LA VIE D'UN HONNETE HOMME

              

Produzione: Général Production e Simon Barstoff Films - Distribuzione: Hoche Distribution.
Sceneggiatura e dialoghi: Sacha Guitry.
Regia: Sacha Guitry.
Direttore produzione: Simon Barstoff.
Capo operatore: Jean Bachelet.
Scenografia: Aimé Baizin.
Suono: Tony Leenhardt - Montaggio: Raymond Lamy - Musiche: Louiguy; la Ballata in Si bemolle fu creata da Mouloudji, su una poesia di Sacha Guitry.

Interpreti:
Michel Simon, Marguerite Pierry, Lana Marconi, Pauline Carton, François Guérin, Laurence Badie, Claude Gensac, Louis De Funès, Léon Walther, Marthe Sarbel, Georges Bever, André Brunot, Marcel Pérès, Michel Nastorg, Marcel Mouloudji, Sacha Guitry (La Voce del Narratore).
Durata: 95 mn. Prima uscita: 18 febbraio 1953 ai cinema Marignan e Marivaux - Parigi
La storia:
Doppio ruolo su misura per un Michel Simon in piena forma. Due gemelli, uno industriale e l'altro vagabondo, si ritrovano dopo trent'anni. Il povero muore ed il ricco prende il suo posto. Scoprirà l'ipocrisia e l'avidità dei suoi cari in una commedia al vetriolo...

Estratti dai dialoghi del film.


Critiche di ieri e di oggi:
Questa volta, il prologo non è più divertito, documentario o rivelatore di struttura: dopo aver mostrato i tecnici al lavoro, Guitry, da solo, parla e interroga i suoi attori, ma essi non sono sulla stessa sua immagine. Scopriremo nel corso del film che l'autore ne ha utilizzato dei frammenti per simulare che gli attori abbiano recitato con lui. Non poteva essere altrimenti. La Vie d'un honnête homme è commentato dalla voce di Sacha Guitry. Il suo testo è quello di uno strano moralista pessimista che fa dell'entomologia distaccata partendo da soggetti che non lo riguardano. Eppure, li ha inventati. Implacabilemente. Per dare lustro, al di fuori della commedia, della caricatura o della parodia, lontano dalle utopie, dall'umanismo e dall'anarchia liberatoria, il suo sentimento d'orrore nei confronti della razza umana. Paradosso sorprendente questo racconto senza uscita e senza gioia che non parla che di solitudine, mentre ci presenta due fratelli gemelli. Il problema è che i due si odiano, uno con astuzia preservatrice della sua immagine sociale, l'altro con una filosofia che lo rendo troppo lucido per avere qualche speranza. E sarà invertendo quei doppi che Guitry scatenerà in maremoto tutto l'orrore del mondo, la sua bassezza e la sua imbecille cupidità.
Ha riunito l'insieme dei suoi dispositivi per essere il meno spettacolare possibile. Nessuna virtuosità affascinante o sorprendente. Quando i gemelli si trovano insieme, l'inquadratura permette di filmarne uno solo alla volta. Il montaggio basta per oliare le apparenze. Alcun effetto di distanziamento, a parte la voce del narratore. Qualche raro trucco per mostrare i desideri nascosti del gran borghese e una carica cattiva contro la televisione sono le ricreazioni furtive di questo dramma assoluto, privo del minimo appunto di compassione. La struttura essenziale di La Vie d'un honnête homme, è la sceneggiatura. L'immagine e la recitazione degli attori vi si sottomettono, poiché - ancora una volta - è una storia di messa in scena. Ed è più morbosa di quella (macabra) di La Poison (Ho ucciso mia moglie). E' una richiesta di verità alla quale le maschere sociali non resisteranno: Albert è un ricco industriale avaro, cupido ed egoista. E' sorpreso di vedere risorgere il suo gemello: Alain, che ritorna da un lungo viaggio. E' senza un soldo, sognatore, sfinito, encora un po' fiducioso negli uomini. Albert dà dei soldi al fratello, perché se ne vada, ma il giorno dopo, vuole rivederlo e va al suo albergo miserabile. Dove assiste alla morte d'Alain... Decide di prendere il suo posto, dopo aver redatto il suo testamento in suo favore. Organizza la messinscena... Scopre (verifica anche) la vera natura di sua moglie e dei suoi figli, è sorpreso di sapere che le quarantotto ore passate da Alain il quel quartiere gli hanno attirato ogni sorta di simpatia... Compreso l'affetto di una prostituta che gli darà dei soldi perché ha saputo raccontarle delle belle storie. Albert soffre per diverse ragioni: di essere stato quel "uomo onesto" odioso, di non aver mai potuto essere come suo fratello, anche se ne ha preso l'identità, e di vedere che la sua famiglia è più ignobile ancora di quanto non lo fosse lui stesso prima di questa esperienza. Disgustato da tutto (dunque, ripetiamolo: da tutti), al momento in cui il suo sotterfugio sta per essere scoperto, fugge e sparisce per sempre.
Guitry non risparmia nessuno qui, compreso sé stesso, il grande borghese che non vorrebbe essere che un artista dall'aristocrazia anarchica. Quei due gemelli gli assomigliano come fratelli sotto qualche aspetto. Sono i doppi che è riuscito a non essere: l'avventuriero vittima dei suoi sogni e l'uomo d'affari carnefice di sé stesso come degli altri. Osserva come morti diverse garantiscono la contaminazione dell'orrore in questa epoca: i poeti di buon umore come Alain non vi trovano più posto (il loro cuore cede e la loro missione di rendere gli altri migliori non è ripresa da alcun erede)e i mascalzoni come Albert, quando si rendono conto della dislocazione del loro universo, spariscono con il loro rimpianti e il loro dispiacere (rinunciano a cambiare l'ordine delle cose).
La somiglianza non permette più la confusione amorosa e la situazione del vaudeville. L'humor nero offusca le parti di speranza e le mostruosità da circo. Per Guitry, tutto è marcio. Le trappole si sono richiuse. Dopo le sue disavventure con la giustizia, la malattia gli ha aperto degli orizzonti crudeli. Non è più questione di essere cieco come sotto l'Occupazione (Donne-moi tes yeux), imbroglione simpatico come prima della seconda Guerra Mondiale ( Le Roman d'un tricheur, Erano nove celibi) oppure attaccato alle figure del padre (Pasteur, Le Comédien). Mette in mostra il suo pessimismo serio e raggiunge i propositi implacabili del suo amico d'un tempo, Octave Mirbeau, anch'egli testimone furioso della scomparsa di un mondo in cui la coscienza dettava i comportamenti.
La Vie d'un honnête homme non permette alcuna lettura umanista o cristiana, politica o psicologica. Esteticamente, possiede la stessa freddezza di un verbale amministrativo. Con la scusa d'una insolita storia di gemelli, e in un registro nero che, da Julien Duvivier a Henri Decoin, serviva come supporto ai numerosi fi1m sul sordido della IV Repubblica, quest'opera non offre alcun messaggio da seguire, alcuna posizione da difendere. E' l'aridità dei migliori romanzi di Simenon che fà capolino e sconvolge. Su questa strada, né Guitry né un altro potranno andare oltre. La Vie d'un honnête homme é un film definitivo. Dopo, bisogna fare altro. Guitry farà altro.
Noël Simsolo, Cahiers du Cinéma, 1988.


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