Capitolo 14 - Scacchi

Non so quanto intenzionalmente, ma il buon Stefano mi ha messo la pulce nell'orecchio e, se all'inizio riesco a fare stoicamente finta di niente, dopo un po' divento inquieto e devo confidarmi: "Fano, pensi davvero che mi stia prendendo in giro?"
Stefano non è molto elastico mentalmente a riannodare i discorsi rimasti in sospeso e mi guarda interrogativo.
Sospiro e mi spiego: "Credi davvero che Vancilea capisca quello che diciamo e faccia finta di non capire?"
Mi aspetto da parte sua una vigorosa conferma, invece esita parecchio e guarda prima Vancilea in modo critico e poi, d'improvviso e impacciato, Remì, quasi a chiederle soccorso.
Ma Remì si disinfetta una caviglia spelata o punta da una zanzara e non recepisce la muta richiesta.
Stefano abbassa gli occhi e alza le spalle, infine si decide e mi guarda: "È difficile che non capisca nessuna lingua. Almeno l'inglese! Almeno il francese! Non dico che debba sapere parlare inglese come la regina d'Inghilterra, ma capire quelle tre o quattro parole che sappiamo usare anche noi. E se è in Italia qualche parola deve averla imparata: l'avrebbe imparata anche un pappagallo! A dire "cibo", "bello", "brutto", "mare" si arriva in fretta!"
"Forse sono io che non sono un bravo maestro.."
"Tu? Ma se la tua cerbiatta sembra che non abbia neanche imparato a dire "" e "No"! Possibile? Eppure ha gli occhi svegli!"
Non sono convinto del tutto, ma resto un po' scosso. Soffio, anche per allontanare un moschino che vuole atterrarmi sul naso, e provo a ribattere: "E allora?"
"Allora? Le dai da mangiare, un tetto e la porti in giro: per lei è molto comodo non capire e farsi le vacanze a sbafo!"
Non voglio litigare, non ho proprio voglia di litigare, ma Stefano mi prende per le spalle: "Se ti diverti, tienila con te: ma è un rischio! Magari ha combinato qualcosa oppure ha una famiglia che la cerca: che dirai? Che l'hai tenuta perché non capivi cosa diceva?"
"E allora?" Rifaccio più debolmente.
"C'è la polizia. I carabinieri. Chiedi a loro!"
"E cosa chiedo? Se qualcuno ha perso una bella figliola?"
Stefano alza le braccia esasperato, ma Remì, che ha sanato il proprio piede e ascoltato le ultime frasi, taglia corto: "Fano ha ragione: ragazze come Vancilea non vivono alla giornata! Forse sta nascondendosi. Forse si è persa e spera che tu l'aiuti a tornare a casa!"
"Come ET!" Protesto sconsolato.
Remì ride, ma conferma decisa: "Come ET!"

Stefano gioca a scacchi malissimo, ma con molta presunzione.
Conserva una scacchiera coi pezzi in legno sempre pronta su un tavolino - lo stesso dove tiene tempere e pennelli perché sostiene che arte e genio hanno le due manifestazioni più pure nella pittura e negli scacchi. In terza posizione, contro voglia perché non sa suonare nessuno strumento ed è stonato quanto me, mette la musica.
Giocherello con la Regina bianca, simbolo della tracotanza femminile, e Stefano - che non gioca mai con me perché sa che lo vinco e che non gioca neanche più con Remì perché a capito che lei lo lascia vincere solo per non litigare - mi raggiunge per parlare un po'. Ripete le stesse idee di prima, poi si distrae e cambia registro:
"Andiamo a mangiare una pizza questa sera? Tutti e quattro!"
L'idea di un'altra serata solo con Vancilea adesso m'imbarazza e mi aggrappo subito all'ancora di salvezza con una sola condizione: "Certo! Ognuno paga per la sua donna?"
"Va bene! Di nuovo alla Vesuviana?"
Domanda retorica: la Vesuviana è, in Liguria, la sola pizzeria decente e con forno a legna dove con quindicimila a cranio si riesce ad avere una pizza decente, una birra media ed un gelato finale.
Vancilea si siede davanti a me e, con falsa indifferenza, mette a posto i pezzi sulla scacchiera. Non faccio molto caso ai suoi gesti se non quando noto che tutto è pronto per una partita; infatti la ragazza, che si è presa i pezzi bianchi, esegue la prima mossa spingendo di due caselle il pedone di fronte alla regina.
Può un uomo declinare una sfida che gli venga da mano femminile? Certamente no! E così perdo vergognosamente in una ventina di minuti, senza per altro avere coscienza di avere commesso errori troppo grossolani. Spietata, Vancilea ridispone i pezzi scegliendosi questa volta quelli neri: io apro bene e quasi spero di potere chiudere la giornata con una vittoria a testa, ma ancora Vancilea mi dimostra con semplicità di giocare meglio di me, e mi bagna di nuovo il naso.
Rovescio il mio Re e vedo il sorriso ironico di Remì che mi strizza l'occhietto. Maledette donne! Tutte complici quando si tratta di far soffrire un povero uomo!
"Vuoi giocare tu? Ti lascio il posto!"
Remì ride: "No! Grazie, non ..."
Ma io mi sono già alzato e le lascio il campo e Vancilea: "Tutta tua!"
Troppo buona Remì: si siede e gioca.
Non ho voglia di stare a guardare: vado alla porta e guardo fuori. Mi scoccia perdere a scacchi. Perdere con una donna mi scoccia due volte. Perdere con Vancilea (che sia russa?) mi scoccia tre. Insomma, mi sono rovinato il sangue!
Mi ci vogliono cinque minuti per fare a me stesso un ghigno di compatimento e riuscire ad ammettere: "E va bene! Va bene! Ho perso due partite!"
La vera umiliazione è avere capito che, giocassi cento volte con Vancilea, perderei cento volte. O almeno novantanove.
"E va bene! Chi perde paga!"

Esco in strada e trovo quasi subito il posto che cerco: per fortuna c'è anche la bancarella di bigiotteria. Scavo senza trovare, finché il venditore mi viene in aiuto con un sorrisetto furbo: "Cercavi questa?"
Guardo sorpreso la spilla a gatto e la prendo dalle sue mani.
L'uomo ridacchia: "L'ho tenuta da parte perché ero sicuro che saresti tornato a comprarla!"
"Davvero?"
"Come no? Io leggo negli occhi di tutti le intenzioni che hanno; e riconosco quelli che comprano e quelli che non comprano!"
"E quelli come me!"
"Certo! Quelli che ritornano!"
Tratto sul prezzo senza convinzione e, con mia sorpresa, da dodici mi fa diecimila.
"Grazie! Arrivederci!"
Torno da Stefano che mi guarda male: "Temevo ce l'avessi abbandonata!"
Vancilea invece mi sorride, felice di rivedermi.
"Ha sempre vinto?" chiedo a Remì che annuisce imbronciata.
Bene! Porgo il pacchetto a Vancilea: "Alla vincitrice!"


Salvario
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