Alphonse Allais
Passo tutto il mese di marzo a Tamaris, vicino a Tolone, a casa di Allais - ed imparo a volergli
bene maggiormente.
Ho visto persone che parlavano poco delle proprie opere, che non attribuivano importanza ai loro
lavori - ma non ne ho mai viste modeste a questo punto. Scriveva e pubblicava un centinaio di
racconti all'anno - non vi faceva alcuna allusione, mai. Trascurava anche di inviare i suoi libri
agli amici. Si plagiavano i suoi racconti, gli si rubavano le invenzioni più strabilianti, le più
personali - non pensava nemmeno di lamentarsene.
Scriveva settimanalmente al Journal ed al Sourire. Doveva inviare i suoi due
articoli il giovedì. Avrebbe benissimo potuto farli il mercoledì. Aspettava il giovedì pomeriggio,
aspettava sino all'ultimo minuto, poi andava a sedersi al fondo del caffé più vicino alla posta -
poiché non scriveva mai a casa, e tutti i suoi racconti li ha scritti su carta da lettere. Appena
aveva terminato i suoi due articoli, li imbustava senza rileggerli e mandava un cameriere a
spedirli.
Alcuni di essi risentono di questa fretta estrema, altri sono la testimonianza della sua prodigiosa
immaginazione - ma i più gustosi di tutti sono certamente quelli che ha composto senza sapere dove
sarebbe andato a finire, Allais. La sua lingua, il suo spirito, la sua ingeniosità facevano allora
meraviglie. E sono degli autentici capolavori di scrittura. Aveva il genio della parentesi e
della "nota a pie' di pagina". Quando aveva scritto una frase della quale non era soddisfatto, la
metteva tra virgolette e l'attribuiva a certi scrittori mediocri come Ohnet. E aggiungeva persino
sic.
Si può non assaporare lo spirito di Alphonse Allais - ma è un peccato. Si può anche non apprezzare
le opere di Laurent Tailhade - ma si ha veramente torto. Ed ho
ravvicinato questi due nomi perché, in effetti, Tailhade non apprezzava lo spirito d'Allais.
Sosteneva che ne esageravo il valore. Un giorno in cui me lo diceva, gli ho chiesto se avesse già
letto un libro intero di Alphonse Allais. Aveva letto soltanto dei racconti, qua e là.
- Ha pubblicato dei libri?
- No. Ma ogni anno pubblica una raccolta dei suoi racconti.
Eravamo in campagna, a casa mia, a Honfleur, e gli ho messo di forza tra le mani Rose
et vert pomme dicendogli:
- Leggetelo mentre lavoro. Ma non vi allontanate. Voglio sentirvi ridere.
- Ridere?
- Sì, riderete... vostro malgrado!
E l'ho piazzato di fronte a me in una poltrona.
Docilmente - amichevolmente, dovrei dire - lesse il libro d'Allais dalla prima all'ultima pagina.
Non ne saltò neppure una riga - lo sorvegliavo.
Non sorrise neppure una volta!
Ma quando ebbe finito:
- Vi presento le mie scuse, Sacha. Il vostro amico non è spassoso... ma è uno scrittore
notevole!
Venendo da Tailhade, ho preferito senz'altro questo che se avesse sorriso.
Tra le frasi più caustiche e più acute di Allais, mi ricordo di questa.
La nuova promozione della Legion d'onore era appena uscita. Vi era sì Jules Renard, ma era mal
accompagnato. C'erano due o tre scrittori che si sarebbe benissimo potuto fare a meno di decorare.
Allais aprì il giornale. E gridò:
- Oh! Avete visto... quel povero Renard decorato in una retata.
(...)
Quando si va molto sovente negli stessi caffé, si finisce per conoscerne gli habitués, e ci si
dice buongiorno, ci si stringe la mano, senza sapere come ci si chiama. Si dice: "Buongiorno,
monsieur. Arrivederci, monsieur." A Allais non piaceva chiamare le persone monsieur. Le
chiamava capitano, caro avvocato oppure dottore. Ora, tra questi
dottori, ve n'è uno al quale il titolo è rimasto. Si continua encora a chiamarlo
dottore ancora oggi - e lo si consulta! Lo si consulta solo nei caffé, ma siccome
è estremamente prudente nei medicinali che consiglia, d'altra parte non nominando mai altro che
delle specialità, ha finito col farsi una simpatica piccola clientela.
E' il dottor Pelet. Me l'ha confermato al telefono, un giorno, in termini spiritosi: "Sì,
è la verità, sono diventato dottore per colpa d'Alphonse Allais... ma mi chiamava
dottore perché sono dottore in giurisprudenza."
Gli scherzi d'Allais erano a lunga portata. Eccone un altro esempio:
Allais aveva abbonato per dieci anni alla Cote de la Bourse un certo Marcel Leconte,
pregiudicato, che ha passato la vita a morir di fame, stravaccato sul parapetto del porto di
Honfleur. Aspettava laggiù l'arrivo dei battelli da Le Havre e aiutava a scaricarli. Allais aveva
dato come indirizzo: Marcel Leconte, Café Français, Honfleur - e ogni sabato si vedeva
il padrone malcontento del Café Français gettare a Leconte la Cote de la Bourse
gridandogli:
- Leconte, ecco il vostro giornale!
Quando Allais morì, restavano ancora tre anni d'abbonnamento. Allais non c'era più - lo scherzo
continuava!
(...)
Sacha Guitry, Si j'ai bonne mémoire, Plon, 1934.
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