POESIA CON CINQUE ESSE
BRUNO TOGNOLINI

Scoprire le segrete alchimie del fare poesia, dove il SENSO si congiunge col SUONO, col SEGNO, col SOGNO e con la SORTE

Articolo pubblicato sulla rivista "SCUOLA E INFANZIA", Giunti Scuola, n.3, luglio 2003

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Quando, nei miei incontri coi bambini lettori, nella classe, nella biblioteca, nella sala, l'attenzione e l'emozione paiono consentirlo; quando i bambini non sono troppi e posso guardarli in faccia uno ad uno; quando non sono troppo piccoli, sono di quarta o quinta elementare: allora, in questi mesi, mi capita di azzardare con loro un racconto più arduo, più fondo e rischioso di quelli che in questi anni di "incontri con l'autore" ho consolidato.
Il racconto delle CINQUE ESSE SEGRETE DELLA POESIA.
È una sorta di versione narrata di un laboratorio apax, tenuto una volta sola, con Pia Valentinis, illustratrice del mio libro di filastrocche "Mammalingua", al "Festivalletteratura" di Mantova nel settembre dello scorso anno.
Ai bambini racconto così.
I contadini del sud dicono che per gli ulivi ci vogliono cinque esse: Sole, Sale, Sassi, Solco, Scure.
Il Sole del Mediterraneo scalda e fa maturare, il Sale del terreno salmastro addolcisce l'oliva, i Sassi fanno respirare il terreno, il Solco lo rivolta e lo rinnova, la Scure pota e alleggerisce la pianta.
Anche la poesia - o la poesia per bambini, che è quasi sempre illustrata - ha le sue: Senso, Suono, Segno, Sogno, Sorte.


SENSO. Il Senso dice

Il Senso è il significato, ciò che io voglio dire. O meglio: ciò che voglio dire io (perché poi salterà fuori qualcosa che non volevo dire io). È la cosa, o le cose, che inizialmente mi propongo di dire con quella poesia.

Nel laboratorio coi bambini

Pia ed io avevamo preparato una scatolona azzurra del Senso, che conteneva striscioline di storie, libri, oggetti e altri spunti e trucchi che potessero aiutarci a trovare qualcosa da dire. Ma non ci sono serviti: abbiamo preferito parlare fra noi, disegnare, scrivere, ragionare, per scoprire le cose che potevamo aver voglia di dire in una poesia. Infine, confrontando e combinando gli apporti di tutti, ci siamo trovati fra le mani un Senso un po' arcimboldesco, ma che ci piaceva abbastanza.

Nel laboratorio segreto del poeta

E com'è invece per me, nel laboratorio segreto del poeta, questo primo passo del Senso? Cerco di spiegarlo ai bambini con un esempio: accostandomi alla filastrocca di "Mammalingua" intitolata "Tu", ciò che volevo dire io era più o meno questo: ora la mamma e il neonato si son separati; ora il figlio è fuori di lei, lei lo vede e dice: ora non siamo più noi, ora ti vedo, so chi sei, ora sei tu.


SUONO. Il Suono canta


Il poeta prende il Senso e lo mette in Suono. In questo passaggio può capitare che il Senso si accresca, produca altro Senso; e anche quello si mette in Suono. E così l'olivo frondeggia.

Nel laboratorio coi bambini

Nello scatolone azzurro del Suono c'era un metronomo, per aiutarci a trovare il tempo, uno stetoscopio da medici per aiutarci a capire che quel tempo è dentro di noi, e il "Rimario della Lingua Italiana" della Hoepli, per aiutarci a trovare le rime (ma ho subito tenuto a precisare che lo uso assai poco!).

Nel laboratorio segreto del poeta

Nell'officina del poeta, dunque, la mamma che dicevamo sopra pronuncia il Senso: "figlio venuto da strani posti, ora so come ti chiami". Il poeta lo mette in Suono. "Come ti chiami" è la parte forte di senso che voglio salvare: "Ora ho capito come ti chiami" sarà il mio secondo verso.
Allora lavoro sul Suono col primo: cerco la rima.
"Figlio venuto da strani... (cerca cerca cerca)... reami".

Figlio venuto da strani reami
Ora ho capito come ti chiami

Vedete - dico ai bambini - come "reami" è molto più bello e più grande di "posti" o "luoghi"?
E io "reami" non lo volevo dire! Ciò che io volevo dire (il Senso prima del Suono) era "figlio venuto da strani posti". Non lo sapevo che un figlio viene da un reame...
Ma si può fare ancora meglio. Continuiamo a mettere in Suono.


Figlio venuto da strani reami. / Ora ho capito come ti chiami...


Venuto / capito...
Peccato! Suonano quasi bene, manca poco, davvero poco per farli suonare meglio (con una rima interna). Mi serve una parola, un verbo che finisca con "ito". I bambini, qui, si scatenano a suggerirmi intriganti alternative alla poesia: ma a me, allora, è venuto in mente "salito".


Figlio salito da strani reami Ora ho capito come ti chiami


E di nuovo: è molto più bello, no? "Salire" è più vasto ed arcano che "venire" da strani reami. Così come "reami" era più ricco e misterioso di "luoghi". Cosa sono questi reami? Stanno sotto? Da dove sale, da dove emerge un figlio?
Infatti: guardate l'illustrazione di Pia Valentinis per questa filastrocca: un orsacchiotto che che nuota verso l'alto in un fondo del mare... Anche lei, in tutta la filastrocca, è stata colpita proprio da quella figura, non dalle altre.


Figlio salito da strani reami
Ora ho capito come ti chiami
Ora è fiorito il tuo nome segreto
E nelle notti io te lo ripeto...



SEGNO. Il Segno mostra


Tutti i libri di poesie e filastrocche per bambini sono illustrati. Il nostro terzo scatolone azzurro, quello del Segno (e del Disegno), era stato interamente allestito da Pia Valentinis, che l'aveva riempito con tutti i suoi strumenti: colori, pennelli, matite, colle, nastri, e soprattutto una serie di minuscole teline, piccolissimi quadri in miniatura ancora da dipingere.
Cosa poi sia accaduto nel Laboratorio coi bambini, e cosa accada nel Laboratorio segreto dell'illustratrice, dovrebbe raccontarvelo lei, Pia; e quindi - come dice Michael Ende - è un'altra storia, e si dovrà raccontare un'altra volta.


SOGNO. Il Sogno cambia


La quarta esse è la più difficile da dire, in tutti e due i laboratori: quello vero, fatto con gli scatoloni a Mantova, e quello raccontato, fatto con le parole e i versi in molte scuole d'Italia. La esse del Sogno delle poesie è così difficile da spiegare che si può solo suggerirla con immagini, e intuirla. Io ci ho provato così.

Nel laboratorio segreto del poeta.

Io non volevo dire "Figlio salito da strani reami": io volevo dire "Figlio venuto da posti strani". I reami, e i reami misteriosi che stan sotto, da cui si sale, in qualche modo non li ho pensati io.
Poesia è quando le cose che dico son più belle di quelle che volevo dire.
Poesia è quando le cose che dico son più di quelle che so.
Poesia non è fare rima. La rima è solo un trucco per arrivare a questo: a dire più cose e più belle di quelle che so.

Ma se non le so come faccio a dirle? Le sogno. O è come se le sognassi.
La poesia può portare in posti che assomigliano ai sogni. Nei sogni noi non siamo solo noi: siamo tante persone diverse. "Chi dorme è tutti gli uomini", diceva un grande scrittore cieco argentino...
Se nel sogno siamo in tanti, qualcosa so io e qualcosa sanno gli altri: ecco perché mi capita di dire qualcosa che non sapevo. E poi, altra conseguenza non meno importante, se siamo in tanti che scriviamo, diremo cose che interessano a tanti che leggono...
Insomma, qui il discorso si fa troppo lungo e largo per queste pagine: io lo faccio, a parole, ai bambini e i bambini mi guardano zitti, non so bene se intenti o smarriti, o tutt'e due. Non so se capiscano o intuiscano tutto, o parte, o quanto. Ma sono sicuro che merita provarci.

Nel laboratorio coi bambini

A Mantova, dopo aver fatto questo discorso del Sogno, aprivo il quarto scatolone e mostravo un carillon, quelli scatolotti che contengono una figurina sotto vetro, una sagomina snodata che danza quando il cassettino si apre e la musica va. E il cassettino era pieno di polvere d'oro (porporina, strass, stelline). Non spiegava, ma aiutava a giocare.
Insieme cerchiamo di rintracciare, nella nostra poesia, dov'è il Sogno; dove il Suono l'ha fatto scattare, dove il Suono m'ha fatto dire quello che non sapevo neanch'io... Se lo riconosciamo, apriamo il cassettino, la musica si sente, il clown danza, tiriamo, sotto il verso benedetto dal sogno, una riga di vinavil, ci spargiamo sopra la polvere d'oro, e soffiamo. Il soffio passa, l'oro del Sogno resta.


SORTE. La Sorte sceglie


La quinta esse, la Sorte, è come la Scure degli ulivi: strumento da taglio, come spesso la figurano i miti. Pota e taglia, sfoltisce per concentrare le forza. Per i bambini è la maestra, che a un certo punto del testo in classe ritira, legge, corregge, accetta, respinge.

Nel laboratorio del poeta (a questo punto non più segreto)

La Sorte è l'editore. E più ampiamente le condizioni, le opportunità e i limiti del lavoro, che brevemente ai bambini racconto.

Nel laboratorio coi bambini

Nel quinto scatolone c'erano due paia di grandi forbici, colla e scotch. Ai bambini (a quel punto ben cotti da un'ora e mezza di lavoro), si diceva che per loro la Sorte eravamo noi, Pia ed io. Loro avevano finito, potevano andare. Noi due avremmo preso le poesie scritte insieme - il Senso messo in Suono, mostrato in Segno, e qua e là benedetto dal Sogno - e con le forbici le avremmo tagliate e combinate in belle forme; forme belle e cambiate, sì, ma capaci di far riconoscere a ogni bambino-autore il suo contributo, incorniciato e trasfigurato dalla Sorte. Più tardi, nelle librerie centrali del Festival, avrebbero potuto ammirare i risultati.


MONDO fa rima con NOI


Il laboratorio finiva lì. E qui finisce il suo racconto.
Alcune cose si possono scorgere solo "per speculum in aenigmate", riflesse in uno specchio, nella loro natura d'enigma. Per scorgerlo, qui abbiamo rotto il processo del far poesia, di per sé integro e olistico, in un caleidoscopio di cinque specchi. È nato questo dispositivo divertente, ispirato ad analoghe macchinette di comprensione e memoria, inventate nei secoli per usi distanti ma non del tutto dissimili dai nostri: come dice l'artista Maria Lai, infatti, che m'ha insegnato le cinque esse degli ulivi, la poesia è "olio di parole".
Si può e si deve allegramente macchinare, coi bambini, sulle tecniche del verseggiare, sulle metriche, le retoriche, le rime: sul Suono. Si può e forse si deve, a scuola, guidarli sulle parafrasi, sulle "versioni in prosa": sul Senso. Ma solo nel fluido reciproco ingranaggio di Senso e Suono, grazie al battito equilibrato di queste due ali, vola bene la poesia.
Per far comprendere, o solo intuire e giocare questa alchemica congiunzione di Senso e Suono, ho adoperato fin qui la macchinetta delle Cinque Esse. Ma qui, per finire, ciò che è stato diviso in cinque deve essere ricongiunto, e ricongiungere e legare è compito della rima.

Eccone quindi una, per finire: Filastrocca delle filastrocche, da "Rima rimani" (Salani, 2002).

Apro la bocca e dico la rima
Ride il silenzio che c'era prima
Un filo brilla fra le parole
Mare con mondo, luna con sole
Un filo piccolo che tiene insieme
Fiore con fiume, sole con seme
E ora vicine le cose lontane
Come le perle di belle collane
Danzano in tondo, perché se tu vuoi
Mondo fa rima con Noi



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Questa pagina è stata creata il 29 luglio 2003

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