Gianavello ed i “Banditi”, non potendo affrontare il nemico in campo aperto,
adottarono, come già nel 1655, la tecnica della guerriglia.
Questa consiste nel colpire l’avversario con repentine incursioni, annientare reparti isolati, aggredire piazze fortificate,
disturbare le linee di rifornimento e saccheggiare i depositi.
Questa tecnica richiede due cose fondamentali:
La conoscenza dei luoghi:
Nato e vissuto alle Vigne,
Gianavello conosceva molto bene le caratteristiche di tutte le Valli, come testimoniano le sue Istruzioni:
«Per prima cosa organizzerete il vostro luogo di rifugio, che sarà per la valle di S.Martino la Balsiglia,
e per la valle di Luserna Balma d’Aout, la Sarsenà, la Guglia, e il vallone di Giaousarant, che è sempre stato il rifugio della nostra
gente fin dai tempi remoti. Lascerete sempre sentinelle nei luoghi necessari, per non lasciarvi sorprendere e tenere libero il passaggio da una valle all’altra.
Se, come penso, il nemico si accampa al Villar,
scoperchiate i tetti
e lasciate le ardesie sui muri;
il nemico non potrà accamparsi all’addiaccio...
Non lasciate ponti o passerelle sul fiume Pellice...»
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L’appoggio della popolazione:
i Banditi non avrebbero mai potuto resistere senza l’aiuto
della gente valdese, e dei Pastori. Ecco una testimonianza dell’epoca:
«Ho sentito il nostro pastore sig. Pastre molte volte alla predica dire che bisognava stare tutti come fratelli, sostenersi gli uni gli altri, sostenere particolarmente Giosué Gianavello con la sua squadra, come difensore di questa valle.»
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L'archibugio di Gianavello (Museo Valdese di Torre Pellice)
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