Come nasce l'idea di "Un viaggio"
Cose divertenti... e un po' meno
Come nasce l'idea di
"Un viaggio"
Avevo in mente questo progetto da qualche anno. Lo spunto mi
è venuto da un brano musicale. Aveva molto successo all'epoca,
era molto ballato in discoteca ed era persino diventato un inno
cantato allo stadio dai tifosi. Si chiamava "Gam Gam".
La prima volta che l'ho sentito, non ho potuto fare a meno di
rabbrividire: per me quel canto era legato a qualcosa di molto
doloroso nella storia e ad un bellissimo film di Roberto Faenza, Jona
nella balena. Quello che mi faceva rabbrividire era la
sensazione che tutti cantassero senza ricordare, senza sapere,
senza rendersi conto del significato.
Dopo questa prima impressione, è rimasta in me questa idea di
incoscienza, di come si vive a volte nel mondo come in un posto
sconosciuto senza rendersene conto. Il progetto è cambiato, è
cambiata la canzone, ma l'idea di fondo è sempre la stessa. Non
volevo fare un film contro le discoteche, né sulle stragi del
sabato sera. Non so se la colpa è della discoteca, della crisi
dei valori, della velocità delle auto che provoca incidenti, ma
quello che mi premeva dire con questo film è che rischiamo di
perderci, come i protagonisti, in una desolata campagna, e di
scoprire troppo tardi di non essere più capaci di esprimere
desideri.
Come ho incontrato gli
attori
La prima persona che ho coinvolto nell'idea è stata
Alessandra Mandese, attrice già da molti anni, ma solo in
teatro: questa è stata la sua prima esperienza cinematografica.
Fabian Ribezzo è stato uno dei primi attori a cui ho pensato una
volta partito il progetto. L'avevo conosciuto qualche mese prima
perché stava facendo il doppiaggio di un film di un suo amico.
Lo avevo quindi visto recitare in alcune scene, preparare e
dirigere gli attori per le voci, interpretare lui stesso qualcuna
delle parti. Anche se non ci fosse stato Paco tra i personaggi,
avrei comunque voluto lui nel mio film. Il ruolo che gli ho
affidato tuttavia gli sta a pennello.
Alessandra mi ha fatto conoscere Ilaria Ronga, una delle allieve
di un suo corso di teatro: una ragazza molto in gamba e con una
grande voglia di recitare. Per l'attore principale ho chiesto
sempre a lei di pensare ad uno dei suoi colleghi, ed ecco come
Paolo Panaro è entrato a far parte del cast. A questo punto
mancava l'interprete di quello che originariamente era un
personaggio marginale: il ragazzo alla guida della Golf.
Qualche anno fa stavo lavorando ad un progetto che poi si arenò
(una officina cinematografica finanziata da un Comune, che doveva
produrre una serie di cortometraggi in pellicola sul tema del
randagismo), e in quell'occasione avevo fatto dei provini per
selezionare attori. Paolo Cipriani era venuto lì per caso:
un'amica che aveva trovato l'annuncio lo aveva trascinato lì per
non affrontare la cosa da sola. Io avevo girato qualche
videocassetta che poi avevo sepolto tra cumuli di polvere.
Mancando uno degli attori (e ormai ero agli sgoccioli, tra poco
si girava) mi sono detta: mah, riguardiamo quelle cassette. I
volti mi scorrevano davanti, risvegliando i miei ricordi. A un
tratto, ecco il provino di Paolo. Tra tanti mi è sembrato
l'interprete giusto. L'ho chiamato senza sperarci troppo: magari
era pieno di impegni. E invece mi ha detto subito di si!
Fantastico. Lui, con la sua professionalità, con la sua
passionalità anche, ha trasformato un ruolo marginale in un
personaggio importantissimo per l'atmosfera del film.
Cose divertenti... e un
po' meno
Quando abbiamo finito di girare, una delle attrici è venuta
a trovarmi e mi ha detto: "Però... il cinema è faticoso!".
Si, è vero. Soprattutto quando si gira con i soldi e quindi i
minuti contati, e bisogna sempre andare avanti senza quasi
riuscire a tirare il fiato (ma è mai diverso nel cinema?).
L'episodio più buffo è stato quello della scelta dei costumi.
In effetti avevamo bisogno di qualcosa un po' particolare, un
abbigliamento adatto a due ragazze a cui piace farsi notare in
discoteca. Avevo trent'anni ma in qualche momento mi sentivo una
tardona: ogni tanto mi sorprendevo a pensare qualcosa come
"eh, ai miei tempi..."!
Anche durante le riprese ci siamo divertiti. La prima sera
abbiamo fatto un grande falò e cenato davanti al fuoco, in mezzo
alla campagna desolata, con uno sciame di zanzare che ci
minacciava dall'alto. Un altro momento elettrizzante è stato
quello della scena dei morti. Era luglio ma faceva caldo da
morire, e forse in aperta campagna il caldo si sente di più. Gli
attori avevano un trucco pesantissimo, che ha richiesto qualche
ora di preparazione; ma il caldo era tanto che si asciugava e
bisognava ritoccarlo continuamente... la cosa magica è stata che
quel sangue sui loro volti era così vivo, che gli attori ci
sembravano davvero morti, e persino ad uno dei vigili (che ci
hanno aiutato interpretando se stessi sul luogo dell'incidente)
batteva forte il cuore!
Poi invece ci sono stati altri momenti un po' difficili, un po'
tristi. Sicuramente il periodo della produzione, quando i costi
continuavano a salire e incontravamo sempre più difficoltà
nell'organizzare tutto. Tante volte ho temuto che alla fine
questo corto non si girasse più. Per fortuna abbiamo incastrato
tutto e ce l'abbiamo fatta. Ma non era ancora finita; c'era
ancora il montaggio, poi le voci fuori campo... Portare la cosa a
termine è stata un'impresa.
Conclusioni
Questo è il mio secondo cortometraggio. E' stato un po' come
una sfida: con pochissima esperienza alle spalle, ho voluto
affrontare un progetto ambizioso. Il mio primo corto durava solo
otto minuti, era girato in interni, quindi avevo più controllo
su tutti gli elementi in gioco, e poi non c'era una forte
presenza dell'attore; era quasi tutto raccontato da una steadicam
e quindi non ho fatto un grosso lavoro di montaggio.
Questo film invece è girato tutto in esterni, in un luogo
abbastanza isolato, avevo cinque attori da dirigere, poi ho
voluto mettere su la produzione tutta da sola
insomma è
stata dura. Ma non credo di dire qualcosa di nuovo rispetto alle
centinaia di ragazzi che producono i propri corti. Quello che
però è stato davvero importante per me è stato il lavoro di
montaggio. E' una palestra faticosa ma efficace, e indispensabile
per chi come me non ha molta esperienza sul set. Per questo
vorrei dire a tutti quelli che iniziano, come me: affrontate il
montaggio da soli, è una buona scuola. Al di là dei
risultati