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Fiumedinisi
Si raggiunge:
Da Messina (38Km):
(0Km) A18 in direzione Catania fino all'uscita Roccalumera,
(30Km) SS114 in direzione Messina, passando per Roccalumera, e Nizza.
(33Km) SS114, al termine di Nizza di Sicilia bivio per Fiumedinisi.
Da Messina (30Km):
(0Km) SS114 in direzione Catania fino ad Alì Terme,
(25Km) SS114, all'ingresso di Nizza di Sicilia bivio per Fiumedinisi.
Da Catania (67Km):
(0Km) A18 in direzione Messina, uscita Roccalumera,
(59Km) SS114 in direzione Messina, passando per Roccalumera, e Nizza.
(62Km) SS114, al termine di Nizza di Sicilia bivio per Fiumedinisi.
Centro dei Peloritani sud orientali (190m s.l.m.), situato in un ansa del torrente Fiumedinisi. Esisteva già nel 600 a.C. con il nome ellenico di Nisa. Da antiche cronache si legge che a Nisa venne ad abitare C. Faone di Lesbo nel 595 a.C., amante della poetessa Saffo la quale qualche anno dopo si suicidò per il mancato ritorno di Faone.nel 426 a.C. Nisa fu teatro di una battaglia fra gli ateniesi che l'attaccarono e i nisiani che insieme ai siracusani li respinsero, pur con gravi perdite.
Durante i secoli subì come tutti i paesi della zona le varie dominazioni che si sono succedute sull'isola. Ebbe feudatari, dal 1320, Ruggero di Vallone, Giaimo di Villanova e i Colonna.
Le modeste risorse economiche locali hanno determinato un notevole calo della popolazione per emigrazione.
Il castello Belvedere di Fiumedinisi è nominato così per la sua invidiabile posizione dalla quale domina la riviera ionica da Capo Alì a Capo Sant'Alessio. Per raggiungerlo bisogna percorrere la strada rotabile Fiumedinisi-Acqua Rossa e poi proseguire per un sentiero collinare per un chilometro circa.
Il castello fu costruito dagli Arabi nel IX secolo come fortezza. Durante la successiva dominazione normanna fu ampliato e adibito a residenza del signore del luogo. Fu nei boschi attorno a Fiumedinisi che nel 1197 l'imperatore Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa, durante una battuta di caccia al falcone, fu colto da improvviso malore e morì all'età di appena 32 anni.
Il castello nel secolo XIV passò al capitano di ventura Giovanni Mangiavacca come ricompensa per alcune prestazioni e poi alla famiglia Romano Colonna che successivamente lo abbandonò perché distante dal centro abitato. Dell'antico castello rimangono solo i ruderi dei muri esterni con gli alti merli, qualche muro divisorio interno e le cisterne sottostanti. Nelle zone sottostanti al castello è stata localizzata in una zona archeologica l'antica colonia greca di Nisa.
Una leggenda vuole che nei sotterranei del castello si conservi un antico tesoro, così come riferisce pure una guida del 1902.
La chiesa madre custodisce due sculture cinquecentesche del fiorentino M. Montanini e del messinese R. Bonanno.
Ogni cinque anni Fiumedinisi dedica all'Annunciazione di Maria Vergine una festa tra le più spettacolari
della zona. Ai giorni nostri, per consentire un maggiore afflusso di pubblico, la festa si celebra in agosto e non il 25 marzo, giorno in cui cade tale
ricorrenza. La festa della Vara, risale al XVI secolo, ha caratteristiche tipiche delle feste del periodo barocco. In passato si realizzava con cadenza
annuale e iniziava nove venerdì prima della ricorrenza. Un tempo si solevano organizzare i venerdì in questo modo: il 1° il clero, il 2° il comune, il 3° le nobildonne, 1il 4° i nobili, il 5° gli artigiani, il 6° i proprietari terrieri, il 7° i contadini. Oggi a causa della scomparsa di alcuni ceti, questi sono sostituiti da nuove forze sociali, in più è stato aggiunto un 8° venerdì, dedicato agli emigranti.
In quei venerdì, due ore dopo il tramonto, parte la processione per le vie del paese con canti e musica bandistica e in testa il gonfalone della chiesa madre, durante la quale si raccolgono le offerte dei devoti per finanziare l'intera manifestazione. Nel pomeriggio della vigilia iniziano le funzioni religiose, con il pellegrinaggio dei devoti alla chiesetta di Sant'Anna che si trova fuori paese a metà strada tra Fiumedinisi e Nizza di Sicilia, al termine delle quali i partecipanti rientrano in paese in processione verso la chiesa di San Pietro, da dove al tramonto si sposteranno ancora in processione, camminando in ginocchio, lungo la via Umberto. Quindi i vespri solenni al termine dei quali viene distribuito del cotone benedetto e il bacio alla reliquia contenente il capello della Vergine Maria.
Si narra che i fiumedinisani abbiano avuto in dono il capello della Madonna per la loro fedeltà alla Spagna, durante il periodo di quella dominazione, dopo la rivolta messinese del 1674. La tradizione narra di un capello della Vergine Maria con cui la stessa avrebbe legato la lettera, consegnata agli ambasciatori messinesi, con la quale dava la sua protezione alla città. I fiumedinisani hanno sempre sostenuto che quel capello di Maria è quello custodito nel loro reliquario e di questo si fanno vanto.
Il giorno della festa della Vara al mattino si ha una processione per le vie del paese dei devoti portatori della Vara insieme ai tre bambini prescelti per impersonare durante la processione del pomeriggio il Padre Eterno, l'angelo Gabriele e Maria. Il ruolo di portatore della vara è ereditario, viene tramandato da padre in figlio o da parenti. La Vara è una enorme e pesante costruzione di 7 metri di altezza con due torrette poste su travi di legno lunghe circa 12 metri. È smontabile in varie parti per poterne permettere la conservazione e i pezzi sono ancora originali del XVI secolo.
La leggenda dice che per la costruzione della pesantissima Vara i ricchi offrirono il legno, che fu trasportato dai poveri giù dai monti a spalla, quindi i fabbri costruirono le sue parti in ferro, i muratori allargarono la strada per poter permettere il suo passaggio. E così poveri, fabbri e muratori si guadagnarono il diritto di un posto sotto e sopra la Vara.
Al pomeriggio del giorno della festa si prepara la vara e si addobba con nastri. I portatori, circa 150, sono vestiti di bianco, dall'abito ai guanti, alla fascia in vita. Sui laterali della Vara vengono posti dei seggiolini per fare sedere dei bambini vestiti da angioletti. Il bambino che rappresenta il Padre Eterno , con tunica rossa, copricapo triangolare e barba bianca si fa sedere in alto sulla Vara a cavallo di un mappamondo di legno. L'Angelo porta in testa una corona di fiori, veste un corpetto rosso con ali e un gonnellino celeste e va a posizionarsi ai piedi del Padreterno. Maria porta una corona sul capo, una lunga veste bianca e il Libro in mano, anch'ella vicino all'angelo Gabriele e al Padreterno. Sulla Vara prendono posto anche l'arciprete, l'arcivescovo, e tre mastri che dirigono la Vara.
Quando tutti hanno preso posto, tre colpi di martello sono il segnale della partenza e la vara viene portata a spalla alla volta della matrice, mentre la gente sventola fazzoletti al passaggio. Quindi altri tre colpi di martello e i portatori lasciano la Vara dinanzi alla scalinata della matrice e corrono fino all'altare maggiore per ringraziare la Madonna formando una grande M su tutto lo spazio delle tre navate della stessa chiesa. Tornano quindi alla Vara e saliti sopra rimangono lì fino all'inizio della Sacra rappresentazione, quando la Vara assume la funzione di palcoscenico sul fondale della stessa matrice. Durante la Sacra Rappresentazione si recitano le lodi e si canta in dialetto. Si ricorda l'annunciazione dell'angelo Gabriele a Maria. Dopo è la volta della processione per le vie del paese con la statua della Madonna e dell'angelo Gabriele.
Il campanile della chiesa di San Pietro fu edificato in principio come torre di avvistamento sulla roccia nel XII secolo con lo scopo difensivo. Ma nel 1710 con l'ampliamento della vicina chiesa di San Pietro venne annesso alla stessa come campanile. Nel corso dei secoli la costruzione originaria ha subito varie ristrutturazioni e modifiche, ma soprattutto nella parte inferiore conserva ancora lo stile arabo normanno.
Dato che nella zona di Fiumedinisi c'erano vene aurifere e d'argento, seppur modeste, nel 1669 fu costruito il palazzo della Zecca
collegato a quello di Messina. Al suo interno si svolgevano i processi di pulizia dell'oro dalle impurezze per poi essere portato a Messina dove venivano coniate le monete. Dopo la rivoluzione dei messinesi contro la Spagna tra il 1674 e il 1678, il viceré spagnolo tolse alla città di Messina il privilegio della zecca trasferendo tutta la struttura di conio a Fiumedinisi rimasta fedele alla Spagna. Tempi dopo anche Fiumedinisi perse questo privilegio perché la zecca fu definitivamente trasferita a Palermo.
Casalvecchio Siculo Forza d'Agrò
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