Nella primavera del 1655 si realizzò contro i Valdesi una delle più feroci repressioni della storia.
Voluta dalla corte sabauda dominata allora dai Gesuiti,
fu guidata dal Marchese di Pianezza al comando di circa 4000 uomini.
Il Pianezza impose alle comunità valdesi di
ospitare temporaneamente le truppe francesi che transitavano verso la pianura.
I Valdesi opposero qualche difficoltà, e questo fu lo spunto perché, tra il 24 e il 27 aprile, si consumasse un orrendo massacro.
L'incendio del tempio dei Coppieri
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Il conte von Dohna,
che ascoltò il racconto degli avvenimenti direttamente dalla bocca di
Gianavello,
scrive nelle sue
memorie:
«Per punire severamente i Valdesi furono inviate contro di loro delle truppe e, come si vide che essi si preparavano alla difesa, gli si accennò ad un accordo, dicendo però che dovevano sottomettersi al loro principe... Essi consentirono ad alloggiare 300 uomini in ognuna delle loro parrocchie, previa promessa che se avessero trattato bene questi soldati per un periodo di tre giorni, sarebbe stata loro concessa la grazia e accordato il libero esercizio della religione. Ma la parola data non fu mantenuta: il quarto giorno quelle truppe, che consistevano in sei reggimenti francesi, uno irlandese e alcuni piemontesi, cominciarono a gridare al rullo dei tamburi: “A ferro e a sangue”. E allora furono massacrati tutti quelli che si riuscì a sorprendere, senza distinzione di sesso o di età. Si commisero inaudite crudeltà, il cui solo racconto fa orrore.»
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