Per la scuola Vaisheshika la liberazione
si ottiene con la conoscenza della natura; in questa scuola
infatti viene analizzata con molta attenzione la natura, e nel
testo basilare, il Vaisheshika sùtra, ben 9/10 circa sono
occupati dalla sua analisi, e il restante è dedicato alle
indicazioni e all'etica. Per quel che riguarda l'attribuzione del
testo, e per la sua collocazione nel tempo, la questione è
ancora più dura che per gli altri testi delle altre 5 scuole:
innanzitutto l'autore potrebbe essere un certo Kanàda, ma pure
in questo caso si potrebbe trattare di un prestanome per teorie
già affinate; per la collocazione temporale ci sono molti pareri,
chi riferendosi alla Nyàya sùtra lo definisce appartente al IV
secolo a.C. (quindi anteriore), chi in riferimento al Mìmàmsà
sùtra lo collocano tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.,
definendo ad esso posteriore, chi ancora, e questa è la teoria
più certa, lo definisce anteriore al buddhismo, perché nelle
sua dottrina, che è altamente in contrasto con le scuole
brahmaniche, non vi sono citazioni. Per quel che si rileva dal
testo invece, si può affermare che questo filone si sviluppò
nell'epoca nella quale erano presenti solo le scuole del Mìmàmsà e del Sàmkhya.E
proprio ricollegandosi al Mìmàmsà, si nota che in entrambi si
ha l'affermazione dell'eternità del suono (proprio l'opposto di
quello che afferma il Nyàya), e poi
si ha una forte influenza delle Upanishad,
soprattutto della Chàndogya,
sebbene le Upanishad siano basilari in tutto il pensiero indiano.
Anche i commentari sono molto posteriori alla composizione del
testo, e anche piuttosto scarni, il che causa una ulteriore
difficoltà nella comprensione; successivamente altre tematiche
vennero aggiunte nel supplemento (Upaskàra), nel XVII secolo d.C.
Per avvicinarsi con maggiore precisione è forse migliore seguire
la strada che ci suggerisce il prof. Leonardo Vittorio Arena,
ovvero rifarsi al commentario di un tal Candrànanda, che per la
semplicità logica pare avvicinarsi maggiormente all'originale.
Gli interessi del Vaisheshika sùtra sono principalmente due: uno
conoscitivo e uno etico, come detto nell'introduzione; il primo
riguarda la realtà fisica. La natura può essere divisa secondo
3 realtà, definite col termine artha (che ha, per ognuno, un segno caratterizzante, detto lakshana). Con il successivo sviluppo della scuola si aggiunsero altre artha, ma i basilari sono appunto 3: dravya, guna e karma.
Il dravya è uina «sostanza», più facilmente definibile
secondo il significato sanscrito come realtà che sottende alla
realtà, un'essenza basilare. Queste sostanze sono 9:
terra; | spazio; |
acqua; |
tempo; |
aria; | mente (manas); |
fuoco; | sé (àtman). |
etere; |
Le prime 4 sono probabilmente di
derivazione upanishadica; ognuna è composta di atomi (anu, che
letteralmente significa «sottile»); il suono non consta di
atomi; il tempo e lo spazio consentono una collocazione temporale
e spaziale degli avvenimenti mondani; la mente è l'elemento
psichico interno che consente la conoscenza; il sé è
transpersonale, ed è colui che gode della conoscenza, che prova
piacere o dolore.
Il secondo artha è il guna, definibile come concetto di qualità,
ovvero quello che è contenuto nella sostanza. Le qualità sono
24, il cui elenco è un po' sparpagliato nell'opera, e ne vengono
considerari solo 17:
colore; gusto; odore; sensazione tattile riguardanti la terra, l'acqua, il fuoco e la terra; numeri e grandezze; specificità; congiunzione; disgiunzione; vicinanza; lontananza; per quel che riguarda tempo e spazio; desiderio; avversione; piacere; dolore; buddhi; tensione volitiva. |
Le 7 meno considerate sono
invece: pesantezza; liquidità; viscosità; merito; demerito; riguardanti l'etica; impressione karmica; suono o parola.
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