Il termine Induismo è stato creato dagli
studiosi europei per classificare la distinzione fra vedismo e brahamanesimo, ma
per alcuni la differenziazione fra queste due discipline religiose e l'induismo
è praticamente impossibile; nel linguaggio comune con questa parola si indica
l'ultima fase del lungo percorso di questa religione. Con questa parola gli
europei intendevano racchiudere il «risultato non dello sviluppo spirituale di
un popolo, ma di una poderosa mescolanza di razze; sistema religios-sociale
indiano, autoctono, costituitosi dal brahamanesimo con progressive accetazioni
di elementi originali non brahamanici e già sin dalla controriforma buddhista,
vi aderisce la maggioranza della popolazione dell'India moderna. Esso abbraccia
tutti i riti, gli usi religiosi, le concezioni, tradizioni e mitologie che hanno
ricevuto la loro sanzione direttamente o indirettamente attraverso le sacre
scritture e le prescrizioni dei Brahmani.»; ancora, H. von Stietecon afferma che
«con induismo si intende non una religione, ma un collettivo di religioni,
collegate fra loro da un comune spazio geografico con la sua storia e dalle
condizioni socio-economiche e realzioni culturali sviluppatesi in esso». Lo
sfondo comune che consente questa unità nelle differenze è la religione vedica e
il sanscrito un patrimonio di credenze e liturgie proprie degli Arii, quella
popolazione che si stanziò in India nel II millennio a.C.
La parola «hindu», con la quale si definscono gli adepti di tale
religione, deriva dal persiano, e fu usata inizialmente dai musulmani penetrati
nel subcontinente per indicarne gli abitanti, riferendosi in particolare a
coloro che abitavano nella regione dell'Indo, e solo successivamente si rivelò
una connotazione religiosa per indicare coloro che non si erano convertiti
all'islamismo, mentre per quel che riguarda gli Europei, è dal XVI sec. che
usano questo termine, dal quale è derivato presto "induismo".
La più antica
forma religiosa indiana è senza dubbio un politeismo di tipo naturalistico, che
col tempo viene a modificarsi in enoteismo, ed acquisiscono molto valore i
sacrifici; è anche per questa caratteristica che questo culto si potrebbe dire
"ricettivo", perché facilmente ingloba nuovi elementi senza scomporsi: si passa
dall'animismo alle speculazioni filosofiche più profonde, e in questa stessa
ottica va letto il passaggio dal Vedismo al Brahmanesimo. Fra le figure di rilievo, si distingue il brahmino, il
sacerdote, e massimo eminente della classe castale, che ha fra i suoi compiti
quello di istruire gli uomini e dare loro la via per la salute suprema.
Nel
Rig-Veda viene a formarsi quello che si definisce panteismo: dal grande quesito
su come è stato creato l'universo, chi sia stato a farlo ecc. si arriva
all'abbraccio di tutto il creato atto a specchiare nel microcosmo il macrocosmo.
Questo politeismo nacque al di fuori della casta sacerdotale, ma ben presto
venne da essa assimilato. Il fine dell'uomo è quindi quello di raggiungere il
Brahaman-Atman (anima universale), e il mondo gli si prostra pieno di dolori: è
proprio da qui che nascono 6 scuole ortodosse e 10 eterodosse (queste ultime per
opera del filosofo Madhavacarya nel suo compendio di tutti is sistemi
filosofici).
Il Brahmanesimo, che è incluso insieme al Visnuismo e al
Shivaismo nell'Induismo (anche se il Brahmanesimo è nato prima dell'Induismo),
si può dire l'unica religione dell'India, che risorse col tempo, e tuttora
impera in quella forma che gli Europei chiamano «Induismo». In questa dottrina
si ha la concezione di una divinità tre volte creatrice (Trimurti, «di tre
corpi»): Brahama, Visnu, Siva . Le tre divinità ebbero però come maggior ponente
Brahma, che era il divino in senso più pieno e puro; successivamente Brahma finì
per identificarsi in uno o nell'altro dei due membri della triade, diventando
così una diade, tanto che poi si ebbe una visione unitaria con l'unificazione
ulteriore di Visnu con le due divinità che si erano fuse in precedenza: si
arrivo quindi a chiamarli Hari-Hara: come è facile notare, alla fine si ebbe una
tendenza monoteistica.
Questi i caratteri salienti dell'induismo: si ha una
radicale modifica del pantheon mitologico del brahmanesimo, c'è un nuovo
indirizzo dell'esperienza mitologica e una grande varietà di sette. Oltre alle
sette si crearono poi culti locali: in India c'è sempre stata, e c'è finora, una
grande libertà di culto. Lo spirito e la materia sono distinti perché il primo è
eterno, mentre la seconda è mutevole: così l'anima è costretta a trasmigrare in
continuo finché si sia purificata, e ciò può avvenire in due modi: con una vita
ascetica e contemplativa o uniformandosi a un rigido ideale etico: solo così
personificata può darsi al dio Visnu per l'eternità. Dalla Bhgavadgita
conosciamo la divinità Visnu-Krsna, ovvero la personificazione umana in Krsna di
Visnu che si presenta, e poi si rivela, alla fine del canto incluso nel
Mahabharata: già il suo duplice nome, Visnu-Krsna, mostra che questa divinità ha
prima una derivazione popolare più che brahmanico. Ma sempre questa divinità ci
dà l'esempio di quante suddivisioni esistano nell'induismo: tantissime sette di
ognuno dei tre dei della triade. Poichè si era giunti ad un numero vastissimo,
si provvedette nel XI sec. con unriordino, e la creazione quindi di 4 scuole.
Così Visnu si occupa del governo delle anime e della materia e predispone quali
si salveranno, quali dovranno trasmigrare, quali saranno dannate. Ve n'è
un'altra delle numerose del visnuismo che è rappresentata da coloro i quali
adorano Rama, grande personaggio indiano di cui si parla nel Ramayana. Rama era
l'incarnazione del dio Visnu.
La preghiera, i digiuni, i riti trasforameno
decisamente l'esistenza individuale; la preghiera mentale e vocale è basata
sulla ripetizione di formule dette mantra ripetute su "rosari" o cantate in
forma litanica. Il culto provato, che si svolge principalmente al tramonto (samdhyà, congiunzione fra giorno e notte),
comprende oltre all'abluione del corpo una serie di preghiere, tra le quali la
più famosa è la gàyàtrì, invocazione al dio savitar.
Il Sivaismo è
un'altra delle suddivisioni induistiche: si definisce come culto più
arisotcratico, in quanto maggiormente praticato dai brahmini, tanto che si
definisce quasi «religione professionale dei brahmani e degli uomini di
lettere». In questa dottrina l'anima e la materia sono separate da Dio, come un
animale legato da lacci (la materia) che gli impedisce di raggiungere il suo
padrone (il Dio). Secondo alcuni l'uomo è destinato alla sua fortuna spirituale
, per altri ne è l'autore. Anche nello sivaismo hanno molto peso le pratiche
ascetiche. Come ben noto, nell'induismo hanno particolare rilievo anche le
figure divine femminili: nel sivaismo si adora la sakti (forza) di Shiva, che
però era venerato anche come figura femminile, concependola cioè come moglie
della divinità, e in seguito si arrivò ad adorare Siva solo come figura
femminile: proprio per questo nacquero i Tantra, testi canonici che celebravano
la sakti creandola, mantenendola e distruggendola. Presto ne derivò anche un
significato erotico-sessuale: in teoria deve accompagnarsi alla purezza di
spirito, alla soppressione del desiderio, a un distacco assoluto da ogni cosa
materiale, ma nelle pratica le deviazioni orgiastiche furono inevitabili.
Attualemente gli Induisti sono la terza comunità religiosa mondiale,
dopo i cristiani e gli islamici, rappresentando il 13% circa della popolzaione;
la quasi totalità degli Induisti (99%) vive nell'Asia meridionale,
particolarmente in India. A seguito di emigrazioni, si è diffuso anche in Asia,
ha dato luogo a forme significative di sincretismo a ,
con presenze anche in Cina, mentre in Europa è conosciuto più per la diffusione
di movimenti, come Hare-Krishna, meditazione trascendetale ecc.
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inoltre in questa sezione:
irituali nell'età vedica divinità, un quadro generale Shrimad Bhagavatam, alcuni versi meditazioni nel pensiero indiano
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