ILS ÉTAIENT NEUF CÉLIBATAIRES (Erano nove celibi)
Produzione: Films Gibé (Joseph Bercholz).
Sceneggiatura e dialoghi: Sacha Guitry.
Regia: Sacha Guitry.
Capi operatori: Victor Arménise, Pierre Bachelet.
Direttore produzione: Joe Francis.
Scenografia: Jacques Colombiez.
Suono: Antoine Archaimbaud.- Montaggio: Maurice Serein. - Musiche: Adolphe Borchard
Interpreti:
Sacha Guitry, Elvire Popesco, Geneviève Guitry, Marguerite Pierry, Betty Stockfeld,
Marguerite Moreno, Marguerite Deval, Pauline Carton, la principessa Chyo, Christiane
Isola, Simone Paris, Yvonne Yma, Luce Fabiole, Marie-José, Marthe Sarbel, Marguerite de
Morlay, Solange Varennes, Max Dearly, André Lefaur, Saturnin Fabre, Victor Boucher,
Aimos, Sinoël, Gaston Dubosc, Georges Morton, Anthony Gildès, Gustave Libeau, Henri
Crémieux, Jacques Erwin, Georges Grey, Léon Walther, Robert Seller, Nicolas Amato,
Gaston Orbal, Jacques Berlioz, René Lacourt, Albert Duvaleix, Henry Houry, Louis
Vonelly, Pierre Huchet, Arnaudy, André Nicolle.
Durata: 120 mn. Prima uscita: 27 ottobre 1939 ai cinema Marignan e Le Colisée - Parigi
La storia:
Per soddisfare delle ricche straniere desiderose di ottenere la cittadinanza francese,
Jean, un affarista senza scrupoli, fonda un ospizio per vecchi celibi, pronti a
contrattare, dietro pagamento, dei matrimoni "bianchi". Le cose vanno secondo i
programmi di Jean fino al giorno delle nozze di gruppo e la storia finirebbe qui,
se i vecchietti non avessero altre intenzioni...
Estratti dai dialoghi del film.
Qualche riflessione dell'autore:
Maurice Romain: Vorrei farle qualche domanda sulla maniera in cui Sacha Guitry ha
collaborato con Sacha Guitry alla realizzazione de "Ils étaient neuf
célibataires" e, in maniera più generale, sulla loro collaborazione abituale in un
film. Ma posso chiederle subito cosa le ha dato l'idea della sceneggiatura de "Ils étaient neuf
célibataires"? Ho pensato che fosse stata suggerita dalla realtà che la stampa
, più volte, ci ha rivelato su questi ingeniosi intermediari matrimoniali.
Sacha Guitry: Certamente no: avevo avuto l'occasione, diverse volte in questi ultimi
tempi, di sentir parlare delle straniere residenti a Parigi e desiderose di divenire
francesi; ne ho tirato la conclusione che si trattasse di un caso piuttosto frequente,
ed è così che la storia ha preso forma nel mio spirito.
M.R.: Si è modificata, nel corso della realizzazione?
S.G.: Per nulla. Il film che mi dice di aver applaudito non è per niente diverso da
quello che prevedeva la sceneggiatura originale, per quanto possa sembrarle sorprendente.
M.R.: Vedendo Ils étaient neuf célibataires ho anche pensato che, per quanto
riguarda le peripezie, alcuni degli interpreti di grande talento dei quali si è assicurato
il concorso debbano averle passabilmente influenzate, che dovevano aver giocato molto nella
determinazione dei personaggi di secondo piano dai quali sarebbe difficile dissociarli,
e che, forse, non abbiate scritto i dialoghi che dopo la distribuzione dei ruoli. Mi sono
sbagliato?
S.G.: Totalmente. Ho avuto la fortuna di trovare degli attori eccellenti dotati sovente
di una forte personalità per i ruoli minori del mio film, ma il copione era completamente
terminato, quando li ho scelti. La sua ipotesi, d'altronde, avrebbe potuto essere giusta.
Mi è successo di scrivere una parte pensando all'attore che l'avrebbe interpretata. Ma,
più sovente forse, creando i miei personaggi ho potuto vederli attraverso l'interpretazione
di questo o quell'artista, talvolta scomparso, di una Réjane, per esempio, o di una Dayne Grassot.
M.R.: Veniamo, se è d'accordo, a questa collaborazione «dei» Sacha Guitry: che cosa vorrebbe dirmi?
S.G.: Quello che mi sembra la cosa più naturale del mondo: per me, la regia di un film
non è meno legata alla sceneggiatura ed al dialogo di quanto lo sia una commedia di teatro.
Ora non posso immaginarmi scrivere una commedia nella quale, facendo parlare uno dei miei
eroi, io non preveda i suoi movimenti o la scena in cui dovrà muoversi. Non si accorge che
un uomo, in tali circostanze, non si esprime nella stessa maniera secondo che sia in piedi
o seduto? Chi potrebbe dubitare che Molière, autore ed attore, non fosse anche regista?
M.R.: Di queste diverse funzioni, per lei così strettamente associate, quale compie col maggior piacere?
S.G.: Ciò che posso rispondere, in ogni caso, è che sarei terribilmente imbarazzato, se una
qualunque mi venisse tolta. Ma certamente non è il mio lavoro di attore che, in un film,
mi sia il più caro. Recitare senza spettatori, senza la costante comunione di una sala che
reagisce, è per me una cosa piuttosto deludente.
M.R.: In un film che ha ideato, dialogato, interpretato e diretto, è dunque l'autore che
che preferisce?
S.G.: Naturalmente: l'importanza dell'autore è predominante. Trovo persino sorprendente che
non sia sempre lui ad occupare il primo posto sui cartelloni o nei titoli, che debba cedere
così sovente il passo al regista od agli interpreti...
M.R.: Da quanto mi dice, posso dedurne che preferisce che gli elogi vengano indirizzati
all'autore del film?
S.G.: Senza alcun dubbio. Preferisco essere complimentato come padre che come figlio, poiché
sono il padre delle mie opere e sono il figlio di Lucien Guitry.
M.R.: Scrive i dialoghi di un film come quelli di una commedia?
S.G.: All'incirca, tenendo conto soltanto di certi vantaggi e svantaggi che comporta lo schermo,
per esempio di dare agli spettatori dei binocoli ogni volta che lo desidero, grazie ai
primi piani...(...)
M.R.: Un'ultima domanda, signor Guitry, se lo permette. Mi piacerebbe che lei paragonasse
il piacere che le procura il successo di un film a quello che le è più abituale, quello che
prova davanti al successo di una delle sue commedie...
S.G.: Sono dei grandi piaceri, abbastanza differenti, che mi sarebbe molto difficile
classificare. La differenza che vedo soprattutto è che sono senza azione sul successo di
un film che è realizzato «ne varietur». Per questo, la sola possibilità di cui dispongo è
praticarvi dei tagli. Ma, come per i l dialogo di un'opera drammatica, è sovente difficile
rendersi conto di ciò che fa la lunghezza, di scoprire quale parte della banda è responsabile
del rilassamento dell'interesse.
A Maurice Romain, Pour Vous, n. 575 - 22 novembre 1939
...e di un produttore:
(...)
Ciò che colpisce al primo contatto, è la grande cortesia di cui sono improntate le
sue parole. Estrema educazione, perfezione delle parole utilizzate, frasi così
amabilmente costruite, che ci si sente immediatamente attirati. Un fisico imponente,
degli occhi blu autoritari che vi guardano diritto, delle mani che stringono lealmente
le vostre.E poi una grande, molto grande intelligenza, che vi mette in ammirazione.
Sul piano degli affari - parlo delle convenzioni che legano un autore ad un produttore -
si rimane colpiti dalla volontà di distruggere una leggenda: l'autore più caro in
the world.
Esige delle clausole assolutamente impreviste: i modelli delle scene
saranno sottoposti alla sua approvazione, il signor Sacha Guitry, constatato a tutt'oggi
le proporzioni inutili delle scene e le somme così sprecate... Prima della firma di un
contratto o dopo, il desiderio che esprime di un'intesa completa in ciascuna decisione
che accompagna l'esecuzione di un film.
Sul set, quella cortesia di cui parlavo prima è la stessa per il produttore, per
l'elettricista, il macchinista o gli interpreti.
La regia è cesellata. L'interpretazione degli attori è il costante cruccio della sua
attività. «Interpreta» per il «grande attore» come per la «comparsa». E' una parola della
quale ha orrore. Chiama questi Signori Artisti, quegli altri Miei Cari Compagni.
Ha compreso bene la tecnica della cinepresa, e sa sistemarla al posto giusto.(...)
Durante i ventotto giorni che sono durate le riprese dei Neuf Célibataires non è
mai venuto in ritardo.
Durante i cambiamenti di scena, intorno a lui si formava un cerchio: i suoi aneddoti, i
ricordi delle conversazioni avute con i personaggi più celebri, la sua grande erudizione
- e tutti erano contenti. Ma, appena si era pronti a girare, il lavoro riprendeva
immediatamente, in un'atmosfera di fiducia e di affetto.
Mi direte: panegirico? E' vero. E non crediate che non sia ancora sotto il suo charme,
che Dio sa gli avvertimenti che mi hanno dato i miei predecessori!
Anche lui sapeva. Non mi scriveva forse: Voi avete dei soci sicuri. Per me, i miei soci sono
nella mia testa. E quella testa, quanti l'hanno presa di mira? Soffriva di tutte
quelle bassezze di cui era stato vittima, vigliaccherie che puntavano a denigrare il suo
immenso talento, viltà puntate sulla vita privata.
La sua gioia è stata immensa, quando ha avuto l'onore di una poltrona all'Academia
Goncourt, il suo piacere è stato massimo quando ha potuto dire alla radio i suoi sentimenti
verso «certuni» che avevano abusato della loro situazione nella stampa.
Ritenendo di avere un'esperienza in materia di produzione, ho pensato di scrivere queste
righe: la verità è sempre buona da dire.
Edouard Harispuru, La Cinématographie Française, n. 1079 - 8 luglio 1939.
Membre de France HyperBanner