Poesie di Trilussa
Un lupo che beveva in un ruscello
vidde, dall' antra parte de la riva,
l' immancabbile Agnello.
-Perché nun venghi qui? - je chiese er Lupo -
L' acqua , in quer punto, é torbida e cattiva
e un porco ce fa spesso er semicupo.
Da me, che nun ce bazzica er bestiame,
er ruscelletto é limpido e pulito... -
L' Agnello disse: - Accetterò l' invito
quanno avrò sete e tu nun avrai fame.
Un giorno una Signora forastiera,
passanno còr marito
sotto l' arco de Tito,
vidde una Gatta nera
spaparacchiata fra l' antichità.
-Micia che fai?- je chiese: e je buttò;
un pezzettino de biscotto ingrese;
ma la Gatta, scocciata, nu' lo prese:
e manco l' odorò.
Anzi la guardò male
e disse con un' aria strafottente:
Grazzie, madama, nun me serve gnente:
io nun magno che trippa nazzionale!
-Che cane buffo! E dove l' hai trovato? -
Er vecchio me rispose: -é brutto assai,
ma nun me lascia mai: s' é affezzionato.
L' unica compagnia che m' é rimasta,
fra tanti amichi, é ' sto lupetto nero:
nun é de razza, é vero,
ma m' é fedele e basta.
Io nun faccio questioni de colore:
l' azzioni bone e belle
vengheno su dar core
sotto qualunque pelle.
L' Omo disse a la Scimmia:
-Sei brutta , dispettosa:
ma come sei ridicola!
ma quanto sei curiosa!
Quann' io te vedo, rido:
rido nun se sa quanto!...
La Scimmia disse : - Sfido!
T' arissomijo tanto!
Ner deserto dell' Africa, un Leone
che j' era entrato un ago drento ar piede,
chiamò un Tenente pe' l' operazzione.
- Bravo! - je disse doppo - lo t' aringrazzio:
vedrai che sarò riconoscente
d' avemme libberato da ' sto strazio;
qual' é er pensiere tuo? d' esse promosso?
Embè, s' io posso te darò ' na mano... -
E in quella notte istessa
mantenne la promessa
più mejo d' un cristiano;
ritornò dar Tenente e disse: - Amico,
la promozzione é certa, e te lo dico
perché me so' magnato er Capitano.
-- Per fare le carte quanto chiedi?
-- Cinque lire. -- Ecco qui; bada però
che mi devi dire la pura verità...
-- Non dubitate, ve la dirò.
Voi avete un amico che vi vuole
imbrogliare negli affari. -- È impossibile
perché affari adesso non ne faccio.
-- Vostra moglie vi inganna. -- Ma va' là!
Sono vedovo da tempo immemorabile!
-- Vi riammogliate. -- E togliti di qui!
Ci son cascato e non ci casco più!
Vedo sul fante un certo non so che...
Vi sono state rubate... -- Oh questo sì:
la cinque lire che ho dato a te.
Su, mi faccia stirare la biancheria,
dia confidenza a chi le pare e piace:
non mi faccia adirare, mi lasci in pace:
la finisca, signorino, vada via...
Che gran birbante, mamma mia.
No, tolga quella mano, mi dispiace,
altrimenti la brucio, badi che ne sono capace...
Dio, che forza ha! Gesù e Maria!
Un bacio?.. È matto! No, o chiamo gente:
me lo vuole dare per amore o per forza!
Eh! Ce l'ha fatta! Quanto è prepotente!
Però... Te n'è costata di fatica!
Dimmi la verità, con le signore
Questa resistenza non la incontri mica!
"parla il cameriere"
Quando tiene i discorsi, è vero,
è rivoluzionario, lo ammetto:
ma quando non parla cambia aspetto,
diventa di tutt'altro umore.
È a casa che avviene il cambiamento:
povero me, se manco di rispetto!
o se nel dargli un foglio non lo metto
come vuole lui, nel vassoio d'argento!
Ti basti questo: quando va in campagna
a tenere le conferenze nei comizi
sua moglie la chiama: la compagna.
La compagna? Benissimo: ma allora
perché con le persone di servizio
continua a chiamarla: la mia signora?
È stato al fronte, sì, ma col pensiero,
però ti dà le spiegazioni esatte
delle battaglie che non ha mai fatte,
come vi fosse stato per davvero.
Dovresti vedere come combatte
nelle trincee d'Aragno ! Che guerriero!
Tre sere fa , per prendere il Montenero,
ha rovesciato il bricco del latte!
Col suo sistema di combattimento
trova ch'è tutto facile: va a Pola,
entra a Trieste e ti bombarda Trento.
Spiana i monti, sfonda, spara, ammazza...
-- Per me -- borbotta -- c'è una strada sola...
E intinge i biscotti nella tazza.
Una volta un vecchio cavallo
che ogni tanto cadeva per strada
scioperò per costringere il Padrone
a concedergli più fieno e più biada:
ma il Padrone s'accorse del tiro
e pensò di prendersi un crumiro.
Chiamò il Mulo, ma il Mulo rispose:
-- Mi dispiace, ma proprio non posso:
se faccio queste cose, Dio ci scampi,
i cavalli mi saltano addosso...--
Il Padrone, per metter riparo,
fu costretto a ricorrere al Somaro.
-- È impossibile che tradisca un compagno:--
disse l'Asino -- sono amico del Mulo,
e anch'io, come lui, se non mangio
tiro calci, m'impunto e rinculo...
Come vuoi che non sia solidale
Se abbiamo lo stesso ideale?
Chiama l'Uomo, certo che quello
fa il crumiro con vera passione:
per un soldo si vende il fratello,
per due soldi va dietro al padrone,
finché un giorno tradisce e rinnega
il fratello, il padrone e la Lega.
Mentre mangiavo un pollo, il Cane e il Gatto
sembrava che aspettassero il movimento
delle ossa che cadevano nel piatto.
E io, da buon padrone,
facevo la porzione,
a ognuno la metà:
un po' per uno, senza
parzialità.
Appena il mio piatto retò pulito,
il gatto si defilò. Dico: -- E cosa fai? --
-- Eh, -- dice -- me ne vado, capirai,
ho visto che hai finito... --
Il Cane invece mi saltava al collo
riconoscente come gli uomini
e mi leccava come un francobollo.
-- Oh! Bene! -- dissi -- Almeno tu rimani! --
Lui mi rispose: -- Si, perché domani
mangerai certamente un altro pollo!
Un Albero di un bosco
chiamò gli uccelli e fece testamento:
-- Lascio i fiori al mare,
lascio le foglie al vento,
i frutti al sole e poi
tutti i semi a voi.
A voi, poveri uccelli,
perché mi cantavate le canzoni
nella bella stagione.
E voglio che gli sterpi,
quando saranno secchi,
facciano il fuoco per i poverelli.
Però vi avviso che sul mio tronco
c'è un ramo che dev'essere ricordato
alla bontà degli uomini e di Dio.
Perché quel ramo, semplice e modesto,
fu forte e generoso: e lo provò
il giorno che sostenne un uomo onesto
quando ci si impiccò.
Ho conosciuto un vecchio
ricco, ma avaro: avaro a un punto tale
che guarda i soldi nello specchio
per veder raddoppiato il capitale.
Allora dice: -- Quelli li do via
perché ci faccio la beneficenza;
ma questi me li tengo per prudenza... --
E li ripone nella scrivania.
Lidia, che è nevrastenica,
quando litighiamo per un nonnulla
è capace di darsi i pugni in testa, apposta
perché lo sa che questo mi dispiace.
Io le dico: -- Stai buona, amore mio,
altrimenti ti fai male, cuore santo... --
Ma lei però fa peggio, fino a quando
non glie ne do qualcuno pure io.
C'è un'ape che si posa
su un bocciolo di rosa:
lo succhia e se ne va...
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa.
Un vecchio coltello
diceva alla Spada:
-- Ferisco e sbudello
la gente di strada,
e il sangue che verso
da quelle ferite
diventa un fattaccio,
diventa una lite...--
Rispose la Spada:
-- Io pure sbudello,
ma faccio queste cose
soltanto in duello,
e quando la lama
la usa il signore
la lite si chiama
partita d'onore!
Dio prese il fango dal pantano
modellò un pupazzo e gli soffiò sul viso.
Il pupazzo si mosse all'improvviso
e venne fuori subito l'uomo
che aprì gli occhi e si trovò nel mondo
come uno che si svegli da un gran sonno.
-- Quello che vedi è tuo -- gli disse Dio --
e lo potrai sfruttare come ti pare:
ti do tutta la Terra e tutto il Mare,
meno che il Cielo, perché quello è mio...
-- Peccato! -- disse Adamo -- È tanto bello...
Perché non mi regali anche quello?
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© Lorenzo Galassi 17 febbraio 2000