Le sorti

Le SORTI consistevano nell'estrazione fortuita di frasi, parole e lettere, incise su delle tavolette di legno. L'estrazione dei legni avveniva facendo calare un giovinetto in un pozzo e, nell'oscurità, ne prendeva alcuni a caso. Il sacerdote preposto ne dava l'interpretazione ( oracolo). A Roma, d'altronde, l'uso delle sorti era particolarmente apprezzato. Plauto nella gustosa commedia Casina fa decidere alle sorti, il destino di Casina, orfana accolta in casa da bambina, e divenuta donna, desiderata dal suo anziano padrone e dal figlio di lui...: Lisidamo: "Ma ecco quel che farò: getterò le sorti nel secchiello e tirerò a sorte per te e Calino. Da come si son messe le cose, io comprendo che bisogna cambiar spada e lottare fino in fondo." Olimpione: "E se la sorte desse un esito differente da quello che desideri?" Lisidamo: "Fa gli scongiuri! Io ho fiducia negli dèi; speriamo negli dèi." Olimpione:" Non darei un fico per questa parola tutti i mortali hanno fiducia negli dèi; ma tuttavia ne ho visto spesso delusi parecchi di quelli che avevano questa fiducia" Lisidamo: "SST! Sta un po' zitto." Olimpione: "Che vuoi ?" Lisidamo: " Ecco Calino che esce di casa col secchiello e le sorti. Ora lotteremo fino in fondo a ranghi serrati." Ma anche i Greci utilizzavano le sorti per regolare varie questioni. La leggenda narra che gli Eraclidi, i discendenti di Ercole, dopo l'occupazione del Peloponneso, se lo spartirono estraendone a sorte le parti. " L'uso delle sorti, di considerar cioè come oracoli i motti fortuitamente sortiti da un'urna, fu innocente finché si contenne presso gli Ebrei, persuasi ch'elle erano da Dio regolate; trapassato però ne'Gentili, indusse a poco a poco costoro a credere che vi fosse una Deità arbitra degli eventi umani chiamata FORTUNA, la quale palesava agli uomini le sue determinazioni per questo mezzo: Deità, di cui , come osserva Macrobio non parla Omero: chiaro argomento ch'ella non era ancora stata immaginata quando Troia fu incenerita; ne parla però Isaia; (... Ma voi che abbandonaste il Signore, che dimenticaste il mio nome santo, che preparavate una mensa a Gad e riempivate una coppa a Meni Cap.65 vers.11. Gad : divinità siriaca, personificazione della Fortuna. Meni invece del destino ) laonde è certo ch'essa pullulò nella fantasia umana prima che nascesse Roma, cioè ne' tempi correnti; e siccome appunto ne' tempi correnti Palestrina dedicò a lei un Tempio, tengo per certo che questo fosse il primo atto di culto pubblico ad essa prestato alla follia de'Mortali, e questo è il vero motivo, per cui la Fortuna Prenestina fu chiamata Primigenia...[ ...] Due giorni dell'anno, cioè gli undici, e dodici Aprile, si faceva nella Città una festa solennissima ad onor della Dea, ed i Duumviri, cioè i Rappresentanti pubblici, immolavano ad essa un vitello o nell'un, o nell'altro di questi due giorni; in quello però, in cui oraclum patebat. Formola, la quale a creder mio significa o che in quel giorno aprivasi il sito, al dire di Cicerone, religiose septus, donde erano schizzati fuora i noti tasselli, o che in quel giorno era a tutti permesso di consultare l'oracolo delle sorti; giacchè nel resto dell'anno potevano soltanto, al dire parimente di Cicerone , consultarsi monitu Fortunae, cioè da quelli, a cui la Dea aveva dati preventivi segni di essere disposta a rispondere. Pass, ove poteva campeggiare a meraviglia la furberia, e l'interesse dei Ministri del Tempio; quali rano di tre specie, Auguri, Sacerdoti, e sortilegi: offici tutti considerati di tale importanza, che la scelta di alcuni di essi se la volle assumere il Senato Romano. L'estrazione poi delle sorti si faceva, dice Cicerone, per mano di un fanciullo, e le parole, che si leggevano nella sorte estratta, si consideravano come risposta al quesito; poiché è certissimo che in ogni nostro tassello, come in quella di Falera, vi era incisa, non in sigle ma per disteso una risposta compiuta: lo che ricavo da Svetonio, e Lampridio, il primo de'quali riferisce che avendo Domiziano in tutti gli anni del suo impero consultato il nostro oracolo, gli uscì sempre la stessa sorte di felice augurio , fuorichè nell'ultimo anno, in cui gliene uscì una diversa, che faceva menzione di sangue: ed il secondo narra che la sorte toccata ad Alessandro Severo, allorchè venne a consultare la Fortuna Prenestina, fu un passo dell'Eneide. Se non che da questo racconto risulta un'altra notizia, cioè che itasselli menzionati da Cicerone ne avevano aggiunti degli altri, ed era stata architettata la frode si grossolanamente, che nei nuovi si leggevano scritti i versi di un poema. Che non era nata quando morì Cicerone. Tutti però non venivano al nostro Tempio per consultare le Sorti; ma quasi tutti, o vi facevano de' sacrifici, o vi recavano voti, ed offerte...[...] " P.A. Petrini " Memorie Prenestine" 1795.

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