Mi sveglio con un sobbalzo e prendo la sveglia per vedere l'ora: 8 e 20. Impiego qualche istante a capire dove sono, a ricordarmi che sono in vacanza ed a pensare a Vancilea. Il mio corpo ha tutti i dolori che una posizione scomoda può provocare.
Fatico a risistemare muscoli straziati e legamenti ritorti.
Una decina di minuti per riessere io o qualcosa che mi assomiglia.
Noto la bottiglia di vino rimasta sul tavolo e la riordino.
Vado a lavarmi i denti perché mi sento la bocca impastata e mi getto acqua sulla faccia e sugli occhi che non vogliono restare aperti.
Quando mi sono rimesso in sesto scopro che tornerei a dormire proprio volentieri, ma odio la sdraio e odio le sedie. E sono ancora troppo stanco per accettare di stare in piedi. Un letto…
Bevo un po' di latte freddo e poi preparo una colazione più sostanziosa per la mia ospite. Latte. Biscottini. Miele e marmellata.
Trovo un vassoio e mi diverto a posizionarci sopra elegantemente i biscotti. Il risultato è simpatico e mi mette di buon umore.
Fuori la giornata è nuvola, ma scommetto che si rasserenerà. Infatti, quando vado a vedere da che parte arriva il sereno comincia a piovere: non è una pioggia forte ma viene giù fitta per qualche minuto. Guardo piovere fino a quando smette. Sbadiglio dieci volte.
Non provo a studiare: la testa è scesa in sciopero. Guardo la colazione apparecchiata ed adesso smonterei tutto perché mi fa venire in mente solo i fiori sulla bara di una persona morta.
Al diavolo! Guardo l'ora e mancano venti minuti alle dieci. Prendo il vassoio e busso alla porta di Vancilea, o almeno vorrei bussare, ma la porta è socchiusa e si apre subito.
"Permesso? Dormi ancora?"
Le tapparelle sono a metà e la stanza è abbastanza illuminata.
Sento una mezza protesta assonnata e vedo un movimento brusco e improvviso di un corpo sul letto. Un corpo di cui improvvisamente intuisco la nudità, nudità che dopo un attimo piacevolmente lungo, si nasconde dietro il cuscino che Vancilea afferra e si stringe al petto. Noto che il cuscino è corto, e se le copre il petto non copre sotto l'ombelico: se ne deve accorgere anche lei perché arretra dietro il letto e le proprie ginocchia e mi fissa spaventata.
Non so che dire, vorrei non sorridere e scherzare, ma non ci riesco.
"Asciavà!" Geme Vancilea ed io le mostro il vassoio: "Colazione! Scusami! Io volevo bussare, ma era aperto!".
Vancilea lancia uno sguardo disperato che attraversa la stanza e arriva ai suoi vestiti piegati in bell'ordine su una sedia.
"Va bene, tolgo il disturbo! Ho capito!" Ma prima voglio posare il vassoio e lo sistemo con qualche fatica sul letto stesso.
"Se vuoi rivestirti fai pure. Sto andandomene!"
La guardo ed è come paralizzata, inchiodata dietro il letto come in una trincea e col cuscino come scudo.
"Capito: vado via! Sono andato!"
E me ne vado, tirandomi la porta dietro.
"Però, niente male!" Mi sono venute le labbra secche ed ho sempre più voglia di ridere.
"Niente male! E io ho dormito su un tavolo!" Dico forte e mi sento tanto, ma tanto idiota.
Vancilea mi guarda diffidente ma anche birichina.
Credo che se potesse parlare mi direbbe: "Mascalzone! Me l'hai fatta!". Invece sono io che ho voglia di parlare: "Sai cosa mi dispiace? Che se volessi raccontare di te a qualche amico non mi crederebbe. O penserebbe che devo avere qualche rotella fuori posto!"
Un tuono, ma da lontano: anche dal cielo un brontolio scontento e contrariato.
"Dimenticavo: complimenti! Bel corpicino! Tutto a posto, proprio tutto a posto. Fortunato chi ti prende! Noi due, si vede che era destino dovessimo restare solo amici…"
Vancilea che si era distratta mi riguarda di colpo sorpresa.
Le labbra le tremano come se fosse difficile ripetere. "Amici?"
"Amici!" Mi stringo le mani in una stretta di saluto: "Amici!"
La ragazza sorride ed allora insisto e mi batto il petto: "Amico!". Accenno a lei: "Amica!".
Sembro un marocchino che voglia vendere collane, ma Vancilea capisce e ripete i miei gesti: "Amica! Amico!"
Lei ride ma io ho riperduto la mia allegria. Penso che è finita, che sono le ultime parole che ci diciamo. Come ho deciso ieri.
Davvero: nessuno mi crederà quando parlerò di lei. "Prendi la tua roba. Usciamo!"
Si guarda in giro, guarda quello che faccio e finalmente va a pettinarsi e si sistema ancora un po'.
Io sono pronto e, prima di uscire, vado a recuperare anche la sua sacca e gliela faccio prendere.
"Mi dispiace. Mi dispiace davvero."
Vancilea mi guarda strano, forse capisce. Usciamo in silenzio, entrambi con un'espressione uguale da funerale.