Capitolo 13 - Ritratti
Vancilea si č rivestita e, con qualche movimento insolitamente impacciato e frenato, confessa che la camicia deve infastidirla sfregandosi sulle spalle rosolate. Troppo sole!
Si appollaia sul tavolo e mi racconta qualcosa nella sua lingua cantilenante e misteriosa mentre io, assecondandola, mi distendo un poco, non solo psicologicamente ma anche fisicamente, e allungo le gambe sulla sedia pių vicina.
La ragazza mi sorride, scomparso e dimenticato quel momento di timore e di incertezza che le avevo letto, pochi minuti prima, negli occhi e che l'aveva fatta correre via. Mentre parla asciuga, quasi indispettita, una goccia d'acqua che, caduta dai capelli bagnati, le scorre sul viso.
E' un momento di magia e penso che in un momento cosė puō succedere di tutto: lei puō chinarsi su di me e offrire la bocca alle mie labbra e le sue braccia alle mie mani; puō, continuando a
sorridere, prendere un coltello e piantarlo nel mio cuore; puō girarsi, allontanarsi con il passetto corto delle indossatrici, prendere la porta e le scale e sparire per sempre - e questo sarebbe il peggio.
Invece, come sempre, non succede niente; se non che Vancilea scoppia a ridere improvvisamente ed io, sorpreso, mi chiedo se sono buffo, se la ragazza ha letto i miei pensieri o se altri ancora me ne ha immaginati. O forse č una risata legata al suo
racconto che non posso comprendere.
Come ha cominciato a ridere, cosė smette di colpo e mi guarda tenera, forse per chiedermi scusa.
Ma si puō restare arrabbiati con una bella ragazza?
Io resto affascinato dai duri dei telefilm americani che strapazzano spesso le loro floride pupone con sganascioni precisi e formidabili: forse riuscirei anch'io a mollare in certi momenti un manrovescio a Vancilea, ma non troppo forte e solamente se i miei occhi non incontrassero ai suoi. Certamente non potrei colpirla due volte: i suoi occhi di lago - anche se non sono blu! - mi renderebbero di legno il braccio.
Adesso si pettina i capelli: "Sei matta! Devi essere tutta matta, altrimenti non saresti qui con me!"
Ed io? Nessun problema: mai pensato di non avere almeno tre o quattro o dodici rotelline del mio povero cervello con le dimensioni sbagliate ed i denti sgangherati.
Mentre la guardo, capisco che adesso sta aspettando da me qualche iniziativa e che non posso pių indugiare sulle mie due sedie (alternativa relativamente pių comoda della sdraio: bisogna che
la valuti per questa notte), tranquillo come sono stato prima a guardarmela mentre prendeva il sole.
"Fano e Remė?" Propongo, dopo avere pensato ad un salto al minigolf o di andare, anche se fuori orario, dai miei piccioni. Con il sole, per oggi, basta!
Non reagisce ed io sillabo: "Andiamo da Ste-fa-no e Re-mė?"
Questa volta capisce ed annuisce abbastanza convinta: "Salisciaās Remė! Aliascianis!"
Se Vancilea fosse araba? Un'araba figlia di svedesi.
Ci fantastico sopra: L'Araba Fenice! La gomma arabica! E le guardo le gambe: "La gonna arabica!"
Si guarda le gambe anche lei: "Dut a sci Remė?"
"Sė! Hai le gambe pių belle di Remė!" Confermo, ma poi penso, senza sentirmi colpevole, che probabilmente non č vero perché Remė ha proprio un corpo da modella, tutto plasmato e tornito il
giusto, mentre Vancilea č pių acerba, con qualche spigolositā di gioventų e certi dettagli ancora da definire - le ginocchia ad esempio. Il che non toglie che non rinuncerei ad una notte d'amore con una Vancilea sola per una notte d'amore con tre
Remė.
Ed andiamo da Stefano e Remė e li troviamo abbastanza su di giri.
Stefano forse ha anche bevuto un paio di bicchierini - oltre alle solite birre - e risponde al mio saluto con un grugnito: questo
indica che č di ottimo umore.
Anche Remė č allegra e mi indica con entusiasmo un olio ancora sul cavalletto: "Guarda! Ti piace?"
Osservo con diffidenza - mentre sento nella schiena gli occhi sia di Remė che di Stefano che mi attraversano ansiosi come stiletti acuminati - ma ben deciso a lodare, come sempre, anche la peggiore
delle croste che Stefano possa avere creato.
Alla fine - mi prendo per principio una trentina di secondi per essere credibile - le mie lodi finiscono per suonare, almeno al mio orecchio, un po' false e mi dispiace perché, con mia sincera sorpresa, il quadro mi piace davvero.
Stefano ha ritratto Remė riprendendola di spalle e si vedono solo un abbozzo di schiena, le braccia nude e un accenno di profilo.
"E' bello. E' uno dei tuoi quadri pių belli!"
Stefano č sensibilissimo ai complimenti: "Mi hanno proposto di mandare cinque tele per una mostra a Genova e ne avevo solo quattro che mi andassero a genio. Allora ho fatto la quinta!"
Riesco a non dire la battuta "Peccato che non te ne abbiano chieste dieci!" perché so che Stefano non apprezzerebbe, ma tanto la mia uscita infelice la faccio lo stesso perché davanti alle altre quattro tele che ha scelto - un panorama alpino da studio
dentistico (le "dentate" scintillanti vette!), una natura morta studentesca (canestro con mele, banane e pomodori), un nudo squallido e inutile di Remė (una Remė vecchia, stufa, sporca e persino mal proporzionata) e una testa di ragazza perplessa (non
Remė!) - trovo il solo commento: "Il pių bello č proprio l'ultimo che hai fatto!"
Stefano, infatti, sbotta puntualmente irritato: "Perché questi quattro li conoscevi giā!"
Per farlo arrabbiare potrei dirgli che il suo quadro con la testa di ragazza mi fa venire in mente un disegno molto pių bello e sognante fatto da una ragazza di Milano (Valentina, se ricordo bene il nome) che, secondo me, č veramente in gamba.
Invece non replico e torno a guardare l'ultimo quadro che non č male, davvero non č male.
"E Vancilea?" Mi chiede Remė d'improvviso.
La accenno appena con la testa: "E' lė ..."
Remė mi guarda perplessa poi ride e mi prende in una stretta complice il braccio: "E come č stata questa notte?"
Sobbalzo: "Ma senti! E poi queste domande me le aspetto da Fano, mica non da te!"
Penso abbia bevuto unpo' anche lei. Infatti ride ancora e mi stringe pių forte facendo insieme un po' la smorfiosetta: "Invece te l'ho chiesto prima io! Non mi rispondi?"
Mi sento ridicolo, ma non mi dispiace troppo di esserlo: "Io ho dormito in cucina. Su una sdraio."
La francesina torna seria, mi guarda, per un momento si chiede se la prendo in giro ma alla fine decide di credermi: "Meglio cosė!"
"Dipende! Punti di vista!"
"E continuate a non capirvi?"
Allargo le spalle: "Non č vero! Ci capiamo abbastanza: č solo quando parliamo che non ci capiamo pių!"
Stefano sbuffa con esasperazione: "Certo che non vi capite! E' quella tua femmina falsa che si diverte a inventarsi le parole e che, quando parli tu, finge di non capire!"
Salvario
Indice
Capitolo Precedente
Capitolo Seguente