PASTEUR

              


Produzione: Film Fernand Rivers. Productions Maurice Lehmann. - Distribuzione: Les Distributeurs Français S.A.
Sceneggiatura originale e dialoghi: Sacha Guitry, adattamento della commedia Pasteur.
Regia: Sacha Guitry.
Collaborazione alla regia: Fernand Rivers.
Capo operatore: Jean Bachelet.
Scenografie: Joseph de Bretagne.
Musiche: Louis Beydts.

Interpreti:
Sacha Guitry, Jean Perier, José Squinquel, François Rodon, Maurice Schutz, Louis Gauthier, André Marnay, Louis Maurel, Bonvallet, Gaston Dubosc, Lurville.
Durata: 75 mn. Uscita: il 20 settembre 1935 al cinema Colisée - Parigi.

La storia:
Pasteur ha una sola passione: la ricerca scientifica. Rispetto al suo tempo, va contro corrente, le sue idee sull'esistenza di un infinitamente piccolo contro il quale si può lottare mediante l'asepsi si scontrano col conformismo ed i pregiudizi. La solitudine è la sua vita quotidiana. Ma la sua fede nella scienza lo spinge verso una lotta senza tregua.



Qualche riflessione dell'autore:
(...)
Sono andato da solo a casa sua (di Lucien Guitry, n.d.r.) il giorno dopo. (...)
Mi aspettava, visibilmente commosso. Mi è venuto incontro. Siamo rimasti a lungo l'uno nelle braccia dell'altro, alla fine mi ha detto:
- Ieri sera, mentre recitavi, sai come ti vedevo?... A cinque anni, in Russia, tra le mie braccia.
Quando ci siamo alzati da tavola, mi ha trascinato in un angolo e mi ha detto: «Fammi presto una commedia!»
Gli ho risposto che era già iniziata, cosa che era quasi vera.
L'idea di mettere Pasteur in scena mi assillava da un paio d'anni, ma la difficoltà di scegliere un interprete per incarnare un tale uomo mi aveva bloccato. Da venti quattr'ore la cosa non mi sembrava più impossibile. (...)
Sacha Guitry, Lucien Guitry (1860 - 1925)

Sto scrivendo una sceneggiatura sulla vita di Pasteur, ispirandomi alla commedia che ho scritto tempo fa. (...) Ho saputo che negli Stati Uniti si voleva fare un film su questo grande scienziato francese. Questa notizia mi ha deciso. La distribuzione comprenderà solo uomini. Interpreterò allo schermo la parte creata in teatro da mio padre. Sarà il mio debutto cinematografico (al cinematografo sonoro, almeno, poiché anni fa, ai tempi del muto, ho già girato un film).(...)
A Jacqueline Toal, Cinémonde, n. 307

Estratti dai dialoghi del film.



Critiche di ieri e di oggi:
Cosciente delle differenze che sussistono tra cinema e teatro, vuole prendere le distanze dal luogo comprimario della commedia... Si presenta in qualità di narratore. Apre la storia di Pasteur con l'immagine di Sacha Guitry, seduto alla sua scrivania. Scrive e ci dice ad alta voce le parole che traccia e che introducono il racconto. Dispositivo che ritroveremo in diversi altri suoi film. Non è mai il cauzionamento d'una parola, ma l'affermazione d'un metodo per dire e mostrare. Senza essere veramente un prologo, questa sequenza iniziale di Pasteur prepara lo spettatore ad una deformazione del vero (discorso ufficiale), per delimitare meglio il reale (quello che oltrepassa l'aneddoto, e gli aneddoti, pur esibendoli come rivelatori del soggetto). Per questo, trasforma la panoplia comoda in segni necessari e documentari. Mentre ci afferma il suo rispetto per lo scienziato, ci mostra dei film e delle foto. Chiarisce la sua passione. Sin dall'inizio s'impone come un giocoliere preoccupato di rendere ai Francesi il loro patrimonio attraverso altre strade diverse da quelle imboccate dagli storici e dagli insegnanti. Applica i concetti che ha già espresso sulla trasmissione del sapere. Desidera comunicare al prossimo la sua passione ed il suo rispetto. Poiché il film è adattato da un'opera teatrale, ne conserva la struttura (seguito di frammenti di vita) e se ne serve per imporre il suo discorso, nella speranza che la nuova forma che ha applicato non perderà nulla in preziosità. Da cui quel senso dell'ellisse e la sua diffidenza verso gli inserti che altri utilizzano pigramente per dare aria alle scene. Sin da Pasteur, fa quello che gli riusciva già lavorando i testi delle commedie: pensa le immagini oltre le disgressioni temporali e prolisse. Inconsciamente forse, costruisce con questo film la piattaforma d'un cinema che tenterà di reinventare continuamente nel corso della sua carriera. Per quanto riguarda il soggetto primario, è lo stesso del 1918. Mostrare un uomo che non smette di lavorare rifiutando le regole inutili che altri hanno stabilito per prudenza e corporativismo. Provare che si può trovare, proprio dove nessuno vuole cercare. Per farla breve, racconta Sacha Guitry tale quale vorrebbe che fosse incarnando un Pasteur tale quale fu. D'altra parte, in occasione d'una presentazione del film di fronte agli allievi delle scuole di Vincennes, concluderà il suo discorso con questa professione di fede: "Non sono vecchio e vi dò la mia parola d'onore che la sola cosa che possa, infallibilmente, darvi della felicità, è il lavoro".
Esiste un altro angolo da cui guardare questo film: quello dove si profila Lucien Guitry. Poiché Sacha recita anche il ruolo di suo padre nella parte dello scienziato. Si reincarna nell'immagine di Lucien. E' una possessione lucida. Non ha preso l'aspetto di Pasteur, ma quello di suo padre truccato da Pasteur. Riflesso logico. Dichiara di filmare le sue commedie per far durare eternamente la recitazione degli attori. E' il suo valore-rifugio, ambiguo all'eccesso poiché i suoi film non rifletteranno nessun altro che lui e la sua troupe. Facendo Pasteur, si nomina apprendista stregone. Fissa sulla pellicola la recitazione di suo padre che imita a perfezione. In questa maniera rispetta il modello iniziale dell'avanspettacolo (Pasteur) e quello della post-creazione (Lucien). Il film è ben un documentario su l'uno e l'altro. E consente d'altra parte al fantasista Sacha di imporsi come attore drammatico. Ciò nonostante, il fantasma di Lucien sullo schermo lo perseguiterà numerose altre volte.
Noël Simsolo, Cahiers du Cinéma, 1988.


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