Capitolo 23 - L'armadio
Trucco o non trucco, rossetto o non rossetto, la mia Vancilea di corpo e di viso è una gran bella figliola. Sorrido mentre lei si guarda intorno con occhi veloci ed attenti che paiono accorgersi di tutto e non essere mai sazi di quanto vedono.
"Cosa cerchi?", le chiedo e lei subito mi mostra qualche oggetto insignificante, oppure scuote la testa e riprende a guardare. E' curiosa ed indiscreta come una bambina, ma ormai non riesco più a pensare a lei senza un certo disagio.
Al mercato, sarà che il tempo incerto ha scoraggiato dall'andare in spiaggia, c'è tantissima gente e noi rischiamo di perderci tra una bancarella e l'altra. Le prendo il braccio quando la folla è più densa e lei si lascia guidare docile e fiduciosa come se avesse le redini. Tanto, anche se ora ci separassimo, mi ha già dimostrato che la strada di casa mia la ritrova in fretta anche da sola.
Purché non trovi uno più bello e - se esiste in questa contrada - più fesso da seguire.
Vancilea si diverte, curiosa in ogni angolo e tocca tutto - tessuti, pettini, abiti, calze, costumi - ma scappa veloce appena un venditore le rivolge la parola.
Di botto si ferma ridendo davanti ad una bancarella dove fa bella mostra di se' una scacchiera lavorata in legno: chiedo il prezzo e, saputolo, inghiotto con la massima dignità che riesco a simulare ed allontano con gentile fermezza la mia compagna. Poffarbacco! Che sproposito!
Poco oltre, dove la strada s'inerpica già verso l'Appennino, compro generi necessari e più accessibili alle mie finanze: un po' di verdura e un po' di frutta. Le arance costano molto meno qui che in negozio e sembrano più fresche.
E finalmente, ponendo termine ad una lunga, colpevole e vergognosa mancanza, compro sei bicchieri gemelli di misera fattura ma di apprezzabile economicità. Sono perfettamente cilindrici ed hanno l'ornamento di due cerchietti uno bianco ed uno rosso appena sotto l'orlo.
Acquisto conclusivo sono due pagliette di acciaio dorato per raschiare le pentole: quella che adopero adesso è ridotta peggio di quelle che si oserebbe usare in una caserma.
Chissà perché le mie pagliette fanno scoppiare a ridere Vancilea. Forse è il disegno sulla confezione che la fa ridere: un grosso coniglio che raschia una pentola lucente e luminosa come il sole.
Il venditore guarda prima la ragazza con una accondiscendenza dubbiosa e poi guarda me.
"Non capisce!" spiego, e l'uomo risponde con compatimento: "Che peccato! Una così bella ragazza!"
Ci guardiamo, e io capisco che non ha capito proprio niente neanche lui. Ad ogni modo lascio stare e metto le mie pagliette di acciaio nello stesso sacchetto dove ho messo gli altri acquisti e, col sacchetto nella sinistra e Vancilea nella destra, mi allontano.

Torniamo a casa con un bel giro lungo che porta a percorrere un tratto di lungomare. Qualche bagnante si è già disteso sulla spiaggia, anche se manca il sole e la sabbia è bagnata.
Guardo un gruppetto di bambini e penso a quando avranno la mia età e saranno torturati dai reumatismi e cammineranno piegati in due. Colpa di questa umidità!
O forse il mio prossimo è più solido di quanto lo sono io.

Scale di casa: Vancilea mi ruba dal sacchetto le pagliette di acciaio e parte di corsa nella nostra ennesima sfida verso la conquista del tetto del mondo.
Io mi getto subito all'inseguimento, ma mi imbatto in una condomina di non so che piano e che a mala pena di solito saluto, che mi fa la posta e mi blocca tra il primo ed il secondo piano.
Ha i capelli di un grigio argento innaturale che la fanno sembrare molto più anziana di quanto probabilmente è.
"Mi scusi, non vorrei che sembrasse che mi intrometto in affari non miei ..." mi fa troppo in fretta.
"Ma prego!" La esorto con un ringhio irritato e minaccioso, pensando che voglia alludere a qualcosa che ha a che vedere con il fatto che Vancilea sta a casa mia. Vorrei che il mio ghigno fosse anche più feroce di quanto è, ma ho il respiro accelerato dalla corsetta e la bocca mi si deforma un poco.
"Scusi, mi permetto perché spero di poterle essere di aiuto, non vorrei che lei fosse in un guaio senza accorgersene!"
Ringhio di nuovo e la donna mi appare sembra sempre meno a suo agio, tanto che spero fortemente concluda in fretta con un: "Ma in fondo non importa ..." e mi lasci rinchiudere nel mio maniero con la mia bella.
Invece continua ed arriva al chiodo: "Quella ragazza .."
"Sì?" Instigo sempre più assassinamente.
"C'era un uomo ..."
"Un uomo?" Ripeto sentendo sfuggirmi improvvisamente la situazione dalle dita: un uomo? Ormai mi aspettavo una ramanzina perché Vancilea dorme con me (cioè: a casa mia). Ma quest'uomo, chi è quest'uomo?
"Un tipo grosso, sarà stato due metri! Ma quasi largo quanto era alto: ma non grasso, proprio una bestia. E parlava con un accento strano. Tedesco."
"Tedesco?"
Mi guarda, esita e scuote la testa. Riparte veloce: "Ho detto tedesco per dire. Io il tedesco non lo capisco. Poteva essere tedesco, dico. O inglese. O russo! Ma non era italiano. Però l'italiano lo parlava bene!"
Annuisco accondiscendente e cerco di farla proseguire: "E cosa faceva questo armadio teutonico?"
"Era in macelleria, quella macelleria nuova che hanno aperto subito dopo il passaggio a livello ..."
Vancilea che deve essersi accorta che non l'ho seguita è tornata indietro, brontola una mezza protesta in tono acuto, vede che non sono solo e si azzittisce.
La donna strizza forte gli occhi - evidentemente miopi - per guardarla: "Sì! E' proprio lei!"
"Lei chi?" Incalzo avido ed esasperato.
"La ragazza che quell'uomo cercava!"
Guardo Vancilea e poi di nuovo la mia vicina che annuisce con preoccupata: "Aveva una sua foto. Proprio lei! Uguale! Come nella foto!"
"Ma chi era?"
"Quell'uomo? Aveva una tessera. Una tessera in una custodia di cuoio con una stella come quella degli sceriffi americani. Ha sostenuto che era un poliziotto anche lui, o qualcosa del genere."


Salvario
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