E va bene cosa? Cosa va bene? Non posso nemmeno dire "Parliamone!" perché non possiamo parlarne. Però io parlo lo stesso: per spiegarmi e perché ne ho bisogno.
"Hai ragione tu: ieri non ci conoscevamo neppure! E quando non si riesce neanche a parlare come si fa a capire cosa si vuole e cosa non si vuole? Se dico che voglio verniciare il soffitto, andare al mare o che mi piacciono i tuoi capelli per te non fa differenza!"
Probabilmente le sembro un mentecatto, ma non mi importa. Forse le faccio più pena che paura.
"E poi è anche colpa tua: mi sei sempre venuta dietro, sei venuta a casa mia, hai accettato tutto quello che ti offrivo... Io mi sono illuso! Forse avevo il diritto di aspettarmi qualcosa!"
La guardo e vedo che si tocca lo zigomo dove ha un segno leggero:
non mi sono accorto di averla colpita ma evidentemente una piccola botta mentre si divincolava gliel'ho data. O ha battuto da sola.
Ci guardiamo un attimo finché io sospiro, apro il frigo, metto un po' di ghiaccio nel mio fazzoletto e glielo porgo.
Mi guarda interrogativa e io le accenno il mio zigomo, mimo qualche auto-impacco e le riporgo il fazzoletto. La ragazza lo prende, mi dice qualcosa che dovrebbe essere un grazie, mi fa un sorriso timido e se lo appoggia sul viso.
Adesso è lei a parlare e mi fa il più lungo discorso che mi ha fatto finora ed io ascolto perché spero di riconoscere o intuire qualche suono nelle sue parole e perché mi piace la cadenza e la musicalità della sua lingua.
"Peccato, non ho capito niente!", esclamo quando Vancilea smette di parlare. Mi avvicino e guardo il segno sullo zigomo e lei mi lascia guardare: "Non è niente, proprio un colpetto!"
Non serviva neanche il ghiaccio, probabilmente.
Mi berrei volentieri un bicchiere di vino, almeno per non sentirmi come mi sento - arrabbiato, mortificato, rifiutato ... - ma se quella vede rosso cosa pensa e chi la tiene più? E se il vino va alla testa a me, chi tiene me?
Ormai resta solo più il problema della notte: non so quali siano le abitudini della mia ospite, ma io quando suona mezzanotte - come stanno suonando adesso in lontananza le campane di San Michele - sono di solito già letto.
Porto in cucina la sdraio in cui dormo di solito quando vengono i miei - lasciando a loro la camera da letto - e, chiamata Vancilea con un tocco sul braccio, le faccio strada.
"Tu dormi qui. Ed io - Sob! - in cucina."
Vancilea medita perplessa, poi nega energicamente con la testa ed
indica me ed il letto e poi se stessa e la sdraio.
Sarebbe anche giusto, ma una stolta cavalleria me lo impedisce: "E no! Ci mancherebbe!" Lei e letto, io e sdraio.
Vancilea agita di nuovo con forza la testa facendo saltare i capelli corti ed io propongo, con una speranza minima, la soluzione migliore: "Branda: out. Andrea e Vancilea: letto!"
La ragazza inarca un sopracciglio, finge di arrabbiarsi ma scoppia a ridere e mi addita e addita la branda. Addita se stessa e il letto e annuisce. Penso mi dica "Grazie, fesso!", ma forse è più gentile.
Prima di andare a dormire Vancilea si chiude in bagno - due colpi
secchi mi avvertono a scanso di malintesi che la serratura fa
egregiamente il suo lavoro - e sento l'acqua della doccia scorrere per un buon quarto d'ora. Mi sento il gestore di un albergo, accidentaccio!
Provo a leggiucchiare, ma penso sempre a quel bocconcino nudo e
crudo sotto l'acqua e mi distraggo.
Finalmente Vancilea esce dal bagno e mi augura la buona notte.
"Aiunga lou!"
"Buona notte a te, schifosissima! Ti auguro di sognare sciami di api! E vespe! E piccioni!"
Anche la serratura della camera da letto scrocca due volte.
Che fiducia! Che bella fiducia! Ma per chi mi ha preso? Sono un
galantuomo io, un galantuomo vecchio stampo!
Soprattutto quando non ho l'occasione per comportarmi male.