Capitolo 26 - Questa è vita!
Sotto le mie mani incontro e conosco una piccola donna che non pensa per nulla a resistermi mentre, sotto la sua pelle fredda, scorrono tremori incontrollati. Le sue braccia dapprima restano ferme e parallele ai fianchi poi, all'improvviso, si buttano intorno al mio collo e mi abbracciano senza stringermi.
Le bacio le palpebre quando le scopro abbassate sugli occhi: "Non vuoi vedere? Guarderò io anche per te!"
La mia esaltazione - un disco che mi ronza nel cervello e che tra selvagge urla di trionfo e di impazienza ripete nel ritornello: "Finalmente! Finalmente!" - s'intenerisce un attimo davanti a questa ragazzina così indifesa, così abbandonata e, se le sue labbra nude non si schiudessero quasi a chiamare la mia bocca con un incerto e cieco protendersi verso di me, forse sarei così incoerente da lasciare perdere e rivestirla.
Invece le mie ultime esitazioni svaporano veloce.
Andrebbe bene ogni posto per divorare la mia preda: sul tavolo, sotto il tavolo, contro la porta o dentro un armadio; ma io sono un tipo che ama la comodità e con carezze, baci, bacetti, abbracciamenti, strofinii e coccole assortite - ed una sculacciata che la fa scoppiare a ridere e riaprire gli occhi quando, chissà per quale improvvisa testardaggine, s'impunta - la sospingo dentro la camera da letto e sul letto.
E' un tragitto breve, ma che mi permette di gustare tanti piaceri e tante piccole - pensandoci anche meschine - rivincite: il piacere del contatto del corpo completamente nudo di Vancilea sul mio corpo ancora vestito, il potere guardare la sua pelle senza l'imbarazzo di vedere i suoi occhi curiosi ed indagatori guardarmi nudo a loro volta, il sentire negli abbracci le mie braccia e le mie mani più forti delle sue, il gustare su di lei e contro di lei, fino in fondo, la mia "certezza di preda".
E, borghesemente, il riconquistare il mio letto da maschio vincitore e trionfante dopo avere dormito su dolorosi surrogati.
Dimentico i piccoli dolori della mia schiena che mi hanno fatto spesso compagnia.

Sul letto, malgrado Vancilea cerchi di restare stretta a me per coprirsi, io la allontano respingendola quietamente e restiamo seduti sul bordo del materasso in silenzio finché la ragazza protesta con una voce sottile e ferita, e poi ripete in fretta la stessa richiesta, con un trillo da uccellino e con un velo umido, quasi lacrimoso, negli occhi finalmente aperti.
"Mi hai detto troppe volte!" Le rispondo, giustificandomi.
Credo capisca e fa un sorriso umile e rassegnato - come ad implorare: "Adesso basta!" - e prova a sbottonarmi lei, maldestramente, i bottoni della camicia. Me la lascio sfilare e dopo i pantaloni me li tolgo da solo.
E, se Vancilea ha avuto il dubbio di non interessarmi, ora il mio corpo le risponde senza possibilità di smentita.
"Almeno oggi fare passare la serata non sarà un problema!" Le soffio addosso incrociando le mie gambe con le sue e Vancilea, qualsiasi cosa abbia capito, scoppia a ridere di nuovo.
Poi risponde e ribatte con una voracità più fragile, ma non meno dinamica, alla mia voglia di fare l'amore.

Un sonno pesante e mi sveglio bruscamente con la sensazione di qualcosa di strano, come se qualche frammento di un sogno non fosse svanito tornando alla realtà. Pochi attimi per capire che lo "strano" è una mano di Vancilea aperta sulla mia pancia: si vede che ho una pancia che ispira sicurezza.
Ricordo che questa notte è stata lei ad addormentarsi per prima, dopo che le avevo insegnato quanto siamo bravi in certi giochi noi italiani. Sul momento avevo pensato di svegliarla per continuare subito, ma poi avevo deciso che dopo essere salita al paradiso e anche più in alto aveva diritto a una pausa. E dopo la decisione mi ero addormentato anch'io, senza rendermene conto, quasi immediatamente.
Lasciando stare la dolce, femminile e disponibile compagnia di Vancilea, adesso che sono sveglio non posso non riconoscere che dormire in un letto è una cosa sublime; al diavolo le sdraio: vanno bene solo per il sole e la spiaggia!
Fatico a mettere a fuoco lo sguardo sulla sveglia sul comodino: sono le sette, passate da poco e fa già caldo. Sbadiglio. Guardo la mia ragazza col viso semi nascosto dal cuscino e dai capelli, ma girato fiducioso verso di me.
Fosse sempre così la vita!
Mi brucia la spalla e scopro un segno di unghie che mi ha lasciato in ricordo del primo momento in cui l'ho presa: avrei pagato anche con una ferita che versasse a litri il mio sangue quel momento, e quindi va bene così.
Fischio piano.
Ascolto e per risposta sento solo il ticchettio della sveglia, poi un automobile che passa in strada e di nuovo solo la sveglia.
Vorrei ci fosse qualche suono, un po' di trambusto in strada o nelle scale che svegliasse Vancilea. La voglio ancora. Adesso.
Le accarezzo con la punta delle dita le braccia, poi mi faccio più sotto e le accarezzo anche i fianchi e il ventre. Le scopro il viso da sotto i capelli, ma gli occhi sono sempre chiusi.
Continuo finché non credo più al suo sonno, anche se non so quando ha cominciato ad essere sveglia. Si lascia distendere ed allargare le braccia inerte come una bambola, e io sto al suo gioco. Si lascia fare tutto, senza cancellare il sorriso di piacere che si disegna sulle sue labbra.

Ha ancora ostinatamente gli occhi chiusi, anche se ha risposto ubbidiente a tutti i miei baci. Non li apre neppure quando le tiro i capelli, ma li apre quando, con un'intuizione improvvisa, le mordo il naso: mica un morsettino, proprio una dentata che la fa saltare. E apre gli occhi protestando: "Stu! Skyalisngui!"
Cerco di farmi perdonare posando un bacino dove ho morso, ma lei teme probabilmente un altro colpo di denti e strilla e mi allontana con una manata in faccia.
Va bene: basta!
"E' mattina!" dico e le faccio vedere l'orologio. Prende l'orologio e bacia anche lui. Poi bacia me di nuovo.
"Ancora?" chiedo abbastanza preoccupato. Ma lei scuote la testa e fa segno di no.
Mi metto seduto e prendo fiato prima di alzarmi. E intanto Vancilea salta in piedi prima di me, prendendo la mia vecchia camicia senza indossarla. Penso vada in bagno, invece va in cucina a preparare le colazioni.
"Questa è vita! Signori, questa è vita!"


Salvario
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