Benchè a volte sia stata sottolineata l'importanza della rimozione in alcuni processi patologici nell'ambito della percezione sensoriale, tuttavia quasi nessuno ha mai dichiarato che non esiste percezione senza rimozione. Siamo in grado di servirci della vista, dell'udito, dell'olfatto, del gusto e del tatto, unicamente perchè siamo capaci di rimuovere la quantità enorme di stimoli che agiscono su questi sensi a favore soltanto di una piccola percentuale determinata. Il processo della vista può servire da efficace esempio. Già lo strumento con cui vediamo, l'occhio, è conforme a questa necessità di rimozione. Già l'iride limita l'immagine (campo visivo).
Allo stesso modo la retina può essere considerata un organo di rimozione. Essenzialmente noi vediamo con la macula lutea, ma la distribuzione anatomica delle cellule visive e i mutamenti della porpora retinica, contenuta nella retina, provano che l'orizzonte visivo è molto più vasto di quello percepito dalla macula lutea. Le immagini che si formano al di fuori della macula lutea sono facilmente soggette a una rimozione più o meno completa.
La rimozione nel processo visivo risulta evidentissima se teniamo presente che all'immagine sulla retina se ne sovrappone incessantemente un'altra. Le cosiddette immagini residue sono ancora presenti sulla retina quando la nuova immagine sta già formandosi. In altre parole, perchè sia possibile una visione sufficientemente limpida, le immagini residue devono venir incessantemente rimosse. Si presenta, a questo punto, anche il problema inverso, cioè se l'uomo possa vedere anche senza occhi. È chiaro che il processo, apparentemente semplice, della vista è dunque complesso. Appare evidente che esistono per lo meno due modi di vedere. Di solito viene chiamato vedere il processo che muove dall'esterno verso l'interno. L'altro, dall'interno verso l'esterno, è proprio del sognatore, del visionario.Tale fenomeno è presente anche nel comune modo di vedere, cosicchè il processo visivo è una mescolanza di immagini interne ed esterne.
Si tratta ora di stabilire come la parte accessibile della natura venga limitata ancor più dalle particolarità umane della persona (tempo, costumi,ecc.). Non si può eliminare ciò che nelle cose viene modificato dalla percezione umana. L'immagine proveniente dall'esterno viene sempre falsata da una seconda immagine proveniente dall'interno. L'immagine reale che abbiamo è una mescolanza dell'immagine reale e di quella condizionata dalla nostra umanità. Di conseguenza non esiste una scienza obiettiva. In genere abbiamo la tendenza a considerare la visione delle immagini che sognamo come conseguenza di esperienze visive individuali, appartenenti al nostro passato. Allo stesso modo si possono interpretare le visioni e le allucinazioni come trasformazioni fantastiche di impressioni visive precedenti. Ma ci sono fatti molto importanti, per esempio il formarsi dei colori e delle immagini colorate a occhi chiusi e il simbolo, che solo a stento possono essere fatti rientrare in questa ipotesi.
Questi due fenomeni, e anche altri, inducono a credere che la vista non si sviluppi solo dopo la nascita, ma che noi vediamo già nel grembo materno, dunque che non si impari fondamentalmente a vedere quando l'occhio percepisce la luce o il mondo esterno, dopo la nascita, bensì che la nostra vista già esista e crei l'occhio. La vita quotidiana prova che ognuno ha in sè l'elemento simbolico come caratteristica umana essenziale. Per chi ha ricevuto un'educazione di tipo europeo il contatto con il simbolo non è facile. Nella coscienza europea il legame con il simbolo si è perduto in modo sbalorditivo. La nostra coscienza non si serve quasi più del simbolo, anzi, non è quasi più in grado di immaginarsi esattamente questo fenomeno umano primordiale. Qui, più che in ogni altro campo, si rivela in piena evidenza l'abisso che separa la vita moderna da ciò che è universalmente umano.