta attraverso una revisione della Costituzione, ma soltanto lottando a fondo contro l'oppressione nazionale in tutte le sue forme, per il diritto delle nazionalità di disporre liberamente di se medesime. La teoria di una nazione serbo-croato-slovena non è altro che una maschera dell'imperialismo serbo.
Anche in Cecoslovacchia il partito comunista deve sostenere la lotta delle minoranze nazionali, in particolare di quella slovacca, per la propria indipendenza. La parola d'ordine dell'autonomia mira a ridurre in schiavitù i lavoratori di tutte le nazionalità a vantaggio delle rispettive borghesie alleate con la borghesia ceca. In questo come negli altri casi sopra esaminati la liberazione nazionale delle minoranze sarà ottenuta solo se i lavoratori di tutte le nazionalità lotteranno uniti per abbattere il dominio del capitale.
Il plebiscito del 1921 che ha portato alla spartizione dell'Alta Slesia non ha risolto nulla. Il Partito comunista tedesco e quello polacco devono lottare in comune contro ogni forma di oppressione nazionale.
Il congresso approva la rivendicazione formulata dal Kpp di un'unione dei territori separati della Russia bianca in una Repubblica sovietica operaia e contadina della Bielorussia.
Il Kpp deve proclamare altresì il diritto delle popolazioni lituane delle regioni annesse alla Polonia a disporre di se medesime.
Dev'essere intensificata l'attività comunista fra le popolazioni ungheresi delle regioni annesse alla Romania, alla Jugoslavia e alla Cecoslovacchia. Si approvano le rivendicazioni dei comunisti romeni circa la separazione della Transilvania e della Dobrugia dalla Romania e la loro costituzione in regioni indipendenti. Dev'essere infine appoggiata la lotta che il popolo albanese conduce contro la Jugoslavia, la Grecia e l'Italia in difesa della propria indipendenza.]
[Risoluzione del V Congresso dell'Internazionale comunista sulle questioni nazionali nell'Europa centrale e nei Balcani, luglio 1924; da Aldo Agosti, La Terza Internazionale. Storia documentaria - II 1924-1928, Feltrinelli Milano 1976, pp. 159-162]
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