Spasimi
Talora, mentre mi sforzo d'estrinsecare il
tumulto,
lo struggimento bramoso che mi tormenta e
mi opprime,
dinanzi a un cielo ridente, a un verde nuovo
d'aprile,
mi arresto, lotto: non esce una parola, un'immagine
dalla mia mente, son muto. E il cuore scoppia
di ardore!
Allora chino la testa: mi chiudo in me, e
comprendo.
Quell'ansia ardente, quell'impeto di tenerezza,
era
amore!
Quest'attimo era da vivere! Nulla, né
verso, nè
immagine,
né suono, può disfogarlo. Mi
stringo ai tronchi, vi premo
il viso ardente, il seno arido, come se a
forza volessi
entrarvi, vivere io pure di quella torpida
vita,
spogliarmi di questo cuore, per cui non ha
gioia il
mondo!
L'errore
La nostra colpa fu un sogno: l'ingenuo sogno
di vivere
l'intatta vita agognata. Ci colse inermi nel
fiore,
ci avvolse di lusinghieri fantasmi, di sdegni
nobili,
ci inebriò di grandezza; e il sacrifizio
fu intero.
Cari fantasmi, serene forme perdute, memorie
lontane e sacre di un mondo che il cuore nutrì
di sé,
e visse un'ora e sparì, o irraggiungibile
incanto
di un indicibile amore, che cosa avvenne di
voi?
Fu così grande l'errore! Fu così
dolce respingere
ogni lusinga non degna, serbarsi intatti all'atteso
austero sogno! Ah, crudele, la realtà
ci respinse,
brutale, atroce, non ebbe per noi pietà.
Quel che, vile,
largisce pure ai più indegni, i beni
che noncurante
a tutti prodiga uguale, aspra negò
al nostro tardo
ravvedimento, e la vita fu inaridita per sempre.
Anime care! Uno stesso nobile inganno travolse
le nostre menti, e un'angoscia comune rose
le vite.
Voi trascinaste per gli aridi tràmiti
dell'esistenza
la vostra pena, in silenzio: a me non tolse
la sorte
del nostro ignoto tprmento, col mesto pianto
dei morti
tesori di tenerezza che ci affidò la
natura,
che con inutile sforzo portammo in giro pel
mondo
in cerca vana di un cuore!
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