1.
Introduzione
Esiste ormai una cultura della diversità come patrimonio
comune acquisito. Il pluralismo oggi fa ormai parte della
nostra vita e del nostro modo comune di pensare.
Pluralismo
e relativismo ci lasciano abbastanza ‘freddi’ in epistemologia, nel
senso che quando si parla di conoscenza è ormai entrata l’idea che
si può avere una diversa concezione della verità, una diversa idea
di metodo, una visione della epistemologia che si collega anche alla
politica (l’anarchismo di Feyerabend),
siamo cioè pronti a riconoscerci il diritto ad avere una certa posizione.
Anche in antropologia queste idee sembrano ormai patrimonio di ogni
antropologo. Si riconosce la necessità di ammettere l’esistenza di
tradizioni culturali diverse
da quella occidentale per linguaggio, credenze e valori. Ma è esattamente
quando si va sul problema del valore, che ne va veramente di una concezione
della vita. Esso rappresenta i termini di una discussione ancora aperta:
il problema di essere oggi contemporanei, di che senso dare alla nostra
contemporaneità e alle differenze culturali. Tuttavia, come spesso
accade per tutto ciò che è acquisito da tempo, si è persa l’origine
del problema. È stato, infatti, un diverso modo d’intendere l’antropologia
da parte degli addetti ai lavori a dare inizio a quelle riflessioni
sul relativismo che hanno influito in seguito sulla filosofia della
scienza, determinando al suo interno profonde rivoluzioni, poi sfociate
nel campo del sociale.
Si
capovolge così un classico modo d’intendere l’antropologia: si assiste
al passaggio dall’epistemologia positivista -sul cui sfondo acquista
rilevanza l’antropologia come scienza-, al relativismo
filosofico, secondo il quale l’antropologia deve includere
lo studio anche di aspetti che non appartengono alla cultura occidentale,
ossia di tutte quelle manifestazioni di tradizioni aliene o temporalmente
distanti dalla nostra incluse sotto le voci di magia, mito o pensiero
prelogico. Grazie ai risultati dell’indagine
antropologica e linguistica viene messa in discussione
la possibilità di un confronto tra linguaggi, pratiche e pensieri
alternativi alla cultura occidentale. Tali considerazioni vengono
poi estese alla possibilità di un confronto tra visioni del mondo
estremamente diverse non solo per i significati dei termini impiegati,
ma soprattutto per i valori
in gioco.
Tuttavia,
poiché si continua ad assistere a continui tentativi di mediazione
teoretica fra fautori di un relativismo radicale e sostenitori di
una oggettività della conoscenza, nostro obiettivo è di delineare
le tappe di un tragitto che, partendo da una particolare idea di conoscenza,
giunge al valore. Se inquadriamo questo percorso sotto il concetto
di relativismo, si vede come sia l’epistemologia, sia l’antropologia,
sia il valore possano essere tutti raggruppati sotto quest’unica voce.
La questione del valore è qualcosa che ci tocca comunque, e trattarla
arrivandoci attraverso l’antropologia e la filosofia della scienza
dà un tono ancora razionalista
a quello che è il pluralismo.