L'assedio di Corinto
Milano, Teatro alla Scala, aprile 1969
Maometto: Justino Diaz
Cleomene: Franco Bonisolli
Neocle: Marilyn Horne
Omar: Giovanni Foiani
Pamira: Beverly Sills
Ismene: Milena Pauli
Iero: Paolo Washington
Adraste: Piero De Palma

Orchestra e coro del Teatro alla Scala
Thomas Schippers
Regia: Sandro Sequi
Scene e costumi: Nicola Benois

L' incisione 'live' di questa storica ripresa rimane a conferma che si tratta dell'unica ripresa veramente riuscita di un'opera seria rossiniana ai nostri giorni, grazie soprattutto alla straordinaria direzione di Thomas Schippers. Nella prima parte dell'Ottocento le opere serie del Pesarese erano interpretate con tempi solenni e maestosi, come fossero opere di Gluck. [...]Schippers è stato il primo direttore moderno a tentare di ripristinare qualcosa del genere (per cui si poteva perdonargli le sonorità a volte post-mahleriane dell'orchestra) e a ripristinare anche il recupero dello stile corretto delle variazioni (grazie alla collaborazione del musicologo Randolph Mickelson).
[...]Come si sa, l'Assedio di Corinto lanciò nel firmamento lirico europeo due cantanti che erano già stelle a New York, Beverly Sills e Marilyn Horne. [...]Marilyn Horne! Non si potrà mai dimenticare la sua bravura, ed è tuttora commovente sentire l'ovazione del pubblico dopo la grande aria di Calbo (presa dal Maometto II e abbassata di un semitono) seguita da una parte dell'aria di Neocle dall'Assedio. "Une véritable tour de force", come avrebbe detto Blanche Marchesi. La voce della Horne, un soprano leggero perlato e brillante (come sentiamo dalla colonna sonora di Carmen Jones) era stata trasformata artificiosamente in una specie di mezzo-contralto rossiniano con risultati assai brillanti come tutti sanno, ma nel 1969 c'era il problema che la voce, gutturale e senza molte risonanze di testa, non riusciva sempre a farsi sentire al disopra dell'orchestra.
Come molti dei più famosi cantanti del nostro secolo la Horne aveva una tecnica vocale personale che funzionava benissimo per lei ma che sarebbe pericoloso imitare in tutti i suoi aspetti. Negli anni successivi, una volta scartato l'insano tentativo di cantare Mahler e persino Wagner, la grande Marilyn riuscì a proiettare la voce molto più sicuramente verso il fondo della sala, e creò quella galleria di personaggi per sempre legati al suo nome: di quelli che ho visto, ho particolarmente apprezzato il suo Arsace, Tancredi e la sua Adalgisa. In Bianca e Falliero di Pesaro, interpretazione conservata per fortuna in video, Marilyn Horne superò se stessa e creò qualcosa di storico, monolitico. Per questi trionfi, il suo debutto alla Scala nel 1969 fu soltanto una specie di prova generale.

Michael Aspinall, La Scala, caro nome..., in "L'Opera. Speciale Scala", suppl. al n. 124, dic. 1998




1