Contesto storico

Tito Flavio Vespasiano nacque presso Rieti nel 9 d.C.. Il padre Flavio Sabino era uomo di umili origini, la madre Vespasia Polla era figlia di un Praefectus Castrorum. Durante il regno di Claudio, Vespasiano fu inviato in missione militare in Germania e nell'isola di Wight. Sotto Nerone fu Proconsole d'Africa e quando esplose la guerra giudaica nel 66 d.C., fu inviato da Nerone in Oriente a reprimere la rivolta. Alla caduta di Nerone la ribellione era stata soffocata dovunque tranne che nella Giudea ove Vespasiano aveva temporaneamente interrotto le operazioni militari. Nei due anni di respiro che i ribelli avevano così insperatamente ottenuto, il fronte unico esistente nei primi anni della guerra tra i moderati e i nazionalisti estremisti si era spezzato. A Gerusalemme presero il sopravvento gli elementi estremisti con alla testa Giovanni di Gishala, i quali sfruttarono il loro dominio per consolidare le attrezzature difensive della città e prepararsi a resistere all'assedio. Nella città si scatenarono persecuzioni contro i ricchi, sospettati di nutrire sentimenti filo-romani.

Proclamato principe, Vespasiano lasciò il comando supremo in Giudea al figlio maggiore Tito. Solo nella primavera del 70, dopo aver ricevuto rinforzi dall'Egitto, Tito fu in grado di dare inizio ad operazioni importanti. I Romani cinsero la città con uno stretto anello. L'assedio di Gerusalemme, data la sua posizione inaccessibile e le tre linee fortificate che la difendevano, si trascinò per sei mesi (aprile-settembre del 70). Sebbene la popolazione fosse ridotta alla fame e al massimo grado di esaurimento, oppose un'accanita resistenza. Nei primi mesi dell'assedio caddero le due prime linee di fortificazioni mentre la cittadella (città vecchia) e il tempio continuavano a resistere. Infine, in agosto, fu conquistato d'assalto il tempio, che fu distrutto, e un mese dopo cadde anche la cittadella.
Gerusalemme fu distrutta; i resti della popolazione furono ridotti in schiavitù. A tutti gli Ebrei fu imposta una tassa personale in favore di Giove Capitolino; fu proibita la ricostruzione del tempio di Gerusalemme; sul territorio della città pose i suoi quartieri permanenti una legione romana. Tito tornò a Roma nel 71 e celebrò il trionfo con il padre e il fratello Domiziano. 
Ancora oggi l'arco di Tito, eretto al tempo di Domiziano, nelle pareti dell'arcata conserva il ricordo del corteo trionfale che precedette l'imperatore portando il bottino di guerra: le spoglie del tempio di Salomone, la mensa aurea, le trombe d'argento e il candelabro d'oro a sette bracci.
Fra i problemi più difficili che Vespasiano risolse vi fu quello finanziario; a tale scopo impose nuovi tributi, e revisionò rigorosamente il catasto procurandosi fama di cupidigia e avarizia. A questo proposito Svetonio ("Vita di Vespasiano", cap. 23) riporta un episodio curioso. Tito una volta espresse al padre il suo malcontento, dicendogli che se continuava di quel passo, avrebbe imposto una tassa anche sulle latrine. Al che l'imperatore, afferrando una moneta ricavata da quelle tasse, la porse al figlio chiedendogli ironicamente se maleodorasse; da cui la celebre frase: "non olet!" (la citazione viene oggi utilizzata con riferimento alla disponibilità di denaro da non disprezzare, anche se di incerta origine)

Vespasiano abbellì Roma di splendidi edifici, iniziò la costruzione dell'Anfiteatro Flavio (il Colosseo). In campo politico seguì la via tracciata da Cesare e Claudio nella loro politica provinciale e concesse largamente diritti di cittadinanza ai provinciali specialmente a quelli delle regioni più romanizzate dell'Occidente. Negli anni 73 e 74 addirittura, dopo aver assunto l'incarico di censore, compilò nuove liste di senatori e cavalieri in cui furono inclusi molti cittadini delle province. Questa misura ebbe una grande importanza di principio in quanto significava l'allargamento della classe dominante con elementi extraitalici e, nello stesso tempo, un ampliamento della base sociale dell'impero. Da allora l'autorità imperiale cessò di essere soltanto espressione degli interessi dell'esercito e di un piccolo gruppo di schiavisti italici per diventare l'organo del dominio di classe di tutti gli schiavisti del Mediterraneo.

Il vecchio imperatore morì nell'estate del 79, gli successe il figlio Tito. Il 29 agosto del 79 l'eruzione del Vesuvio distruggeva le città di Ercolano, Pompei e Stabia.
 
 De Florio


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