Trinità di Andrej Rublev, Mosca, 1411

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per un approfondimento
attraverso il brano della Scrittura che l'ha ispirata

(Apparizione dei tre divini pellegrini ad Abramo e Sara)
Gen 18, 1-15
Premessa storica

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Il monaco Andrej Rublev sa che Dio nessuno l'ha mai visto, sa però che Gesù ci ha manifestato tutto nella vita di Dio Padre, Figlio, Spirito Santo.

Dopo aver meditato il Vangelo e pregato a lungo, Andrej cerca di tradurre in pittura quanto ha udito. Egli vuole dircelo tramite i colori ed i gesti dei tre Angeli che hanno visitato Abramo.

Tutti e tre portano il colore azzurro, segno della Divinità.

L'intero dipinto è intessuto di una luce intensa che si riverbera su chi lo guarda.

Le tre figure sono in un atteggiamento di riposo, sono molto simili e si differenziano solo per l'atteggiamento di ciascuno nei confronti degli altri due: un solo Dio in tre persone che si completano l'una l'altra in un rapporto circolare, inesauribile, di comunione amorosa.

Nel Padre (Angelo di sinistra) il color azzurro è nascosto: Dio Padre nessuno l'ha mai visto, se non tramite la bellezza e la sapienza della sua creazione (manto rosa).

Il Figlio (Angelo di centro) è uomo (tunica rosso sangue); ha ricevuto ogni potere dal Padre (stola gialla) e si è manifestato come Dio attraverso le sue opere. Tutti abbiamo visto la sua Divinità: "chi vede me, vede il Padre!"

Lo Spirito Santo (Angelo di destra) è Dio e dà la vita (verde, colore delle cose vive). La vita di amicizia con Dio ci viene da Lui!

Dal Padre ha origine ogni cosa (posizione eretta). Egli chiama il Figlio indicandogli con mano benedicente la coppa del centro. Il Figlio comprende la volontà del Padre -- farsi cibo e bevanda degli uomini -- e l'accetta (china il capo e benedice la coppa) -- "mio cibo è compiere la volontà del Padre" -- chiedendo (col movimento del braccio destro) l'assistenza dello Spirito Consolatore. Questi accoglie la volontà del Padre per il Figlio (mano posata sul tavolo) e col suo piegarsi riporta la nostra attenzione al Figlio e al Padre: vuole metterci obbedienti davanti a Gesù (nessuno può dire "Gesù è Signore" se non per opera dello Spirito Santo) e abbandonati e fiduciosi davanti al Padre ("lo Spirito grida nei nostri cuori: Abbà, Padre!).

Unità miracolosa e ineffabile in cui gli Angeli vivono e a cui invitano l'intera l'umanità

Particolarmente efficace è l'uso della prospettiva inversa  (evidente soprattutto nel disegno della mensa e degli scranni degli Angeli ): infatti il punto di fuga non è all'interno dell'icona, ma è il punto di vista di chi guarda. L'icona si allarga quindi come una "finestra  aperta sull'infinito", quasi una porta tra l'umano e il divino. Non si tratta di un semplice espediente tecnico; ma di una prospettiva teologica per cui la Verità non è costituita dal punto di vista soggettivo dell'individuo, ma dalla superiore ed eterna realtà di Dio.

C'è posto anche per me in questo circolo d'amore delle Tre Persone: davanti c'è spazio perché io possa partecipare al colloquio intimo e segreto, gioioso e impegnativo: è lo spazio dei martiri (finestrella dell'altare), di chi dà la vita.

Il mio posto ha forma di calice (lo spazio libero tra i due Angeli di destra e di sinistra.

Il Padre chiede anche a me se voglio mangiare e bere alla sua mensa e offrire la mia vita insieme a Gesù come cibo e bevanda per gli uomini; e lo Spirito, se accetto, mi fa entrare nel riposo di chi è finalmente alla soglia della casa del Padre!

Gen 18, 1-15

Poi il Signore apparve a lui alle querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: "Mio Signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po' di acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l'albero. Permettete che vada a prendere un boccone di pane e rinfrancatevi il cuore; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo". Quelli dissero: "Fa' pure come hai detto". Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: "Presto, tre staia di fior di farina, impastala e fanne focacce". All'armento corse lui stesso, Abramo, prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese latte acido e latte fresco insieme al vitello, che aveva preparato, e li porse a loro. Così, mentr'egli stava in piedi presso di loro sotto l'albero, quelli mangiarono. Poi gli dissero: "Dov'è Sara, tua moglie?" Rispose: "
È là nella tenda". Il Signore riprese: " Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio". Intanto Sara stava ad ascoltare all'ingresso della tenda ed era dietro di lui. Abramo e Sara erano vecchi, avanti negli anni; era cessato a Sara ciò che viene regolarmente alle donne. Allora Sara rise dentro di sé e disse: "Avvizzita come sono dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!" Ma il Signore disse ad Abramo: "Poiché Sara ha riso dicendo: Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia? C'è forse qualche cosa impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te alla stessa data e Sara avrà un figlio". Allora Sara negò: "Non ho riso!", perché aveva paura; ma quegli disse: Sì, hai proprio riso" (allusione al nome di Isacco)


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