India: piccole nozioni su una grande nazione


«Non voglio che la mia casa sia costruita con le mura tutt'intorno e le mie finestre sprangate. Voglio che tutte le culture germoglino nella mia dimora il più liberamente possibile. Ma rifiuto di essere spodestato da chiunque».     «La resistenza passiva è un metodo per porteggere dei diritti con la sofferenza personale. E' il contrario della resistenza armata».
      «Quando educhi un uomo educhi una persona, ma quando educhi una donna educhi una famiglia».
«Non ho nulla di nuovo da insegnare al mondo. La verità e la non-violenza sono vecchie come le colline. Tutto quello che ho fatto è stato tentare esperimenti con entrambe su scala più grande che potevo».     «Dovrò impegnarmi per una Costituzione che rilibererà l'India da tutta la schiavitù e patronato e dalre, se ce ne sarà bisogno, il diritto di peccare».

Mahatma Gandhiji


Fatti i primi studi in India, Gandhi decise di partire per l'Inghilterra, dove avrebbe studiato giurisprudenza. Leggeva assiduamente libri della sua fede, ma anche la Bibbia, e sin dalla fanciullezza sapeva che c'erano moltissime credenze, e verso tutte si sentiva animato dallo spirito sincretico induistico, con il quale arrivò a considerare anche il giainismo e il buddhismo, ma ripugnava il cristianesimo per l'uso che faceva del cibo della carne.
Nel 1891 tornò in India in qualità di avvocato , e iniziò a svolgere la sua professione; le condizioni durissime in cui si trovavano gli Indiani nel Natal, Transvaal e nell'Orange, e le altrettanto difficili esperienze che fece lo colpirono profondamente, ma sempre rimanendendo dell'idea di non colpire il male con il male, da quel momento fece suo il compito di difendere i suoi connazionali. Divenne così capo della comunità indiana nell'Africa del Sud, dove rimase fino al 1914, cercando innanzitutto di attenuare gli urti che le caste stesse comportavano. In seguito rinunciò alla sua professione per avvicinarsi ancora di più ai suoi seguaci. Ma non girò mai le spalle all'Inghilterra, infatti si occupò sempre di dare un aiuto nelle opere di soccorso e ospedaliere durante le guerre britanniche. Gandhi fece tutto ciò anche pensando di smentire gli Inglesi che affermavano che gli Indiani non si occupavano della loro colonia, ma anche con la speranza di avere in cambio migliori condizioni nel suo paese. All'ennesima richiesta (e cioè quella di abolire la tassa di capitolazione) nel 1906 attuò il cosiddetto satyagraha. Con questo termine s'intende una resistenza passiva: la forza che si applica infatti non è mai fisica, ma è quella dell'ahimsa (amore). L'amore brucia se stesso, non gli altri, perciò il satyagrahi (colui che oppone resistenza) dovrà sopportare tutto senz'ira, senza reazione, ma anche senza obbedienza agli ordini dati con ira.
Una seconda occasione per il satyagraha si ebbe per la sentenza della Corte suprema del capo con la quale si imponeva il matrimonio cristiano: qualsiasi altro matrimonio non sarebbe stato ritenuto valido. Nel 1914, dopo molte difficoltà, la tassa di capitolazione venne abolita.
Allo scoppiare della guerra mondiale, Gandhi mostrò di nuovo la sua disponibilità nei confronti della Gran Bretagna, ma al finire della guerra stessa essa si mostrò molto più restrittiva. Dopo numerosi disordini con i musulmani, il 10 marzo 1922 venne arrestato e condannato a 6 anni, ma 2 anni dopo, il 4 febbraio 1924, venne graziato. In seguito, dopo altri scontri, 2 arresti e minacce di suicidio trionfò, ottenendo
l'abolizione dei collegi elettorali separati per gli «intoccabili»; 
l'elevazione dei loro seggi da 71 a 148 nelle legislature provinciali; 
il riconoscimento delle caste depresse nei pubblici esercizi.


Come il Mahatma Gandhi celebrò il giorno dell'Indipendenza

Dov'era Mahatma Gandhi nel giorno dell'Indipendenza dell'India? Ogni Occidentale direbbe spontaneamente: sicuramente l'uomo che aveva condotto il movimento indiano per la libertà e che era ancora il leader riconosciuto dell'India sarebbe stato all'avanguardia delle celebraioni nel giorno in cui la Gran Bretagna tolse il suo governo dall'India. Ma questo era proprio il posto dove lui non era; basta chiederlo a mezza dozzina di Indianu e loro lo sapranno. Tutti diranno che Gandhi c'era il 15 Agosto 1947, e potranno dirvi che era in posti differenti, ma tutti saranno d'accordo nel dire che non era a Delhi. Poche settimane prima questa data storica Gandhi aveva scelto di recarsi nel Bengala orientale. Ma perché aveva scelto il Bihar? E perché stava andando proprio lì? La risposta è che queste due erano aree che avevano sofferto particolarmente un conflitto civile nei mesi precendenti. Nel Bengala orientale i Musulmani superavano in numero gli Indù; così quando Lord Mountbatten decise di malavoglia che la separazione non era permessa, un nuovo stato, il Pakistan, doveva essere separato come gli stati nord-occidentali, e sarebbe dovuta diventare l'ala orientale del Pakistan separata dalla sua parte occidentale da un migliaio di miglia di India. Nel tardo 1946, nel distressto di Moakhali, nell'Est Bengala, i Musulmani attaccarono i loro vicini Indù e incendiariono le loro case- Gandhi vi si recò immediatamente e fece del suo meglio per riappacificare l due comunità. Provò specialmente a infondere coraggio nei cuori degli Indù cosicché tornassero nei loro villaggi, ma nel contempo nel Bihar una comunità di Musulmani era stata attaccata. Dopo aver passato settimane camminando a piedi da villaggio a villaggio nel distretto del Noakhali, Gandhi si recò nel Bihar e fece del suo meglio con i Musulmani. Quindi si recò a Calcutta presso un ashram di uno dei suoi amici lavorati, dove si sarebbe fermato per qualche notte. Dopo poche ore i programmi cambiarono perché gli fu implorato di portare la pace in quella città, e non avrebbe potuto continuare il suo itinerario. I Musulmani pensavano infatti che se ci sarebbe stata la pace nella grande città, ce ne sarebbe stata in tutto il Bengala, sia nell'Est che era ora parte del Pakistan, che nell'Ovest, parte dell'India. Ma Gandhi non se ne era convinto: egli aveva dato la solenna promessa di essere presente presso gli Indù dell'Est Bengala nel giorno della separazione. Non poteva tradire quella promessa senza avere la sicurezza piena che i capi musulmani di quella regione avrebbero protetto gli Indù. Gandhi sapeva, e i capi musulmani che ne era a conoscenza, i nomi degli uomini che potevano assicurarglielo. Il tempo era davero poco, così Gandhi sarebbe potuto rimanere a Calcutta.
Così il 13 Agosto incontrò Shaheed Suhrawardy, un leader musulmano di rilievo. Il risultato fu che si accorsero di quanta ragione egli avesse e il giorno successivo, dopo un'altro discorso, offrirono di riposizionare la polizia, e di supportarlo nei suoi sforzi per la pace finché sarebbe rimasto a Calcutta. Il giorno successivo si ripeterono gli stessi fatti del giorno prima: il progetto di Gandhi era stato di recarsi nei quartieri a prevalenza musulmana e convincere i Musulmani ad invitare i loro vicini Indù a ritornare, e fare altrettanto nella parte a prevalenza Indù. Ma il risultato fu, in entrambi i giorni di tentativi, una protesta a suon di pietre lanciate sulle finestre.
Nella serata alcuni si unirono alle consuete preghiere di Gandhi. Verso la fine delle preghiere alcuni ragazzi realizzarono che Suhrawardy non era lì e capirono che era nella casa dove c'erano state le trattative e le rivolte. Così andarono a urlare per il suo sangue. Tutti finirono di pregare, e Gandhi iniziò a scrivere, ma comunque il rumore fuori non finiva. A questo punto si affacciò alla finestra e cominciò a parlare a voce bassa ai giovani che erano fuori. Subito ci fu silenzio perché tutti volevano sentire cosa diceva Gandhi. Qualsiasi cosa loro pensassero del suo passato, ora Suhrawardy era d'accordo con lui negli sforzi per ristabilire la pace. Se loro accettavano Gandhi dovevano fare lo stesso col suo collega.
Gandhi aveva l'intenzione di passare la giornata successiva senza darsi all'allegria, e coloro che erano con lui in quel momento avrebbero partecipato con lui alla preghiera. In ogni momento decisivo della vita nazionale, la cosa più appropriata era rivolgersi a Dio per ringraziarlo di aver portato il paese così lontano sulla sua strada, e pregare per il coraggio e la saggezza di continuare nella fede della giustizia e della giusta azione. Festeggiare era anche appropriato, come ricordo che milioni di quasi affamati nei villaggi non avrebbero potuto celebrare mangiando di più in quel giorno per quanto lo potessero desiderare. «In quesato primo giorno della nostra libertà non possiamo dimenticare il povero e la fame», e poi aggiunse: «Tu sei mio ospite Se vuoi cibo domani, provvederò perché tu ne abbia».
Alle tre del mattino (anziché le 4, ora consueta) iniziarono le preghiere. Più tardi vennero alcune ragazze da una scuola cantando canzoni compose dal loro grande poeta , Rabindranath Tagore, per salutare il Mahatma. Si unirono nelle preghiere e ricevettero una benedizione dal Mahatma. Successivamente si presentarono altre ragazze. Poi tutti si dedicarono ai propri impegni come se fosse un giorno qualsiasi. Ma cosa stava succedendo in tutta la città? Alcuni givoani Indù stavano massacrando i Musulmani? O stavano tutti fraternizzando? Il miracolo era avvenuto: era come se dopo un anno di buio splendesse di nuovo il sole, e tutta la città di calcutta era intossicata... dalla gioia. Tutto il Bengala celebrò la pace, l'armonia regnava. Lord Mountbatten, che aveva partecipato alle celebrazioni a Delhi, quando sentì di questo parlò dell'effettiva «forza limite di un uomo», ma poi si corresse riconoscendo l'importanza del contributo di Suhrawardy, e la chiamò «forza limite di due uomini».

Brano tratto da un articolo di Horace Alexander



«La verità risiede in ogni cuore umano, va cercata lì e si deve esser guidati dalla verità come ognuno la considera. Ma nessuno ha il diritto di forzare gli altri ad agire secondo la sua visione della verità».

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