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Antropologia e filosofia a confronto: il problema del relativismo
 

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  La stregoneria
 
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Quelle che all’interno di una concezione classica della razionalità erano ragioni assolutamente valide per l’accettabilità di un asserto, diventano nell’ambito dell'antropologia e sociologia condizioni locali di accettabilità razionale.

Secondo Bloor, sociologo della scienza, sono proprio le due credenze zande nell’uso dell’oracolo e nella generale innocenza del clan nel suo insieme, che determinano l’impotenza della logica. L’inferenza logica che porterebbe a credere che l’intero clan debba essere di stregoni può, infatti, venire neutralizzata operando alcune distinzioni. Per esempio, pur ammettendo che la sostanza della stregoneria è ereditaria, ciò non significa che tutti i membri di quel clan siano degli stregoni, ma tutt’al più potenziali stregoni. Che le cose stiano in questi termini è provato dal fatto che per gli Azande persone che in passato sono state accusate di stregoneria non saranno sempre trattate come stregoni.

Per uno zande, infatti, la sostanza della stregoneria è ‘fredda’ e, quindi, quando essa si ‘è raffreddata’ e non si manifesta, quella persona non è più uno stregone sotto tutti gli aspetti. La nostra logica perciò non minaccia il sistema di credenze zande, perché è sempre possibile escogitare un’altra logica in accordo con esso. Per comprendere meglio questo assunto Bloor propone un caso ipotetico: poniamo che un antropologo ‘alieno’ cerchi di trovare degli esempi per comprendere che cosa s’intende per ‘assassino’. Definito assassino “qualcuno che uccide deliberatamente qualcun altro”, il nostro antropologo potrebbe credere che esempi che rientrano in tale definizione siano i piloti di bombardieri, perché uccidono deliberatamente la gente, oppure gli automobilisti che causano incidenti mortali. Per noi questi non sono esempi validi: l’omicidio è un atto di volizione individuale, nel caso dei piloti è però un dovere socialmente legittimato dai governi, nel caso degli automobilisti, attingendo da una serie di concetti impiegati nella nostra cultura, distinguiamo invece tra incidente, omicidio colposo, caso, responsabilità, errore, intenzione.
A questo punto l’antropologo penserebbe che noi comprendiamo le sue obiezioni logiche ma che tentiamo di sfuggire ad esse attraverso un insieme di sottili distinzioni e ipotesi ad hoc, esattamente come fanno, secondo noi, gli Azande con il concetto di sostanza ‘fredda’ della stregoneria. L’antropologo concluderebbe che noi preferiamo muoverci in un groviglio di distinzioni metafisiche piuttosto che ammettere che, se accettassimo le nostre conclusioni logiche, dovrebbe crollare la norma della punizione, uno dei capisaldi delle nostre istituzioni. In realtà l’antropologo qui sbaglierebbe.

Tutto questo indica che gli Azande non pensano tanto diversamente da noi. Il loro rifiuto a trarre le conclusioni ‘logiche’ delle loro credenze è simile alla nostra riluttanza ad abbandonare le nostre convinzioni del senso comune o le nostre teorie scientifiche più utili. Dunque, si può anche ammettere che gli Azande abbiano una psicologia simile alla nostra, ma ciò che determina credenze differenti dalle nostre è determinato da istituzioni diverse.
Il cosiddetto ‘programma forte’ di sociologia della conoscenza, di cui Bloor è stato uno degli esponenti maggiori, si è dunque avvicinato alla posizione di quegli antropologi che rifiutano assunti epistemologici (in particolare nelle scienze sociali). Quelle che all’interno di una concezione classica della razionalità erano ragioni assolutamente valide per l’accettabilità di un asserto, diventano nell’ambito di questa antropologia e sociologia condizioni locali di accettabilità razionale.

nuvole

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"gli Azande hanno una psicologia simile alla nostra, ma ciò che determina credenze differenti dalle nostre è determinato da istituzioni diverse”

 

 

Copyright Tiziana Valtolina - 2002-2005.
Ultimo aggiornamento: 22-apr-05

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