Casetta postale Novembre 1997

 

 

 

Casetta postale Novembre 1997
 

Anche questo mese sono molte le lettere che abbiamo ricevuto. Ragioni di spazio ci impediscono di pubblicarle tutte in questo numero, per alcune ci riserviamo di farlo nel prossimo.

Per quanto riguarda i problemi del mondo della scuola, segnalatici da un attenta lettrice, abbiamo pensato di supplire, riportando agli organi competenti le problematiche indicate. La invitiamo perciò a rivolgersi fiduciosa ai suddetti organi, ed in special modo ai rappresentanti dei genitori, che siamo sicuri sapranno accogliere le sue istanze.

I problemi di spazio non devono essere però un deterrente per i lettori che ci vogliono scrivere, le loro missive non rappresentano infatti solo un tangibile riconoscimento all’attività che stiamo portando avanti, ma soprattutto l’occasione per tutta la comunità di venire a conoscenza di fatti e problematiche, che altrimenti difficilmente troverebbero pubblicità.

Hanno buttato giù la mia scuola!

Un uomo sui quarant’anni fotografava i muri delle vecchie scuole che venivano giù sotto i colpi della pala. Un giovane, vicino, commentava in dialetto "sarà il caso! non è un monumento!".

Ho pensato a quanti, come me, un paese intero, hanno imparato lì a leggere, scrivere e far di conto; a quelli che in quei vecchi muri, ci hanno aiutato a dar forma alle cose e colore ai primi pensieri.

Ho rivisto i maestri, i compagni...il Bolzan dietro la lavagna, il Mario moroso della Rosa e la Maria morosa del Gigino; le cartelle di cartone, i grembiuli delle compagne, il vecchio banco di legno nero col buco del calamaio...ol Paulì, ol Miglì, ol Grando col Madornali...i duelli con le spade di legno del Ciacio e il Caio. Ho rivissuto le lotte "all’ultimo sangue" col Romano e le fughe con l’Andrea alla pineta, al Localì, al fontanì, panino in saccoccia e la carruba rubata alla Buschina; e poi più su oltre il canale, fino al Val Roveto, un verde scuro di foresta incantata, limite oltre il quale la fantasia ricostruiva le storie dei vecchi e le fiabe sentite, misteriose visioni di gnomi, spiritelli, diavoli e scalpitio di zoccoli.

In ogni pietra che cadeva riappariva, chiaro, il ricordo di qualcosa annebbiato dal tempo: il suono della campanella, le voci dei giochi, i silenzi dell’aula; i rimbrotti del Maestro, addolciti ogni sera dal sorriso e dalla tenera carezza di mia Madre; il ricomporsi di tanti volti.

Ed ho sentito il cadere del tempo su tanta storia del mio paese antico......

Con un po’ di malinconia, a voi ed a chi è stato tra voi, anche a quelli a me sconosciuti, grazie, care vecchie scuole da uno scolaro, uno fra tanti.

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