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Ladrofobia

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La lampada puffomorfa sul comodino del rag. Lorenzo Pozzi cesso’ di illuminare la stanza.

Mentre si rotolava sul lato destro nell’intento di uniformare la cottura dei suoi fianchi, alla disperata ricerca di una “posizione comoda”, gia’ sapeva che sarebbe stata una notte lunga e travagliata, come tutte quelle che l’avevano preceduta.

L’insonnia che perseguitava il rag. Pozzi da qualche tempo aveva una moltitudine di cause, che lui stesso aveva puntigliosamente  classificato in:

1) Cause stagionali: l’afa  dell’estate piu’ calda del secolo, che trasformava il letto in un barbecue ed il rag. Pozzi in un wurstel.

2) Cause zoogeografiche: gli sciami di “zanzara padana”, una specie biologicamente inutile per ogni ecosistema, che brinda ad Autan, si fa inalazioni di “flit” e trivella anche lenzuola felpate o di jeans pur di nutrirsi di sangue umano.

3) Cause familiari: da quando i bambini del rag. Pozzi deambulano autonomamente, si sono trasferiti in pianta stabile nel Lettone, innalzandone ulteriormente la temperatura. Di qui la drastica decisione di abbandonare l’antica alcova ed occupare nottetempo il meno affollato giaciglio del primogenito.

4)  (e piu’ importante ) Causa : Ladrofobia. La  Banca presso cui lavorava Il rag. Pozzi aveva  da poco subìto una rapina, durante la quale il malcapitato era rimasto per dieci minuti con  un taglierino pressato fra il mento e l’epiglottide da un energumeno peloso travestito da cliente (come si veste un cliente?).

In una vita come la sua, ordinatamente condotta fra casa e ufficio, in cui la massima  violenza consisteva in un diverbio col capo per il periodo di  ferie, tale esperienza  fu talmente devastante che egli vedeva malintenzionati ovunque:

Il metal detector all’ingresso della filiale dove lavorava era stato tarato per rilevare anche i punti metallici dei documenti e le persone sconosciute potevano entrare solo togliendosi cinture, scarpe, orologi e persino denti d’oro e dentiere (che venivano riposte in un apposito bicchiere asettico con chiusura antiscasso); appena salito in auto chiudeva dall’interno tutte le porte e staccava le manovelle alzacristalli, mentre nei locali pubblici stava in disparte, sobbalzando ad ogni ingresso lombrosamente sospetto. Una volta chiusa alle sue spalle la porta del sua accogliente appartamento di Viale Cremona, si sentiva temporaneamente protetto e poteva godersi le poche ore di relax che lo separavano dalla Grande Tensione (cosi’ veniva indicato dalla  moglie, signora Maria Pozzi, il periodo che andava dall’imbrunire al sorgere del sole e che esponeva la famiglia al pericolo di incursioni notturne di ladri acrobati, serial killer ed ergastolani evasi  ). 

L’ennesima torsione su se stesso del rag.Pozzi, (che ora stava rosolando il fianco sinistro) cadde proprio mentre scoccava la mezzanotte.

 Da quando, nella stanza accanto, i piccoli avevano ceduto al sonno, nell’appartamento era calato il Silenzio.

 Il Silenzio della notte.

Quello che ti costringe a stare all’erta.

Quello che provoca la Grande Tensione.

In un appartamento al secondo piano di un palazzo addormentato, in una  via deserta di una citta’ in vacanza,  con le tapparelle bloccate, le finestre sigillate,  una calura insopportabile, circondato da mostri galattici biocombat-transformers trenini orsetti palline palloni puffi spenti,  si consumava  il travaglio notturno del rag. Pozzi.

 L’orecchio destro, come un radar, scandagliava l’ambiente, sensibile al minimo fruscìo. Gli occhi, pronti a localizzare qualunque cosa si muovesse nell’oscurita’, rimanevano temporaneamente chiusi per evitare il rumoroso battito delle palpebre, mentre su tutto il corpo perle di sudore si gonfiavano, si espandevano e davano origine a decine di rivoli, i quali, scorrendo, inglobavano altre gocce e si spegnevano sulle lenzuola macere, tirate fino al collo per proteggere il corpo dalle sanguisughe zanzariformi. Nel frattempo, ma senza distrarsi troppo, il ragioniere immaginava l’ingresso dell’intruso (o degli intrusi ?) come se sull’interno delle sue palpebre venisse proiettato un film, e vedeva la porta d’ingresso aprirsi all’abile armeggiare dello scassinatore, poi un rapido cambio immagine mostrava una mano che, dopo aver alzato la tapparella, tagliava silenziosamente il vetro della finestra, si infilava nel vano e…

No, un momento !

E se fosse già entrato   approfittando di una distrazione diurna dei miei familiari ed ora si trovasse in paziente attesa nell’armadio o sotto un letto? Gia’, ma quale letto ?

- SCREEK.

Un cigolio ! ci siamo ! Mentre il cuore accelera come un dragster e sembra voler uscire dalla trachea, le palpebre si spalancano e, nella penombra, il rag. Pozzi incrocia lo sguardo di due orribili  occhi fosforescenti giallo-verdastri che lo fissano. La sveglia sul comodino faceva l’una e cinquanta, ma questo il Nostro lo capi’ solo dopo avere riacceso la puffolampada.

Sceso velocemente dal letto, ignorando le ciabatte, si diresse con circospezione verso il corridoio, oltrepassando ogni porta di scatto per evitare colpi alle spalle,  ispeziono’ per l’ennesima volta i serramenti, sbircio’ sul balcone dalla tapparella socchiusa, la richiuse, fece una pisciatina  e torno’ a distendersi.

Falso allarme. E’ questa la strategia di quegli ignobili individui, dunque! Creare dei falsi allarmi in continuazione sperando nella vecchia teoria di allupoallupo per creare rilassamento e disattenzione e colpire indisturbati. Ma io non sono fesso, e vigilero’ tutta la notte, dovessi alzarmi anche mille volte!

Ripreso il lenzuolo e spento il puffo, nella mente del ragioniere inizio’ la rassegna stampa delle cronache locali che piu’ lo avevano turbato, ed ecco comparire i titoli della Provincia Pavese degli ultimi giorni: “L’estate del ladro acrobata”; “Derubati nel sonno”; “Arancia meccanica a Zerbolo’ “, e , di seguito,  storie di famiglie narcotizzate, minacciate e depredate.

Dopo un’altro SCREEK,  due PLOF ed uno sciacquone al piano superiore,  seguiti da altrettanti giri di perlustrazione, giunto ormai allo stremo delle forze, il rag. Pozzi si assopi’.

Quello che lo fece sobbalzare nel sonno non era uno dei soliti ed innocui scriccholii, ma un fruscio ritmato di passi leggeri, volutamente silenziosi che si facevano sempre piu’ vicini. Alla consueta tachicardia  segui’ un leggero dischiudersi di palpebre, talmente impercettibile da non consentire all’ignoto visitatore di accorgersi del suo risveglio.

Nella penombra apparve una figura umana che si avvicinava lentamente, tenendo nella mano destra un cilindro simile a una bomboletta spray. Mentre l’ombra era ormai giunta a ridosso del comodino ed avanzava la mano con il cilindro verso il viso del rag. Pozzi, questi realizzo’ che doveva trattarsi di narcotico, quindi decise di giocare d’astuzia, sospendendo la respirazione per il piu’ lungo tempo possibile (era stato campione interbancario di immersione in apnea  a Rapallo nel 1982), ed attendendo il momento piu’ propizio per sorprendere il mariuolo.

- PSSSSSHHHH!

Il gas sprigionato dalla bomboletta  raggiunse il volto del ragioniere, dopo di che la figura si volto' e ritorno’ lentamente sui propri passi, dirigendosi verso il corridoio.

Difficile dire quanto duro’ l’apnea, di certo polverizzo’ il record di Rapallo 1982.

La prima inspirazione, cosi’ desiderata e cosi’ temuta, porto’ con se’ un sorprendente odore di limone.

Narcotico al limone ? Perché no? Non esistevano forse i preservativi alla fragola?

Nel frattempo l’ombra si era fermata in corridoio e, senza fare rumore, aveva aperto due ante dell’armadio a muro. Adesso erano visibili i contorni precisi dell’intruso: non molto alto ed abbastanza snello ( - caratteristiche fondamentali per un ladro acrobata – pensò il rag. Pozzi), stava in piedi rovistando silenziosamente in alcuni cassetti.

Passati i capogiri dovuti alla lnga apnea, il rag.Pozzi era pronto ad entrare in azione: quella dunque sarebbe stata la notte della riscossa, la punizione esemplare, il trionfo della giustizia casalinga.

 Il piede sinistro scivolo’ sotto le lenzuola e si adagio’ sul parquet, il destro lo raggiunse lentamente. Sedette sul letto senza perdere di vista la figura nel corridoio. La mano destra impugno’ con decisione la mazza chiodata, souvenir di gita domenicale  a Grazzano Visconti, che da giorni ( o meglio, notti) riposava sotto al cuscino in attesa di sfracellare un cranio sconosciuto.

Un respiro profondo, e via ! Con un secco colpo di reni il rag. Pozzi si alzo’, brandendo la sua arma purificatrice, e si diresse, come ipnotizzato,  verso l’obiettivo da distruggere.

Giunto sulla soglia della porta, a meno di un metro dall’intruso, la mano sinistra cinse la destra ed entrambe iniziarono a salire, elevando la  mazza verso il cielo, da dove sarebbe scesa a fare giustizia come un fulmine divino.

Inspirazione profonda.

- Ma quel profumo.....

Muscoli tesi. E’ l’ora.

- Non era limone......

Nessuna esitazione.

- Era citronella.....

La mazza scende rapida.

- Maria !

E’ troppo tardi, Pozzi.

Non puoi piu’ fermarla.

 

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