PREMESSA
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Mi alzai molto presto quella mattina, per andare a fare una gita nel bosco, programmata con degli amici. Meno male!! C'è bel tempo, sarà sicuramente una bellissima gita: dormire in tenda e in mezzo alla natura sarà emozionante; tra prati verdi su cui rotolarci o sdraiarsi, e un bel lago per pescare o fare un bagno.
Arianna, Maela, Immacolata, Francesca, Luca, Andrea ed io ci trovammo sul posto molto presto. Lo scenario era stupendo e sembrava un sogno!!
Cominciammo l'escursione con una passegiata tra alberi e tanti bei fiori; tuttavia notammo che c'era anche molto sporcizia che guastava il paesaggio.
Non eravamo per niente entusiasti di vedere come la natura poteva essere tanto rovinata dall'inciviltà dell'uomo.
Durante il cammino Andrea gettò per terra un fazzolettino di carta, e all'improvviso accadde una cosa sorprendente: un'albero iniziò a borbottare, dicendo che il bosco già era molto sporco e se avessimo contribuito anche noi, sarebbe diventato una vera e propria pattumiera. Il mio compagno si scusò per il suo comportamento e preso di vergogna raccolse il fazzoletto.
Da quel giorno ritornammo altre volte nel bosco e diventammo amici degli alberi, degli animali e soprattutto cercammo di ripulirlo dalla sporcizia, per restituirgli la bellezza di un tempo.
In una tiepida mattina di luglio la famiglia Naturelli decise di fare una gita nel bosco vicino a casa.
Questa famiglia era composta da Marco di sei anni, Marta di tredici ed i loro genitori.
Appena arrivati al bosco Marta e Marco si misero a correre allegramente, mentre i genitori osservavano le piante che li circondavano.
Dopo un breve tragitto si fermarono per un pic-nic.
Più tardi, quando finirono di mangiare, i bambini chiesero di andare a giocare dicendo che sarebbero tornati presto.
Marta disse:
- Vieni Marco.Andiamo a vedere se c'è qualche animale!
E Marco rispose:
- Sì andiamo! Ma non allontaniamoci troppo!
Così si incamminaro per un lungo sentiero, ma non c'era nessun animale.
Marco esclamò:
Decisero quindi di tornare indietro ma non ritrovarono più la strada.
I ragazzi scoppiarono a piangere, pensando alla preoccupazione dei loro genitori.
Provarono a prendere un sentiero e durante il percorso trovarono un cerbiatto molto piccolo, ferito ad una zampa.
Marta corse per cercare di aiutarlo, lo prese in braccio e lo mostrò al fratello.
Si accorsero che il cerbiatto aveva una spina molto profonda nella zampa.
Marco gliela tolse e il cerbiatto lo leccò in segno di affetto.
Verso sera sentirono le voci dei loro genitori che li chiamavano, ma non riuscivano a capire da dove provenissero.
Il cerbiatto allora li guidò fino ai loro genitori, ai quali Marco e Marta raccontarono la meravigliosa avventura vissuta anche con un po' di paura.
Adottarono il cerbiatto e lo curarono; poi quando diventò grande, lo lasciarono libero nel bosco accolto dal suo branco.
Solo allora Marta e Marco si resero conto che quello non era un bosco solitario, ma un bosco molto popolato.
Ero in riva al mare ( si sa come qui a Pantelleria non arrivano molte persone ) e dopo un'annoiata mezz'ora per il troppo far niente feci una passeggiata per la spiaggia.
In prossimità di un muro vidi un cartello sul quale c'era scritto "RISERVA BOSCHIVA PRIVATA-VIETATO L'ACCESSO".
Spinto dalla curiosità, lo scavalcai e davanti ai miei occhi si presentò un immenso bosco come mai né avevo visto fino ad ora; continuai la mia esplorazione e dopo che ebbi fatto cinque o sei metri mi trovai avvolto nel bosco, il quale sembrava parlarmi.
In quel momento non feci caso al fruscio che sentii sotto ai miei piedi, ma quando udii un urlo mi fermai per paura che fosse qualcuno che mi aveva scoperto.
Ma poi guardando in basso vidi una puzzola, allora per paura della sua puzza arretrai di qualche passo e lei mi disse:
-Hei tu, stai attento dove metti i piedi, hai pestato la mia coda!
In un primo momento rimasi sbigottito.
-Allora, cosa sei muto? -disse la puzzola- Vuoi chiedermi scusa o no?
Io le risposi:
-Ma tu parli! Non è possibile!
-Oh si che è possibile -mi disse-Anzi vieni con me che ti porto da un'amico.
Dopo mezz'ora di cammino tra arbusti, foglie secche e alberi mi ritrovai in una radura dove scoprii che l'amico era una quercia centenaria, con il tronco più grosso dell'abbraccio di un uomo robusto, e la chioma gli dava una maestosità, che al sol vederla saresti rimasto a bocca aperta.
La quercia mi disse:
-Bene bene, chi saresti tu?
-Io? Io mi chiamo Matteo e ho scavalcato il muro di cinta per vedere cosa c'era, ma se vi disturbo me nè vado subito.
-Hei Big, non mi presenti il tuo amico?
-Matteo ti presento Porcy-"Porcy, Matteo!"- disse la quercia
rivolgendosi ad un fungo, che si trovava lì vicino.Penso si trattasse
di un porcino, ma siccome io non me nè intendo di funghi, sono ancora
in dubbio.
A quel punto salutai tutti e chiesi dove fosse l'uscita
e se ci potevamo rivedere.
Loro mi indicarono una direzione e dissero che potevamo vederci il giorno seguente tanto loro non si potevano spostare.
Ma il giorno seguente venne giù uno di quegli acquazzoni che te li ricordi per sempre. A quel punto la noia mi assalì di nuovo e trascorsi il giorno a vedere i programmi alla TV per nulla divertenti.
Alle sette del giorno successivo la luce che penetrava dalla mia finestra mi sfiorò il viso ed io, dopo cinque minuti, mi resi conto che era domenica e, quando mi misi a sedere sul letto, mi ricordai della messa delle dieci e mezzo. Dopo colazione mi vestii alla svelta. Uscito di casa mi diressi verso il muro di cinta del bosco (tanto avevo tempo visto che erano le otto) e dopo averlo scavalcato gridai a gran voce:
-Big, Big, dove sei?
-Vieni sempre dritto-Rispose la quercia-e vedrai che mi trovi.
Io segui le sue indicazioni e ben presto lo riconobbi: lì, maestoso come la volta scorsa, ma non vidi Porcy e allora chiesi:
-Scusa, ma Porcy dov'è?
-Eh, sai, appena tu te ne sei andato via - disse l'albero-è arrivato un'uomo che, dopo essersi guardato bene intorno, forse per vedere se c'era qualcuno, ha preso Porcy e se ne andato.
E dopo che ebbe fatto una pausa riprese:
-Voi uomini siete così...così...
-Così come?- lo interrogai.
-Così! Arrivate qua e dite <<Hei Angelo, piglia la sega che dobbiamo abbattere quest'albero>> e via uno oppure <<Guarda che bel funghetto, mi sa che lo prendo>> e così via un fungo, per caso Porcy, però quell'albero potevo essere io.
-Si lo so, ma daltronde a noi servono i funghi per fare i funghi trifolati, il capriolo con i funghi oppure il risotto coi funghi e la legna ci serve per i camini.
-Però voi, certe volte-disse la quercia- usate il nostro legno per cose futili.
Io, dal mio canto, gli risposi:
-Si, si, certo, tu hai sempre ragione.
E così me ne andai. Ma quella esperienza mi ha insegnato una cosa, cioè riflettere prima di giudicare qualcuno o qualcosa.
Raccontando questa favola, spero di aiutarvi a riflettere, non solo su cosa facciamo agli alberi, ma anche sui nostri pregiudizi.
Bassetti Giorgio
In mezzo a un bosco c'era una piccola casa abitata da tre fratelli orfani. Si chiamavano uno Luigi, di 10 anni, l'altro Antonio di 8 anni e infine Roberto, il più piccolo di 6 anni. Tutti i giorni i tre fratelli facevono una passeggiata per il bosco e spesso lanciavono sassi contro gli alberi. Verso sera prima di rientrare a casa, andavano dentro una vecchia capanna, che era lì vicino alla loro abitazione, per prendere qualche cosa da mangiare. Una volta a casa, mentre mangiavono, Luigi si alzò in piedi e disse agli altri due fratelli che l'indomani mattina, sarebbe uscito per ritornare nella vecchia capanna, per la curiosità di vedere se era abitata da qualcuno. I due fratelli risposero che volevano accompagnarlo: Luigi acconsentì.
La mattina dopo quando finirono di fare colazione, si vestirono e andarono nella capanna.
Quando entrarono nella casa, videro che non c'era nessuno: allora cominciarono a curiosare, rovistando dappertutto.
Ad un certo punto sentirono dei rumori, si nascosero dietro i mobili e dal loro nascondiglio scorsero una vecchia signora.
Pensando che fosse una tranquilla signora, volevano farsi vedere per conoscerla; ma quando si accorsero che stava facendo dei riti strani, forse magici, rimasero nascosti. Mentre la donna faceva i suoi incantesimi, i ragazzi si mossero e furono scoperti. La signora, pensando che erano dei ladri, li trasformò in tre querce piantandoli fuori insieme agli altri alberi. Così Luigi, Antonio, Roberto non potendosi muovere si misero ad urlare con tutto il loro fiato ma nemmeno gli alberi a cui spesso avevono fatto del male vennero ad aiutarli, si rassegnarono e passarono il resto dei loro giorni da querce.
Veniva così punita la loro curiosità e la mancanza di rispetto verso gli altri. Da querce impararono a conoscere meglio il bosco, che diventò da quel momento la loro casa e a loro volta fecero da casa agli uccelli ed agli altri animali.
C'era una volta una principessa di nome Soraya. Anche se non le mancava niente lei era sempre triste. Un giorno seduta sul suo letto pensava sul perchè era così triste, ma non riusciva a trovare una spiegazione. Così andò da sola a fare una passeggiata nel bosco, si sedette sulla radice sporgente di un'albero e si mise a piangere. L'albero prese vita e le chiese perchè piangeva e si disperava e lei rispose che non era felice da tanto tempo, anche se non le mancava niente. Dopo un breve silenzio l'albero le disse che aveva perso la felicità, perchè le era stato negato il meraviglioso dono della libertà. Allora la ragazza chiese che cosa poteva fare per recuperarla e l'albero le rispose che doveva parlare con suo padre di questo problema. Il sole stava calando e la principessa rientrò al castello un pò più sollevata. L'indomani la fanciulla parlò al padre e dopo una lunga discussione, il padre stabilì che sua figlia poteva essere più libera e poteva fare ciò che prima le era proibito o negato. La ragazza allora tornò all'albero e lo ringraziò moltissimo per il consiglio che le aveva dato.
In un bosco c'era un grosso abete secolare, rigoglioso, verde, con ancora molta voglia di vivere. Era circondato da una quantità inimmagginabile di altri vegetali, funghi, e animali di ogni genere. In alcune delle sue grandi cavità alloggiavano scoiattoli e uccelli ed il nostro amico era ben contento di ospitarli. Essi, infatti, gli tenevano compagnia e lo soccorrevano nei momenti difficili come quando un fulmine lo colpiva...oppure quando gli uomini lo minacciavano.
Era un tranquillo giorno di primavera, caldo, ma non afoso; il sole splendeva alto nel cielo irradiando l'abete che, beato, insieme ai suoi amici scoiattoli, si godeva la splendida giornata.
Non sapeva però che a poche decine di chilometri di distanza, in un moderno grattacielo, la società SPELKAR & CO.progettava di costruire proprio in quella zona una fabbrica di immense dimensioni. Doveva essere un cantiere all'avanguardia, il più moderno mai concepito.
Nel frattempo i responsabili del cantiere dialogavano fra di loro:
"Dobbiamo cominciare a tagliare qui - diceva uno, e l'altro rispondeva - No, qui passeranno le ruspe a fare il loro lavoro, cominciamo più avanti".
Queste parole scombussolarono l'animo del nostro amico. I boscaioli cominciarono a tagliare, proprio dietro di lui la sua amica quercia, l'albero più imponente del bosco; sradicavano piccoli arbusti, ma per fortuna non toccarono il grosso abete, che tirò un sospiro di sollievo.
Per tutta la notte non fece altro che pensare, pensare alla sua amica quercia, pensare alla sua sorte.
Ormai anche gli uccellini lo avevano lasciato solo, prevedendo l'imminente pericolo e probabilmente avrebbe perso completamente le speranze se non fosse sopraggiunto uno scoiattolino rosso, da lui battezzato Tracy, a rincuorarlo.
La pioggia del giorno seguente bagnava le fronde del nostro amico e le erbe secche, le uniche rimaste intorno a lui.
"Venti ettari da disboscare entro sera" diceva la lettera
spedita dalla SPELKAR & CO.; gli operai, tra borbottii, rumori di seghe
elettriche e di motori di ruspe, si misero al lavoro.
Il frastuono giunse fino all'abete, che si allarmò
talmente da ondeggiare per i fremiti di paura. Tracy lo rassicurava confermandogli
che proveniva dall'interno del bosco e che i boscaioli non sarebbero arrivati
fino a quel punto; purtroppo si sbagliava.
"Da qui a poco-pensava l'abete- il mio posto sarà occupato da un grosso pilastro di cemento e da una infinità di mattoni."
Dopo un'ora anche Tracy scappò prevedendo ormai l'imminente pericolo.
L'abete era solo, ressegnato al suo amaro destino.
Casartelli Stefano
Un giorno d'estate io e la mia famiglia siamo andati a fare un pic-nic in un vasto prato.
Dopo mangiato, io e mia sorella siamo andati a "visitare" il prato. Qualche minuto più tardi abbiamo visto nelle vicinanze del prato un bosco rigoglioso.
Incuriosito ho deciso di visitarlo. Prima d'entrare c'è stata una piccola discussione con mia sorella, perchè non voleva entrare. Alla fine l'ho convinta.
Cinque o sei passi dopo ho sentito una voce, ma guardandomi intorno non vedevo nulla di strano. Subito dopo, però, sono stato attirato dal movimento di una foglia che si agitava nonostante la mancanza del vento. Dopo qualche secondo che la guardavo, sento la foglia che dice:
-Cosa fate qui stranieri?
-C...C...Chi s...s...sei?
La foglia senza dire il suo nome ribatte:
-Tu piuttosto chi sei?
Io, ormai tranquillo, le rispondo:
-Mi chiamo Stefano e lei è mia sorella Moira. Siamo qui con la nostra famiglia per fare un pic-nic nel prato accanto.
La foglia mi risponde:
-Oh! Meno male che siete solo dei ragazzi, perchè vi credevo dei taglialegna venuti qui per abbattere il mio albero e quello dei miei amici.
A quel punto chiedo alla foglia, che è ormai più serena, come si chiama. La foglia mi dice:
-Mi chiamo Verdebella e il pioppo è la mia casa.
A quel punto Verdebella mi presenta le sue amiche foglie e il loro albero.
Due ore dopo arrivano due taglialegna che vogliono tagliare il legno del pioppo.
Tutte le foglie si allarmano e chiedono il mio aiuto.
In quel momento non sò cosa fare, perchè sono indeciso se aiutarle oppure no. Due secondi più tardi mi scervello sul modo di soccorrerle. Alla fine mi viene una grande idea, quella di travestirmi da guardiboschi.
Corro via per travestirmi. Una volta pronto torno dalle mie amiche prima che sia troppo tardi.
Se il piano deve funzionare, sono costretto a "sbucare" vicino ai taglialegna.
I taglialegna appena mi vedono si spaventano a morte perchè non sanno chi sono e perchè urlo tanto, gridando loro di andare via: si domandano fra di loro da quanto tempo quella era diventata zona protetta.
Dopo quel trambusto discutiamo e esaurita la mia spiegazione i taglialegna ormai tranquillizzati dalle mie parole (la rabbia intanto era sbollita) se ne vanno scusandosi.
Così le piante sono sane e salve.
Ciao amico come ti passa la giornata?
Bene. Ci conosciamo da poco perchè è solo da due giorni che siamo vicini di casa; a proposito a te come và?
Sai non troppo bene, perchè malgrado siamo protetti, pochi giorni fa ne hanno eliminati una decina; infatti tu hai rimpiazzato il mio ex vicino di casa.
"tanto siamo protetti,-diceva- non ci possono eliminare"; ed invece è successo che lo hanno sradicato, anche se i nostri protettori si sono opposti fino all'ultimo.
Però secondo me non è giusto che ci sterminono a questa maniera, non lo sanno che senza di noi morirebbero, perchè siamo essenziali nel loro ciclo di vita? Quell'albero era un mio amico ed era anche un compagno per tutti, perchè era il più vecchio di tutto il nostro gruppo, conosceva tutto ciò di cui noi non eravamo coscienti quindi era per noi un grande papà che ci insegnava ogni cosa. Un giorno ci raccontò un fatto che gli era accaduto quando aveva soltanto tredici anni.
Una mattina per caso lui ed il suo amico del cuore discutevano (anche loro come noi) del fatto che non era giusto che gli alberi venissero sterminati.
Durante quella mattina erano arrivati i loro protettori, poichè quella era una riserva di recente costruzione.
Durante la loro visita arrivarono anche gli sterminatori che volevano subito eliminarli, ma per fortuna i protettori erano più potenti ed evitarono lo sterminio. Passando gli anni,loro crescevano in buona salute, perchè non avevano avuto attacchi da parte degli sterminatori; tuttavia una volta morto il capo dei protettori (stavano per entrare nell'ultima età), gli sterminatori presero in mano il loro territorio, decisi ad eliminare una parte di quegli alberi per procurarsi il legno per la loro industria di mobili.
Ne avevano già eliminato una cinquantina, quando arrivarono i protettori che erano stati avvisati dell'accaduto e l'albero riuscì a salvarsi solo per un pelo.
Invece la mia, disse l'altro albero, non è una storia tanto lunga perchè sono nato quì e hanno sterminato poco tempo fa la mia famiglia come ti ho raccontato all'inizio e questo è tutto.
Ma che cosa ne pensi del nostro sterminio, ti sembra giusto?
Dopo aver sentito la storia del tuo amico ed analizzato la mia penso che sia una cosa disumana e bisognerebbe subito abolirla.
Successivamente gli sterminatori tagliarono anche i due alberi amici e questa che ho raccontato è la loro storia.
Quando penso alla loro fine, mi domando che cosa accadrebbe a noi uomini, se ci sterminassero tutti!
Questa favola racconta la leggenda di colei che decise di proteggere gli uccelli.
Una volta una giovane ragazza disperata perchè era rimasta sola (dopo la morte del padre) aveva espresso il desiderio di diventare una bella e signorile quercia,poichè per lei rimanere immersa nel bosco,sarebbe stato meraviglioso.
Lei il bosco lo adorava; lo credeva un posto dove si poteva stare in completa solitudine:lei era sicura che solo gli animali sarebbero stati lì a farle compagnia.
La ragazza ogni giorno andava nel bosco e senza saperlo era diventata amica di un piccolo uccellino dai "poteri magici" .
All'uccellino confidava tutti i suoi segreti, ma ignorava che l'uccellino era in grado di parlare.
Un giorno gli confidò il suo desiderio di voler diventare un albero.Poco dopo la fanciulla si addormentò e al suo risveglio si accorse che il suo desiderio si era avverato. Spaventata incominciò a piangere, ma a consolarla arrivò il suo amico uccellino.
Vedendola in quello stato le parlò tanto che per lo stupore credette che tutto quello era un sogno.
Quando si rese conto di quanto le accadeva, l'uccellino le raccontò la storia di quel bosco, e le spiegò che era un bosco magico, infatti a mezzanotte si trasformava in un lago incantato, dove gli alberi riuscivano a muoversi, e tutti insieme ballavano sul lago ghiacciato. Dopo qualche tempo la ragazza si stancò di essere un albero e pregò l'uccellino di farla ritornare come era prima, ma questi le rispose che in cambio di questo favore, voleva due cose: la sua amicizia e la sua protezione. La ragazza acconsentì promettendo che avrebbe anche curato non solo lui ma tutta la sua famiglia, e inoltre avrebbe vissuto sempre in quel bosco. Così avvenne la magia: la ragazza tornò com'era e da quel momento visse nel bosco prendendosi cura degli uccelli di ogni tipo e razza.
Elena era una ragazzina timida non parlava con nessuno ed i suoi amici erano soltanto gli alberi e gli animali del bosco, dove trascorreva la maggior parte del suo tempo. Faceva lunghe chiacchierate con la quercia più anziana e con qualche larice e spesso si incantava ad ascoltare il melodioso cinquettio degli uccelli.
Un giorno si addentrò nel bosco ed a sera non riuscì a ritrovare la strada di casa. La paura la sopraffece e cominciò a piangere disperata. Quegli alberi tanto amati, alla luce della luna le apparivano come mostri terribili ed ogni piccolo rumore la faceva sobbalzare di paura. Corse alla cieca in ogni direzione, ma non fu capace di trovare il sentiero di casa. Ormai stanca e senza più lacrime si appoggiò al tronco nodoso di una quercia. L'albero ebbe pietà della sua disperazione, l'abbràcciò con le sue fronde accoglienti per farle capire che l'avrebbe protetta da qualsiasi pericolo. Elena rincuorata si addormentò. Il giorno dopo ogni cosa le sembrò diversa e meno spaventosa. Raccolse delle fragole e mangiò con appetito; pensava però ai suoi genitori e alla loro preoccupazione per non averla vista ritornare a casa. Mentre stava seduta ai piedi della quercia, le si avvicinò un'aquila dalle grandi ali maestose. Li per lì si spaventò. Ammirava quell'uccello, quando lo vedeva volteggiare con eleganza nel cielo ma non immaginava che poteva essere tanto possente. L'aquila a sua volta guardava incuriosita e un pò sbalordita l'atteggiamento intimorito di Elena.Non aveva infatti alcuna intenzione di nuocerle; raccolse allora un piccolo fiore e lo adagiò sul grembo della piccola, ritenendo in questo modo di poterla tranquillizzare.
Il gesto acquietò le ansie di Elena che, mentre
carezzava le enormi ali, raccontò la sua avventura convinta com'era
che l'animale avrebbe compreso la sua difficoltà e avrebbe potuto
anche aiutarla.Aveva imparato durante i suoi giochi e le sue conversazioni
nel bosco che la natura sa ascoltare gli uomini buoni e sa comprendere
i loro bisogni, quando sono veri; disprezza invece coloro che hanno cattive
intenzioni. L'aquila infatti capì le parole di Elena e la invitò
a salire sul dorso.
La fanciulla sulle prime si sentì a disagio, poi
prese coraggio. Fu un volo stupendo: il bosco da quell'altezza sembrava
un mare di smeraldo. Dalla sua postazione riuscì finalmente a vedere
la sua casa e l'aquila la condusse fin lì abbastanza rapidamete,
atterrandola poco lontano. Ringraziato l'animale, Elena si diresse verso
casa. Prima di entrare volse lo sguardo al cielo per salutare ancora una
volta la sua provvidenziale amica. La fanciulla non rivelò mai la
sua fantastica avventura e continuò ad andare nel bosco, che riteneva
ora più che mai suo amico fidato e sincero.
In un peasino molto caotico del Brasile sorgeva una bellissima villetta che si affacciava sull'Oceano. In questa abitazione viveva una famiglia di origine Europea, composta da sei persone: il padre Lorenzo, la madre Alice e i quattro figli Tommaso di sedici anni, Riccardo di tredici anni, Speranza di otto anni e Yessica di sette anni.
Questa famiglia era soprannominata "Verde" perchè ciascun componente amava molto la natura: quando vedevano qualcuno che buttava sigarette accese, cartacce ed altri rifiuti per terra o ancora più gravemente su un prato o nel bosco, l'intera famiglia non attendeva neanche un secondo: raccoglieva subito tutto ciò che era stato gettato per terra.
Era anche famosa perchè, se vedevano qualcuno buttare rifiuti per terra, dicevano insieme una frase "Antirifiuti" e aggiungevano- se tutti rispettassero il bosco e la natura, noi non ci chiameremmo la famiglia "Verde"!!
L'abitudine di ogni componente era quella di alzarsi al mattino pronunciando proprio la frase convenuta "Antirifiuti" e subito dopo di recarsi nel boschetto vicino all'Oceano.
Un mattino Riccardo, Tommaso, Speranza e Yessica si recarono come al solito nel bosco e notarono una grotta che non avevano mai visto prima. Subito Riccardo disse:
- Perchè non entriamo a dare un'occhiata?
Tutti risposero che erano daccordo; così, raggiunta la grotta, entrarono e con sorpresa notarono un enorme specchio. Dopo una manciata di secondi Speranza si accorse che stavano passando alcuni ragazzi e avvertì gli altri.
Tutti uscirono dalla grotta e si nascosero dietro il salice piangente e spiarono il gruppo di ragazzi.
Videro che diversi stavano fumando e che gettavano mozziconi di sigarette per terra.
Poco dopo se ne andarono, ma lasciarono tutti i loro rifiuti sul terreno senza curarsi di raccoglier-
li. Tommaso raccolse i rifiuti e corse a buttarli in un cestino lì vicino, poi tornò dietro il salice con gli altri.
Insieme ritornarono nella grotta e pronunziarono la frase "Antirifiuti" e con stupore notarono che nello specchio era incisa una scritta intitolata il "Bosco". Si videro successivamente immagini molto belle riguardanti il bosco.
Yessica esclamò:
- Che bello, altro che il bosco dei rifiuti!
Con loro stupore automaticamente sullo specchio si incise la scritta: "Il bosco dei rifiuti" e subito dopo videro immagini del bosco di rifiuti.
Speranza pronuciò di nuovo la frase "Antirifiuti" e il bosco tornò ad essere bello. Riccardo inavvertitamente si appoggiò allo specchio e si ritrovò nel bosco "bello", così fece Tommaso e infine le due sorelle. Tutti e quattro camminarono per due ore in mezzo al bosco e poi tornarono attraverso lo specchio nella grotta e su una pietra incisero la frase "Antirifiuti". Così assistettero ad un fatto soprannaturale: lo specchio si ruppe e si creò il bosco bellissimo dove non c'era bisogno di uno specchio per giungervi.
Questo bosco fu chiamato il "bosco dei quattro verdi".
Ciao bosco come stai? domanda Marco un ragazzino di otto anni.
<<Purtroppo non sto molto bene>>, risponde un'enorme quercia.
-Gli uomini hanno una brutta abitudine perchè buttano rifiuti dappertutto come bottiglie di plastica, lattine, fazzoletti di carta, sacchetti e altro.
Ma ti spiegerà meglio il mio piccolo amico fungo che essendo ai piedi delle nostre radici riesce sempre a notare qualcosa di più.
Il piccolo fungo lamentandosi cominciò a parlare:
-Vedi, spessissimo vengo ricoperto di rifiuti e così mi ammalo.
In oltre anche l'aria che respiriamo è inquinata e addirittura ci sono le piogge acide!
Marco sbalordito chiede spiegazione al fungo poichè non sapeva cosa fossero quelle piogge. Il fungo inizia il suo discorso spiegando che molte industrie producono sostanze chimiche che vagano per l'atmosfera, logicamente sotto forma di vapore; queste, mentre piove, discendono insieme ad essa e gli alberi incominciano a stare male sino a morire.
Addirittura, se non erro, in Canada si stanno distruggendo per questo motivo delle rigogliose foreste.
Subito Marco interviene:
-<<allora ancora una volta è l'uomo che causa tutto qusto?>>.
Il fungo tristemente annuisce,aggiungendo che tutto sommato molti non si rendono conto di ciò che fanno; poi, se ci pensiamo bene, anche le fabbriche producono sempre qualcosa che serve alle persone. "Sappi Marco -diceva- io non do la colpa a nessuno ma se vieni con me ti faccio vedere un'altra cosa!
Così il piccolo fungo e Marco si incamminano fino alla fine del bosco dove scorreva un torrente.
Marco però nota che non è un torrente pulito, ma un torrente di acqua sporca, dove galleggiano chiazze di schiuma.Allora a Marco viene una idea brillante: per mesi e mesi cerca di ripulire un pò l'acqua e mette anche dei cartelli del tipo"Guai a chi sporca l'acqua" o con altre scritte per poter fermare coloro che non si curano del paesaggio, che sporcano acqua e terra.
Anzi si fa aiutare in modo che dei piccoli rigagnoli di acqua fresca e pulita arrivino fino ai piedi delle piante, che ora felici guardano con simpatia il sole convinti che sia anch'esso più pulito.