Tristan Bernard

              

Quando Tristan Bernard si è presentato all'Académie Française, un anno fa, questa candidatura è stata accolta nel mondo delle lettere e dal pubblico con la più graziosa simpatia - ma pochi l'hanno presa sul serio.
Ottenne due voti su trentanove votanti e nessuno si stupì. No. Nessuno fu sorpreso che avesse ottenuto solo due voti, e neppure che avesse ottenuto due voti.
Che un uomo totalmente sconosciuto dal pubblico si presenti all''Académie e che venga eletto, lo si trova naturale, ma si considera ugualmente naturale che uno scrittore tanto giustamente celebre come Tristan Bernard non ottenga che due voti su trentanove votanti.
Perché lo si considera naturale?
Perché Tristan Bernard è un autore gaio, del quale si dice che è un umorista poiché possiede dello spirito. Non arriverò sino a pretendere che occorra non avere dello spirito per essere accademico, ma non possiamo dimenticare cosa disse Piron passando davanti all'Académie:
- Sono in quaranta che hanno lo spirito di quattro!
Uno scrittore privo di spirito passa per spiritoso appena smette di essere triste. Ma uno scrittore che possiede realmente dello spirito, nella vita di tutti i giorni, procura il più gran torto alle sue opere.
In Francia, come d'altra parte ovunque, bisogna essere noiosi per venir considerati.
Nulla è più pericoloso di avere dello spirito. Perché le parole che si inventano vengono immediatamente propagate e deformate da coloro che le ripetono - perché ve ne vengono attribuite alcune che non sono della migliore qualità - ed è sopratutto pericoloso perché la familiarità, la comicità di certe battute finiscono per formare di voi un ritratto caricaturale che non è per nulla somigliante.
(...)
Umorista?
Certo.
Ma Mallarmé diceva: "Ogni scrittore completo sfocia in un umorista."
Lo diceva in una lettera che possiedo, là.
E non saranno certamente né Voltaire, né Renan, né France che lo smentiranno.
Ma - in cosa sfocia un umorista completo?
In un filosofo.
Tristan Bernard era precisamente un filosofo. Ma d'una specie rara - e non premeditata.
Filosofo, lo è in ogni pagina, lo è in ogni parola - in ognuno dei suoi "motti".
Filosofo in azione - lo era nella vita come nella sua opera: con misura, con pudore, con tenerezza - con tenerezza per gli uomini che assolve.
Era l'ultimo dei quattro moschettieri.
I quattro moschettieri, erano Jules Renard, Alfred Capus, mio padre e lui.
I moschettieri si riunivano a pranzo da mio padre due o tre volte alla settimana - e lascio immaginare cosa fossero questi pranzi - pranzi che non avrei mancato per un impero - pranzi ai quali Alphonse Allais trovava sempre il suo coperto disposto.
Il pranzo dei moschettieri inaugurato verso il 1895 durò dodici anni.
Allora erano uomini giovani. Renard aveva trentun anni, mio padre trentacinque, Tristan ventinove.
Questo giovanotto di ventinove anni - sono cinquantadue anni che lo conosco.
E' lui che mi aveva regalato la prima bicicletta - è lui, vent'anni dopo, che ci aveva riconciliati, mio padre ed io.
Andandosene, spezza il legame che mi attaccava ancor più a questa vita.
Ed è per questo che la sua vita mi era così cara...

Sono passati due anni.
Mi aveva accolto quel giorno ancor più teneramente del solito.
Poi, subito, col pretesto di mostrarmi qualcosa, mi aveva trascinato nella sua camera - non mi aveva mostrato nulla e si era sdraiato sul letto, facendomi segno di sedermi vicino a lui.
E siamo rimasti così, mano nella mano, - senza dirci niente, durante dieci, dodici, forse quindici minuti.
Non dico che abbiamo pensato insieme - visto che mi sono precisamente sforzato di non prendere nessuna iniziativa in questo senso. L'ho seguito come ho potuto. Per diverse volte, mi è sembrato che cercasse nei miei occhi lo sguardo di mio padre. E nei suoi occhi, nei suoi occhi neri in cui scintillava l'intelligenza, ho visto passare anche il volto di Allais, gli occhialetti di Capus, l'occhio di Jules Renard...
Si ricordava, si ricordava per suo piacere - e riviveva le ore dolci di una volta.
Ma ecco che, all'improvviso, sul suo volto apparve un'ombra di tristezza. Volse il capo e guardò per un bel momento attraverso la finestra. Poi i suoi occhi si chiusero, fece una smorfia - e dalle sue labbra semiaperte lasciò cadere queste parole:
- Ne ho abbastanza.
Sacha Guitry, Portraits et anecdotes.


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