Anche quel giorno, dopo il saluto
iniziale, Clelia e Cesare presero a passeggiare lungo la strada
principale del paese. Il sole di maggio, quando sbucava dalle nuvole
basse che correvano in cielo, infuocava con i suoi caldi raggi tutta
la vallata circostante, facendo ribollire il paese.
I due imboccarono una stradina sterrata che portava verso
i campi più lontani. I filari di viti e di olivi camminavano
silenziosi al loro fianco, senza interruzione. Di tanto in tanto
spuntava qualche alto albero di ciliegio carico dei suoi frutti
succosi. E Cesare ne coglieva sempre qualcuno per Clelia.
I discorsi che lui fece lungo il cammino erano per lo più gli stessi:
"Aspetto con ansia il giorno in cui avremo eliminato tutti quegli
insetti che infestano il Paese da più di vent'anni..." "La
lotta partigiana come una pioggia benefica li spazzerà via per
sempre..."
La febbre che Clelia sentiva nello stargli vicina,
diventata altissima quando lui la sfiorava. A Cesare aveva regalato la
sua verginità e a lui avrebbe consegnato tutta la sua vita. Solo
quando il suo uomo, preso dal discutere certi argomenti a lui
particolarmente cari, bestemmiava e accendeva di furore i suoi occhi
scuri, lei provava un istintivo moto di repulsione.
Non avrebbe mai voluto vederlo e sentirlo esprimersi in quel modo. Ma
Cesare era come un fiammifero: si accendeva per un nonnulla.
Ora, mentre lei osservava il cielo imbronciato, desiderò
con tutta se stessa che lui la prendesse fra le sue braccia e la
baciasse. E al solo pensarci si sentiva sciogliere dentro.
Camminavano ormai da più di mezz'ora e gli unici rumori
che rompevano il silenzio di quei luoghi erano il fruscio del vento,
il volo delle rondini che festose si rincorrevano nel cielo, l'acqua
del piccolo fiume che seguiva il suo tortuoso e secolare cammino,
cantando una melodia sempre uguale.
Si sedettero all'ombra di una quercia che maestosa troneggiava sulla
destra della strada, celandosi agli sguardi dei passanti. Poi Clelia
si sdraiò sull'erba morbida e fresca e cominciò ad osservare
l'intreccio dei rami scuri che sopra di lei disegnavano forme strane
ed inquietanti.
Si sentiva felice come non mai: la guerra stava per finire e il
fascismo sarebbe morto per sempre. Avrebbe conosciuto un mondo nuovo e
libero, come mai aveva avuto modo di conoscere, perché lei era nata
poco prima del fascismo. E si aspettava grandi cose da quel futuro non
lontano che stava per dischiudersi sull'orizzonte della sua vita.
Aveva una gran voglia di cambiare stutus. Se avesse
potuto, sarebbe evasa da quella realtà di paese per andare a vivere
in città come una "vera signora".
Si abbandonò sull'erba gioiosa e felice, rincorrendo i
suoi sogni rosa di ragazza.
Cesare si sdraiò accanto a lei, abbandonando per un
attimo la sua espressione corrucciata.
"È una giornata davvero magnifica, non trovi?"
"È meravigliosa!" Aggiunse entusiasta Clelia.
Cesare si chinò su di lei e la baciò appassionatamente.
Lei assaporò l'alito del suo uomo che sapeva di tabacco e si abbandonò
al trasporto che i sensi sovraeccitati le regalavano, istante dopo
istante. In un tenero abbraccio si avvinghiò a lui e ne avvertì
l'intima eccitazione. Con le mani corse sulla schiena ricalcandone la
forma, mentre lui le faceva lievitare il desiderio con teneri morsi
sui lobi delle orecchie.
Molto tempo passò prima che i desideri e le avvolgenti
sensazioni dei due amanti svanissero. Al termine, lui si sedette
sull'erba e soddisfatto fissò il cielo pieno di nuvole basse e
minacciose, prima di chiudersi nei suoi pensieri.
Clelia, che si sentiva sempre molto fragile nei momenti
successivi all'amore, avrebbe voluto che lui le sussurrasse le parole
più belle e più dolci. Ma Cesare, svagato ed assente, si accese
meccanicamente una sigaretta e la aspirò con forza, indifferente a
tutto ciò che gli ruotava intorno. Il fumo corse via veloce sotto lo
spirare di un vento sempre più robusto. Le nuvole lasciarono cadere
le prime gocce di pioggia e loro non sembrarono interessarsene. Il
cielo invidioso allora scatenò la sua ira, rovesciando un mare di
pioggia sugli amanti. I due trovarono un precario rifugio a ridosso
del tronco della grande quercia. Clelia infreddolita si strinse a
Cesare per trovare calore e protezione. Lui l'abbracciò teneramente.
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