Capitolo 17
Ero un po' in apprensione, ma Vancilea non ha palesato nessuna particolare emozione all'arrivo delle birre o quando l'innocente Stefano ha bevuto una sorsata di assaggio dal suo boccale. La birra non è il vino.
Ho chiuso gli occhi e tirato un sincero sospiro di sollievo: mi ci mancava solo una scenata in pizzeria!
Stefano fa girare come una trottola una monetina sul tavolo: "Due belle ragazze che ci fanno compagnia, una bella birra e una buona pizza in arrivo! Cosa possiamo volere di più, Andrea?"
Lo guardo cercando di capire: molto spesso, quando dice una frase con quel tono, intende dire completamente il contrario. Alla luce un po' bislacca del locale gli vedo sulla fronte due profonde rughe, oblique e scavate come cicatrici. Rughe di stanchezza, ritengo, oppure sono proprio solo uno scherzo di queste lampade.
Stiamo seduti ad un tavolino rettangolare piccolo per quattro persone, con Vancilea e Stefano capotavola ed io davanti a Remì. Stefano mi sembra un po' in pallone e si mette a guardare in aria restando a lungo col collo mal rasato in evidenza.
Terminata l'analisi del soffitto, sbadiglia.
Remì ci racconta una storiella di quando aveva cominciato a fare la modella ed un pittore, dopo averla messa in posa come una Venere greca, aveva palesato interessi meno artistici e, a tradimento, aveva cercato di zomparle addosso. La ragazza gli era sfuggita con un guizzo istintivo, rotolandosi sotto un divano e scappando nuda sul pianerottolo e entrando nella prima porta trovata aperta che era quella di un dentista: "Ero una bambina, allora! E che spavento mi sono presa!"
E' una bambina anche adesso, e glielo direi se non fosse che
Stefano è geloso di tutti e, certamente, anche di me.
"Una bambina, come lei!" Conclude Remì, ed indica Vancilea che la guarda e subito guarda me come se fossi, in qualche modo, in grado di spiegarle il discorso. Non ci provo neppure e, delusa, Vancilea si consola prima bagnandosi le labbra con la birra e poi tracannando una convinta sorsata.
Non ti capirò mai, Dolcezza: la birra sì e il vino no!
Arrivano le quattro pizze, portate tutte quattro insieme, con una agilità da giocoliere, dal padrone del locale: "Eccoci! Serviamo prima le signore donne e poi i signori uomini!".
Infatti: prima la francesina, poi la presunta norvegese, poi il
friulano finto toscano ed ultimo, come sempre, il sottoscritto pedemontano.
Davanti alle pizze Vancilea scoppia a ridere e noi la guardiamo tutti perplessi: "Che non abbia mai mangiato una pizza?"
La ragazza torna seria e ci guarda a sua volta. Le facciamo vedere che tagliamo e mangiamo le nostre "quattro stagioni" e, sollevate dubbiosamente le sopracciglia, taglia anche lei la sua pizza che le scivola un po' nel piatto, ma scoppia di nuovo a ridere davanti ai lunghi ed elastici fili del formaggio.
"Se ride ancora la prendo a schiaffi!" Ringhia Stefano che, chissà perché, si sta offendendo. Ma intanto Vancilea ha preso il suo ritmo, mangia con appetito e non ride più.
Io, sarà che mi sto abituando alla mia cucina e mi sto dimenticando i buoni pranzetti che mi cucina a casa mia madre, trovo la pizza superlativa.
Remì taglia via i bordi più bruciacchiati e li ammucchia in un monticello alla sua destra da cui Stefano attinge ogni tanto, con distratta abitudine.
"Slainisch cant'sias!" Commenta Vancilea che adesso mi pare soddisfatta e, regolarmente come noi, si disseta con la birra.
Anche Remì osserva che la pizza è buona.
A bocca piena Stefano mi chiede se mi piace davvero il suo
ultimo quadro. Io gli rispondo di sì e cerco di convincerlo:
"Mi possa avvelenare questa pizza se non è vero!"
"E anche la birra?"
"Mi possa avvelenare anche la birra! Tanto sono la stessa
pizza e la stessa birra che mangiate anche voi!"
Remì è la più lenta a finire la sua pizza anche perché è la
più chiacchierina e, tra un boccone e l'altro, ci racconta
qualche altro aneddoto della sua vita. Devo dire che quasi
tutte le storie le ha già raccontate almeno una volta a me e
chissà quante volte le ha già sentite Stefano, ma non per
questo le riascoltiamo meno volentieri.
In fondo, nell'Eden, abbiamo rinunciato ad una costola per
averle a tenerci compagnia, le donne! Fossimo stati più
generosi e di costole ne avessimo offerte due, probabilmente si sarebbe anche potuto ottenere qualcosa di meglio.
Dopo la pizza ci prendiamo quattro gelati misto-frutta che ci vengono portati in strani contenitori simili a tazze da tè
trasparenti. E poi il conto onesto che io e Stefano dividiamo a metà.
Stiamo ancora qualche minuti al tavolino, improvvisamente tutti muti finché è Vancilea che dice una frase e ride ancora.
"Jiamiscià, jiamiscià!" La riecheggia Stefano e poi commenta: "Stiamo attenti che a quella lì la birra è andata alla testa!"
Guardo quella lì che si dà colpettini sul naso con indice e medio e penso che Stefano potrebbe avere ragione.
La padroncina ci passa vicina e cerchiamo di salutarla: "La
prossima volta vogliamo che sia tu ad avere cura di noi!"
Fa un grande sorriso, ma ci risponde solo: "Fatevi rivedere presto!"
"Per te e per le pizze!"
Lungo mare: approfitto di una cabina telefonica per
telefonare in città, ad una mia zia, e darle mie notizie. Non
sono ancora le undici, ma era già a dormire e mi risponde
di cattivo umore.
"Dovresti già essere a casa a queste ore!"
"Ma sono in vacanza, zia! Ed anche quando vado all'università non vado mai a dormire così presto!"
"Se tu dormissi di più riusciresti meglio a scuola!"
Mi dice che i miei hanno telefonato ieri, stanno bene e mi
raccomandano di studiare.
"Sei solo?" Chiede bruscamente.
"Sono con Stefano. Il pittore."
"Il pittore! Non mi piace quel tipo!"
Veramente non lo conosce, ma non le piace lo stesso.
"Buona notte, zia. Saluta papà e mamma! E grazie!"
"Buona notte! E studia!"
Raggiungo i miei tre compagni che si sono seduti sul molo.
"Mia zia ti manda a dire che non le piaci." Faccio a Stefano.
"Peccato! Io la trovo un bocconcino adorabile!"
"Quanti anni ha?" S'informa Remì ed io faccio una stima più o meno esatta: "Cinquantatré. Cinquantaquattro."
"Allora non sono gelosa! Puoi anche trovarla adorabile, Fano!"
Salvario
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