Un uomo sui quarantanni fotografava i muri delle vecchie scuole
che venivano giù sotto i colpi della pala. Un giovane, vicino, commentava in dialetto
"sarà il caso! non è un monumento!".
Ho pensato a quanti, come me, un paese intero, hanno imparato lì a
leggere, scrivere e far di conto; a quelli che in quei vecchi muri, ci hanno aiutato a dar
forma alle cose e colore ai primi pensieri.
Ho rivisto i maestri, i compagni...il Bolzan dietro la lavagna, il
Mario moroso della Rosa e la Maria morosa del Gigino; le cartelle di cartone, i grembiuli
delle compagne, il vecchio banco di legno nero col buco del calamaio...ol Paulì, ol
Miglì, ol Grando col Madornali...i duelli con le spade di legno del Ciacio e il Caio. Ho
rivissuto le lotte "allultimo sangue" col Romano e le fughe con lAndrea
alla pineta, al Localì, al fontanì, panino in saccoccia e la carruba rubata alla
Buschina; e poi più su oltre il canale, fino al Val Roveto, un verde scuro di foresta
incantata, limite oltre il quale la fantasia ricostruiva le storie dei vecchi e le fiabe
sentite, misteriose visioni di gnomi, spiritelli, diavoli e scalpitio di zoccoli.
In ogni pietra che cadeva riappariva, chiaro, il ricordo di qualcosa
annebbiato dal tempo: il suono della campanella, le voci dei giochi, i silenzi dellaula;
i rimbrotti del Maestro, addolciti ogni sera dal sorriso e dalla tenera carezza di mia
Madre; il ricomporsi di tanti volti.
Ed ho sentito il cadere del tempo su tanta storia del mio paese
antico......
Con un po di malinconia, a voi ed a chi è stato tra voi, anche a
quelli a me sconosciuti, grazie, care vecchie scuole da uno scolaro, uno fra tanti.