La scommessa era quella di fare un film di fantascienza (genere quanto mai latente nel "povero" cinema europeo) che potesse competere con gli analoghi americani, senza però arrivare a quel piattume imbarazzante che ormai caratterizza la maggior parte di questo genere di prodotti d'oltreoceano (vedi Independence Day).
Insomma, utilizzare con intelligenza gli effetti speciali (che, visto l'elevato costo, vanno centellinati) mettendoli al servizio della storia, invece di buttar giù alla bell'e meglio una trama ridicola con l'unico scopo di giustificare esplosioni, astronavi, catastrofi e così via. Una scommessa non tanto per il riscontro al botteghino, che sicuramente ci sarà, visto il tipo di film (che "tira") e il grande sforzo pubblicitario fatto, quanto piuttosto per il contenuto e il risultato.
In Nirvana sono presenti le classiche ambientazioni cyberpunk: metropoli enormi, caotiche e multietniche, costantemente buie e umide, netta separazione tra classi sociali (i programmatori hanno grandissimi agi e poteri), localacci fumosi e malfrequentati. Ben riuscito è sicuramente lo sforzo degli scenografi, anche se non brillano per eccessiva originalità.
Punto dolente di questo film sono le due "star" inetrnazionali: Emanuelle Seigner e Christopher Lambert. La moglie di Polanski è una specie di mollusco che appare sempre mollemente afflosciata, vuoi su un divano, vuoi in una vasca da bagno; e quando parla ha la stessa inebriante verve e la stessa sicura scioltezza di Jean Alesi nelle sue migliori performance pubblicitarie.
Il bel Christopher, dal canto suo, non è meno sconfortante: il massimo di espressività lo raggiunge quando ha il volto coperto da un mascherone simil-realtà virtuale; per il resto non si capisce se prima delle riprese è stato impagliato o lobotomizzato, a causa del suo sguardo costantemente vacuo e dall'assoluta immobilità di ogni suo muscolo facciale. Unica eccezione sono alcune sue sporadiche risate, probabilmente stimolate da elettrodi opportunamente piazzatigli sui testicoli.
Buone, al contario, le prove degli altri attori. Abatantuono, pur continuando imperterrito a fare se stesso, è ideale per l'uomo-videogioco che interpreta. Sergio Rubini, imbacuccato come il miglior Thomas Milian nei panni dell'ispettore Girardi (Er Monnezza, tanto per intenderci), è probabilmente il primo hacker cyberpunk pugliese della storia del cinema. Ottima la quasi esordiente Stefania Rocca, bell'esempio di "donna con le palle" (cfr. la Rippley di Alien).
Non mancano nel film temi costanti del cinema di Salvatores: la fuga (reale e virtuale), il viaggio, le droghe leggere. Manca putroppo la solita partitella a calcio, ma non si può aver tutto.
Da segnalare, infine, le amichevoli apparizioni dei vecchi aficionados Ugo Conti, Claudio Bisio, Silvio Orlando e Paolo Rossi.
Titolo originale: Nirvana (Italia/Francia, 1997). Regia: Gabriele Salvatores. Sceneggiatura: Gabriele Salvatores. Collaborazione alla sceneggiatura: Gloria Corica, Pino Cacucci. Fotografia: Italo Petriccione. Musica: Mauro Pagani, Federico De Robertis. Montaggio: Massimo Fiocchi.
Scenografia: Giancarlo Basili. Costumi: Patrizia Chiericoni, Florence Emir. Trucco: Bernadette Grampa. Prodotto da: Vittorio e Rita Cecchi Gori, Maurizio Totti. Distribuzione: Cecchi Gori Group
Con: Christopher Lambert (Jimi), Diego Abatantuono (Solo), Sergio Rubini (Joystick), Stefania Rocca (Naima), Amanda Sandrelli (Maria), Emmanuelle Seigner (Lisa), Claudio Bisio (Corvo Rosso).