L’osservazione
è sempre theory laden: non si può parlare di un modo neutrale di vedere
il mondo.
Winch,
confrontando attività e credenze
estranee alla nostra tradizione culturale, ritiene che
non sia ammissibile alcuna riducibilità logica né epistemologica di
universi di discorso differenti.
"La
realtà non è ciò che dà senso al linguaggio. Ciò che è reale e ciò
che è irreale si mostra nel senso che il linguaggio ha. Di
più, sia la distinzione tra reale e irreale, sia il concetto di accordo
con la realtà appartengono essi stessi al nostro linguaggio".
Di un controllo indipendente sul linguaggio e sul pensiero
si potrebbe parlare se si postulasse una separazione tra osservazione
e interpretazione del materiale oggetto di studio, tra realtà e pensiero,
ma è appunto questa separabilità che viene respinta sia da antropologi
come Sapir, che da filosofi della scienza come Th. Kuhn,
N.R. Hanson, e Feyerabend.
Sapir, riconoscendo l’importanza
che il linguaggio riveste per la comprensione delle diverse visioni
del mondo, dichiara che “l’impressione che molti hanno di poter pensare,
o addirittura ragionare, senza la lingua" è una ‘illusione’ dovuta
alla "mancanza di distinzione fra immagine e pensiero.
Kuhn, per parte sua, riguardo all’incommensurabilità,
ha sottolineato come i paradigmi sono incommensurabili quando esiste
una diversità di osservazioni, di concetti e di metodi
di ricerca e valutazione dei risultati. La scienza appare
così governata da impegni di natura
sociale: lo scienziato che lavora entro un paradigma
vede il mondo in conseguenza dei rompicapo che deve risolvere, la
sua conoscenza è filtrata e condizionata da questo obiettivo. Di conseguenza,
presupposti teorici diversi (diversi rompicapo da risolvere) faranno
interpretare diversamente i ‘fatti’ che si cerca di incasellare entro
una qualche teoria (paradigma, visione del mondo, programma di ricerca).
Ma dal momento che tali presupposti teorici sono relativi alla comunità
scientifica che li ha scelti e fatti propri, ogni conoscenza
sarà relativa alla formazione sociale in cui è stata prodotta.
Le
idee di Kuhn erano state in parte anticipate da quelle di Hanson.
Questi aveva mostrato che l’osservazione è sempre theory laden.
Non si può parlare di un modo neutrale di vedere il mondo, di un assorbimento
passivo delle impressioni e di una loro interpretazione solo in una
fase successiva. In questo modo Hanson rifiutava l’empirismo residuo
presente nella distinzione che Quine poneva tra enunciati osservativi
(che “emergono assoluti e liberi da ogni contaminazione residua”),
e ipotesi analitiche, manuali di traduzione necessari al linguista
quando decide di “catapultarsi nella lingua indigena”. Hanson
sosteneva che l’osservazione è un processo attivo, modellato dalle
proprie attese teoriche, dalla propria cultura e grammatica, come
in Sapir: l’atto della visione si costituisce su un ‘vedere che’,
che inserisce all’origine la dimensione linguistica e conoscitiva.
“Vedere non consiste solo nell’avere una esperienza visiva",
ma dipende da ciò che sappiamo del mondo e dalle parole che usiamo
per descriverlo.