Alla terza pagnotta, finalmente e fatalmente, la
ragazza mi si ingolfa e le rimane il boccone nel gargarozzo senza la saliva per buttarlo giù.
Per fortuna c'è nel giardinetto una fontanella e la divoratrice, dopo un faticoso respiro e tossendo, deve alzarsi per andare a bere: io, da dietro, la guardo camminare divertito e un po' preoccupato. Ha un modo di muoversi armonioso, leggero, persino elegante.
Dopo avere bevuto e inghiottito ritorna alla panchina.
Insensibili, i colombi percorrono caracollando tra i nostri piedi imprevedibili e grottesche traiettorie alla ricerca di bocconi non ancora localizzati e catturati.
Porgo una quarta pagnotta alla ragazza e lei la prende, ma esita un istante prima di azzannare anche quella: "Saviscel!" dice piano e immagino che evidentemente non è italiana e che forse nella sua lingua vuole dirmi "Grazie!" o "Meglio di niente!".
Ha capelli riccioli e corti di un castano quasi biondo, occhi di un verde un po' insolito, brillanti, volto di un ovale magro, bocca piccola con labbra perfette, molto rosse.
E' magra e piccolina, abbronzata ma senza scottature sulla pelle.
Magra: chissà che fine fanno tutte le mie pagnotte!
"Non sei italiana?" Provo a chiederle senza avere risposta e neanche attenzione. Intanto osservo scomparire, poco a poco, con più calma ma inesorabilmente, anche la quarta pagnotta.
"Io mi chiamo Andrea" insisto e devo dirlo in modo troppo brusco perché la ragazza resta sospesa e mi guarda interdetta.
"Andrea!" Insisto e mi batto il petto come un penitente.
"My name, Andrea!"
"Mon nome, Andrea!"
"I'm Andrea! Je suis Andrea! Me ciamo Andrea!"
Mi guarda come un mentecatto e riprende a sbocconcellare il pane senza un sorriso.
Un anziano signore attraversa il giardino e devo smettere le mie affermazioni di personalità.
Ma non mi scoraggio: prendo la penna e scrivo sul margine del giornale "ANDREA". Poi faccio una freccia verso di me.
"Andrea" ribadisco.
Poi faccio una freccia verso di lei: "E tu? Il tuo nome? Nome! Nome!"
Mi guarda con un espressione preoccupata, poi tutta la sua espressione si ridistende e, senza invito, prende una nuova pagnotta dal sacchetto.
"Cinque!" gemo.
"Osiac. Samicas!" mi risponde la ragazza. Mi guarda ed improvvisamente prende una sesta pagnotta, ma la porge a me!
La prendo, ma non ho proprio voglia di mangiare pane. Invece salterei il pranzo di oggi e quello di domani (la cena no!) pur di riuscire a farmi capire.
"Grazie!" brontolo, proprio di controvoglia.
Sbocconcello la mia pagnotta per i colombastri. Adesso quasi li prenderei a calci! E prenderei a calci anche lei!
"Ma non parli italiano? Italiano? Neanche un po'? Non capisci?".
A tratti, più che non capisca l'italiano, temo sia scema. O che mi prenda in giro. Però resta il fatto delle cinque pagnotte divorate: l'unica cosa che è sicura è che ha una bella fame arretrata.
D'altronde se questa poveretta non capisce l'italiano neanche abbastanza da capire che mi chiamo Andrea e che vorrei conoscere il suo nome, non le deve essere facile trovare da mangiare!
Però, fame e magrezza a parte, non ha proprio l'aria patita o trascurata: i capelli, ad esempio, sono corti ma pulitissimi e hanno una loro linea elegante, precisa.
Il mio pane: doveva durarmi tre giorni ed invece si è già dimezzato. Chissà se ne avanzerà abbastanza almeno fino a domani
Un colombo che non conosco, con la testa chiazzata di macchiette bianche anziché mangiare mi osserva, perplesso quanto me.
"E allora?" gli chiedo.
Guardo la donzelletta divoratrice di panini: "E allora?"
Mi guarda e fa una spalluccia: "Salimarc!"
"Scendi Marc?"
"Salimarc!"
Ci riprovo: "Io Andrea. Andrea. ANDREA! Andrea?"
Sembra che il lungo discorso la incupisca. Abbassa gli occhi e si guarda le ginocchia. Gliele guardo anch'io, per solidarietà e per piacer mio.
Ammiro e sospiro: "Perdinci! Come sono infelice!"
Restiamo in silenzio, ma non a lungo: alla ragazza viene il singhiozzo. Ritmico, inarrestabile, comico: una sequenza di brevi "Piì!" che paiono richiami di uno strano e nuovo volatile e che provano turbamenti anche ai miei colombi.
Al terzo "Piì!" forse per il mio sguardo perplesso scoppia a ridere, ma il singhiozzo non passa. Rido anch'io, ma senza soddisfazione.
"Singhiozzo! Io Andrea!"
Cerca di tornare seria, probabilmente cerca di trattenere il fiato, poi mi lancia uno sguardo da bambina che ha combinato una marachella, e scoppia di nuovo a ridere: accidenti a lei! Mi piace!
Mangia fino ad ingozzarsi, si diverte, che può volere di più dalla vita?
Io, di improvviso, comincio a sentirmi fuori posto, grottesco, patetico. Comincio, anzi: continuo!, a sentirmi un perfetto idiota!
"Bene: io vado. Ciao!"
Smette di ridere e mi guarda in un modo che verrebbe voglia di tutto, tranne che di dirle: "Ciao! Speriamo di rivederci!"
E invece dico proprio: "Ciao! Io vado: speriamo di rivederci!"
Mi alzo, le sorrido, raccolgo il giornale e il mio sacchetto allegeritissimo (lasciarle una pagnotta d'addio? no! basta!) e le sorrido ancora: "Ciao!".
Fa il musetto triste ma adesso comincio ad averne abbastanza di una che capisce solo come scroccare pagnotte. "Ciao, carina!"
Finito tutto? Niente affatto!
Si alza anche lei e mi viene subito al fianco con una corsetta veloce.
E adesso?
"E adesso? Che facciamo?"