Coro Popolare Città di Vimercate

 

Peregrinazioni Lagunarie

(elaborazione Falminio Gervasi)

Le origini di questo canto si perdono nel tempo. Pare che lo cantassero gli ortolani che nella "vecchia" Venezia, di buon mattino, passavano da un isolotto all'altro in laguna portando sulle loro barchette le merci da vendere. Le strofe originali sono numerosissime, quasi una litania, e citano tantissimi luoghi tipici del paesaggio veneziano che "il batelin" dell'ortolano tocca nel suo "peregrinare". Le parole sono spesso incomprensibili perché viene mantenuto il dialetto arcaico originario del canto. Flaminio Gervasi ha recuperato questo gioiello musicale, riducendolo sapiente a poche strofe, nelle quali si riconoscono, quasi in modo onomatopeico, alcuni luoghi (citiamo solo la Giudecca che diviene "Zueca"). Naturalmente il pregio di questo recupero non è solo nelle parole bensì nell'atmosfera che Gervasi crea con un armonizzazione sapiente. Meravigliosamentre emerge non la Venezia assolata e un po' artificiale dei turisti ma quella malinconica, autunnale immersa e quasi protetta dalle nebbie del mattino.

E mi me ne so 'ndao,
donde che feva i goti
Siogando la spineta
ai altri giochi.

Dal trasto a la sentina,
co' un batelin da stiopo
Andeva de galopo a la Zueca.

Ho càminao la seca,
tuta la Pescaria,
ho da la pope indrìo
ai do castei.

E mi me ne so 'ndao
donde feva le scuele
Siogando la spineta
le done bele!
  E io me ne sono andato
dove facevani "i bicchieri" (Murano)
suonando la spineta
e altri giochi.

Dal trasto alla sentina,
con una barca da caccia
andavo di corsa alla Giudecca.

Ho percorso la secca,
e tutta la Pescaria (quartiere di Rialto),
girando la schiena
ai due castelli.

E io me ne sono andato
dove facevano le scodelle
suonando la spineta
alle belle donne.
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