LE TRÉSOR DE CANTENAC

              


Produzione: Borris Morros Prod. - Distribuzione: S.R.O.
Sceneggiatura e dialoghi: Sacha Guitry.
Regia: Sacha Guitry
Capo operatore: Noël Ramettre
Scenografia: René Renoux
Suono: André Louis - Montaggio: Gabriel Rongier e André Sélignac - Musiche: Louiguy
Direttore di produzione: François Carron

Interpreti: Sacha Guitry, Lana Marconi, René Genin, Michel Lemoine, Fernand René, Marcel Simon, Pauline Carton, Numès fils, Robert Seller, Georges Bever, Jacques de Féraudy, Jacques Sablon, Pierre Juvenet, Henry Laverne, Bob Roucoules, Roger Legris, Milly Mathis, Luce Fabiole, Sophie Mallet, Germaine Duard, Roger Poirier, Jacques Hérisson, Claire Briletti.
Durata: 95 mn. Prima uscita: 6 settembre 1950 ai cinema Marignan e Marivaux - Parigi

La storia:

Prima di metter fine ai suoi giorni, il barone di Cantenac, rovinato, desidera conoscere il villaggio che fu la culla dei suoi avi. Il centenario del villaggio gli consegna allora il tesoro dei signori di Cantenac, nascosto dai tempi della Rivoluzione. Grazie al tesoro, il villaggio riprende la vita di un tempo...



Qualche riflessione dell'autore:


C'era una volta un piccolo villaggio che vivacchiava modestamente, lontano dalle strade importanti, tra Paimpol e Draguignan. Era un piccolo villaggio affascinante. D'altra parte non ci sono villaggi brutti, quando li si guarda da un po' lontano. Si chiamava Cantenac. Era lì da secoli e secoli e non aveva mai fatto parlare di sé. Ora, figuratevi che vi è successa un'avventura miracolosa. Sì, dico bene: un'avventura miracolosa ed è precisamente quest'avventura che vi racconterò, se siete d'accordo. Ma devo cominciare dall'inizio, come se anch'io ignorassi la storia, e vi pongo la seguente domanda: sapete cos'è un villaggio... sapete come comincia? Ebbene, comincia con un castello. E' appena credibile, ma è così...
Sacha Guitry, estratto dal testo del film.

L'AUTORE, L'ATTORE
Gli attori sono le persone più amate, più disprezzate, più invidiate, più detestate, più adulate, più invitate che ci siano, dai borghesi, dalla critica e dall'autore stesso. Sì, avete letto bene, sì, dall'autore stesso e prendo a testimone solo questa piccola e spiritosa confessione di Beaumarchais. Nella sua stupefacente prefazione al Barbiere di Siviglia, parla in effetti dei giorni felici in cui faceva qualche avara lettura della sua commedia ad alcuni prescelti. Parla della magia di una lettura sapiente che assicurava il suo successo! E' contento dei suffragi raccolti con orgogliosa modestia. Godendo, dice, di un trionfo tanto più dolce che la recita di un briccone di attore non me ne rubava i tre quarti. Conveniamo che non si può meglio esprimere un sentimento che sarebbe di una bassezza estrema se non fosse tutto sommato normale e naturale, per di più. Perché è veramente normale e naturale che si invidino gli attori. E come un autore che non recita le sue commedie potrebbe non essere geloso dei suoi interpreti, mentre i grandi autori drammatici del teatro, Shakespeare e Molière erano entrambi attori? Perché Shakespeare e Molière non erano autori che hanno recitato, no, no, erano ben due attori che hanno creato dei capolavori. E poiché ho citato i nomi di questi due geni, lasciatemi fare osservare che sono i due soli autori drammatici ai quali si è contestata la paternità delle loro opere. L'idea che due attori abbiano potuto scrivere Amleto, La scuola delle mogli, Il sogno di una notte d'estate e il Misantropo, questa idea è odiosa a quanti critici! Nessuno avrebbe mai l'idea di dire che Racine non ha scritto personalmente Britannicus, che Goethe non abbia scritto da solo Werther oppure che Don Chisciotte non sia di Cervantes. ma Shakespeare e Molière, andiamo, due attori! Bisogna trovare chi sono stati i loro collaboratori! Di fronte a questa mania esasperante, è bello ricordare la battuta squisita di Alphonse Allais: Shakespeare non è mai esistito. Tutte le sue opere sono state scritte da un altro uomo che si chiamava ugualmente Shakespeare.
Sacha Guitry, Vedettes, 1941.

Critiche di ieri e di oggi:
Questo buon film di Sacha Guitry ricorda, per la sua forma, Le roman d'un tricheur dello stesso autore. Costui racconta in effetti con spirito, la divertente storia di un villaggio che conquista la felicità. La sceneggiatura è concepita e costruita secondo lo stile molto personale del suo autore. La storia comincia già dai titoli di testa, ma la vera azione non comincia che più tardi, dopo qualche giro di prestigio di linguaggio e battute cari a Sacha Guitry. Questo film è divertente e ben realizzato. Sacha Guitry è simile a sé stesso in un ruolo su misura. Lana Marconi, molto carina, è un'attrice in progresso. Pauline Carton, Jeanne Fusier-Gir, Génin, etc... sono eccellenti mimi e Fernand René ha composto un'ammirevole e simpatica figura di centenario.
R.R. La Cinématographie Française, 1950.

Le trésor de Cantenac cerca di rinnovare Le roman d'un tricheur, al contrario. Questa volta, al posto del ritratto piuttosto cinico di un essere completamente ai margini della società, che ha lottato per farsi un posto nell'esistenza e che non ha perso questo posto ritrovando l'onestà, Sacha Guitry ci presenta il contrario: un grande bambino innocente, che non ha avuto che la pena di nascere, ma a chi la vita non ha dato niente e che, per miracolo, farà in extremis la felicità del suo villaggio.
Costruito con lo stesso principio del racconto quasi totalmente commentato dalla voce dell'autore, questo film si annuncia come una riuscita perfetta nella descrizione iniziale di Cantenac e dei suoi abitanti. La verve acuta satirica brilla di tutte le sue luci nel disegnare questi individui, tutti più stupidi, invidiosi, meschini, vigliacchi e cattivi gli uni degli altri. Tre personaggi fanno eccezione: la figlia della merciaia, che incarna l'amore e che l'autore ci presenta come "troppo distinta" per i suoi concittadini, e soprattutto l'idiota, che è in realtà il solo poeta (dunque il solo saggio), ed il centenario che ha conservato della sua lunga esperienza una malizia disincantata.
Questi ultimi sono i guardiani del tesoro: simbolismo toccante e ricco di significati, ma appena suggerito. Sfortunatamente, la seconda parte del film non mantiene le belle promesse. Si sa che il nostro Guitry, sempre brillante nella causticità e nella lucidità amara, non è mai stato il cantore ispirato di sentimenti edificanti che sono la bontà e la generosità disinteressate.(...) Il diavolo zoppo si è fatto eremita (...)
Jacques Lorcey - Sacha Guitry, PAC, 1985

Nel mezzo di questa produzione "teatrale" si insinua una sceneggiatura originale: Le trésor de Cantenac. E', di nuovo, la maniera del Roman d'un tricheur. L'autore commenta la storia e la recita. Il barone di Cantenac, rovinato, ha deciso di suicidarsi. Prima di morire, va a vedere il villaggio e le rovine del castello che i suoi avi abbandonarono ai tempo della Rivoluzione. Il centenario del luogo lo riconosce e gli rende il tesoro dei Cantenac. Il barone non vuole più morire, ma ridare l'unione ed il gusto del lavoro e della felicità a questo villaggio diviso dagli odi e dalle rivalità meschine. Distribuisce le sue terre ai contadini e ricostruisce il castello. Di nuovo rovinato, si farà artigiano vetraio, come i il fondatore della sua famiglia e farà sposare la figlia della merciaia con un suo discendente che "riconosciuto".(...) Pretesto ad un gioco figurato e di parole, questa favola moderna comporta la presentazione del villaggio in cui l'artiglio della satira si fa acuto. A parte gli innamorati, (Lana Marconi e Michel Lemoine), tutti questi personaggi si distinguono per la loro piccolezza, la loro stupidità o cattiveria. Il centenario, testimone di un'altra epoca, brucia di malizia ed il barone (Sacha Guitry) impara da lui una grandezza paternalistica. Tra le tante idee divertenti, quella di far recitare allo stesso attore (René Génin) le due parti del curato e dell'istitutore. Abilmente, Sacha ne fatto due fratelli gemelli! Se Le trésor de Cantenac riannoda col passato cinematografico, non brilla che di lampi intermittenti.
Jacques Siclier, Anthologie du Cinéma, Edit. de l'Avant Scéne, 1966.

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